Valerio Eletti - Manuale di editoria multimediale
Appendice 2: Print on demand di Maria Chiara Mommo

La razionalizzazione produttiva

Alla base del print on demand, ci sono due nuove tecnologie: la stampa digitale, che permette di razionalizzare la fase produttiva; e Internet, che consente di riorganizzare la distribuzione diminuendone i costi.

Il maggior vantaggio apportato dall’uso delle stampanti digitali consiste nell’eliminazione completa della fase di pre-stampa2 con una conseguente velocizzazione del ciclo produttivo e una drastica diminuzione dei costi. I file di dati vengono inviati direttamente in produzione ed è inoltre possibile attuare delle modifiche all’ultimo minuto o controllarne le prove di stampa, anche interrompendo temporaneamente la tiratura di un altro lavoro.

Il prodotto finale è di buona qualità: i dati digitali mantengono la propria totale integrità nel passaggio dal computer ai sistemi di stampa, tanto da raggiungere risultati qualitativamente molto buoni sia nel caso di copie a colori, sia in bianco e nero.

Il print on demand trae la sua forza anche da Internet. I file possono viaggiare lungo la rete fino ad arrivare allo stampatore digitale più vicino al lettore o alla libreria che richiede il titolo.

In questo modo sarebbero drasticamente ridimensionati i problemi e i costi legati all’attuale distribuzione fisica, la gestione delle rese3 e si risolverebbero i problemi causati dalle migliaia di copie invendute, frequente risultato di un’errata valutazione delle tirature o delle strategie promozionali.

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Le applicazioni potenziali del print on demand

Oggi gli editori sono costretti a lavorare tollerando altissimi livelli di rischio economico: come decidere l’entità della tiratura? Come valutare la possibile reazione dei lettori nei confronti di un nuovo titolo o di un nuovo autore? Valutazioni sbagliate portano all’aumento indiscriminato dei costi, di produzione prima e di gestione poi, costi che possono incidere pesantemente sui bilanci di una casa editrice e quindi sulla sua sopravvivenza nel tempo.

Attualmente gli editori devono produrre migliaia di copie per ammortizzare il costo degli impianti di pre-stampa. Sono così penalizzati gli operatori minori che, rivolgendosi a un mercato locale che può assorbire solo un numero limitato di copie, si trovano a dover affrontare con pochi mezzi i costi di distribuzione, delle rese e del magazzino, dovuti ai libri invenduti. Il print on demand, dando la possibilità di attuare delle «microtirature», potrebbe pertanto introdurre la pratica, economicamente conveniente, di una stampa su misura del prenotato: pubblicare solo un numero di copie pari a quelle richieste. Limitando così i rischi economici che oggi condizionano il mercato, l’editore potrebbe tornare a scommettere e rischiare sul valore e sulla qualità di un nuovo autore o manoscritto, senza combattere le insidie dei costi di produzione, di distribuzione, rese e magazzino. Il PonD è particolarmente adatto per la pubblicazione di opere specialistiche, di norma a bassa tiratura, quali i titoli accademici e specialistici, come vedremo meglio nel prossimo paragrafo.

Va puntualizzato che gli editori non sono le sole figure coinvolte nel processo di cambiamento innescato dall’adozione delle nuove tecnologie. È opportuno quindi valutare quali possano essere i risvolti causati dall’adozione del print on demand per altre categorie quali gli autori, i librai, i lettori e le biblioteche.

Il print on demand potrebbe aprire nuove strade anche agli autori: abbattuti i costi, le case editrici potrebbero valutare la qualità delle nuove proposte a prescindere dalle prospettive di vendita. Anche l’autopubblicazione potrebbe essere (nel bene e nel male) una nuova opportunità per l’autore4. Società come Xlibris5, infatti, utilizzano le tecnologie digitali, stampano e rilegano i lavori di autori che si rivolgono a mercati estremamente marginali e che, per questo motivo, non troverebbero spazio fra le collane di una casa editrice tradizionale.

Grazie a una diffusione delle tecniche di print on demand, inoltre, i librai potrebbero limitare drasticamente il problema dell’assortimento dei titoli e del «fuori catalogo», di quei titoli cioè che non garantiscono alti livelli di vendita e che la casa editrice non ha convenienza a ristampare. Quante volte è capitato, entrando in libreria, di non trovare più un titolo recente ma forse poco commerciale? Quante volte abbiamo richiesto, senza successo, titoli fuori catalogo? L’editore in effetti deve fare i conti con i risultati di vendita che spesso, quando non sono positivi, determinano la fine della distribuzione di libri che escono così dai cataloghi, scomparendo dagli scaffali delle librerie.

I lettori potrebbero trarre vantaggio dal fatto che le librerie dispongano di macchine per eseguire la stampa su richiesta di determinati titoli (anche se, in questo caso, dovrebbe esistere a monte la volontà di tutti gli operatori della filiera distributiva dell’editoria per la creazione di un ricco catalogo comune e standardizzato di opere digitalizzate, pronte per essere stampate a richiesta). In questo caso, il cliente della libreria potrebbe accedere al database, richiedere il titolo che non è disponibile in libreria e averlo stampato e rilegato, nel giro di pochi minuti, dallo stampatore digitale più vicino che ha ricevuto il libro sotto forma di file. Si potrebbe ipotizzare anche la creazione di consorzi di librerie che acquistano e utilizzano in comune le stampanti digitali dividendo così i costi di acquisto e manutenzione delle macchine, oggi ancora alti.

Con il print on demand, inoltre, si aprirebbe per i lettori una nuova e preziosa opportunità: consultare, o magari acquistare, le copie dei rarissimi testi originali custoditi nelle biblioteche, ma oggi inaccessibili. Grazie agli scanner ottici è infatti possibile digitalizzare i manoscritti più antichi, che potrebbero quindi essere stampati e commercializzati in base alle richieste dei lettori. Nuove opportunità, così, anche per le biblioteche pubbliche, che potrebbero valutare la possibilità di vendere le copie stampate dei loro tesori e garantirsi utili entrate economiche grazie a testi oggi neppure consultabili.

Il settore commerciale è l’unico ad aver già adottato, con successo, la stampa digitale per la produzione di materiale pubblicitario, grazie soprattutto alla possibilità di personalizzare ogni copia (pensiamo per esempio alle buste che ci arrivano nella cassetta della posta, a casa, con una lettera d’accompagnamento che riporta il nostro nome). Molte sono le iniziative di marketing o comunicazione pubblicitaria che fanno della comunicazione one-to-one e della personalizzazione del rapporto con i clienti un aspetto decisivo della strategia adottata; e molte sono già da anni le stampanti sul mercato che supportano tale funzione. I prodotti commerciali stampati in digitale sono moltissimi: da brochure, cataloghi e direct mailing fino a striscioni pubblicitari ed etichette autoadesive. La versatilità dei materiali supportati dalle stampanti digitali è una caratteristica fondamentale per gli operatori commerciali che possono realizzare prodotti originali per creatività e supporti. La possibilità di stampare un elevato numero di copie per minuto e avere il prodotto richiesto pronto per essere trasportato e commercializzato in breve tempo, rende la stampa digitale funzionale nei processi di ottimizzazione di tempi di produzione e qualità dei prodotti.

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L’utilizzo del PonD nell’editoria accademica

La stampa digitale a richiesta può portare a razionalizzare ogni fase del lavoro editoriale anche in ambito accademico, come già avviene in alcuni stati del Nord America.

Nel marzo 2000 la sottocommissione delle biblioteche della Stanford University presentò al senato accademico un documento – Crisis in Scholarly Publishing6 sulla crisi dell’editoria universitaria. L’analisi evidenziò alcuni problemi di fondo: i costi delle pubblicazioni accademiche, ad esempio, avevano subito negli anni un rapido aumento, tanto da diventare una voce di spesa proibitiva per il bilancio di alcune biblioteche universitarie. Ne conseguì la scelta di ridurre il numero di titoli con conseguenti limitazioni gravi per docenti e studenti. Di conseguenza il PonD trovò una situazione favorevole al suo sviluppo.

In Italia le pubblicazioni accademiche seguono iter di produzione e distribuzione molto simile al cammino affrontato dai testi di varia. Essendo infatti limitatissima la presenza di centri editoriali universitari (university press), gli studiosi che devono pubblicare i propri lavori si trovano ad affrontare lo scetticismo e la ritrosia degli editori tradizionali. I limiti di questa realtà sono analizzati approfonditamente da Roberto Di Quirico7, che sottolinea come le caratteristiche delle pubblicazioni universitarie rendano molto difficile la produzione da parte di case editrici tradizionali. Qualora si decida comunque per la pubblicazione, a volte viene chiesto all’autore di rinunciare ai propri diritti.

Oggi però l’editoria elettronica può dare vita a scenari ben diversi: vediamo perché.

La limitatezza del mercato – ridotto al pubblico degli studiosi, delle biblioteche universitarie e talvolta degli istituti di ricerca internazionali – e la sua conseguente «dispersione territoriale» (data anche dalla sovranazionalità della scienza e dei risultati delle ricerche) sono caratteri che potrebbero decretare il successo del print on demand nell’ambito delle pubblicazioni accademiche.

Anche la produzione del materiale di supporto alla didattica potrebbe diventare, grazie alla stampa digitale a richiesta, un’importante attività dei centri stampa che operano all’interno dell’università. In questo modo i docenti potrebbero affidare i loro materiali digitalizzati alle strutture universitarie che provvederebbero a stampare e rilegare le dispense per gli studenti, garantendo l’alta qualità della realizzazione, in bianco e nero o a colori, e il pagamento dei diritti all’autore (così come avviene già in diverse università d’oltre oceano). Soluzione intermedia tra il libro tradizionale e le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, il prodotto della stampa digitale a richiesta anche in questo caso può considerarsi come una soluzione per gli editori (che risparmiano così sui costi di produzione e distribuzione), per gli studenti (che hanno un accesso più facile ed economico ai materiali) e per i docenti.

In conclusione possiamo affermare che la stampa digitale a richiesta potrebbe configurarsi a breve, anche in Italia e in particolare nell’ambiente accademico, come una fra le possibilità proposte a coronamento del ciclo produttivo e distributivo delle pubblicazioni, insieme con il libro di carta, l’e-book o la fruizione del testo dallo schermo di un Pc: tutte alternative a disposizione dei lettori, che potrebbero così scegliere di volta in volta a seconda delle esigenze personali del momento.

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In appendice e a complemento del corpo del manuale, presentiamo una raccolta di saggi e contributi specialistici dedicati ad alcuni aspetti sia tecnici che teorici dell’editoria multimediale, aspetti che non potevano trovare spazio – per la loro specificità – tra gli argomenti di base della prima e della seconda parte del libro.

I temi proposti in questa «terza parte» del manuale vengono dati in forma digitale per poter essere facilmente e velocemente aggiornati, visti gli argomenti trattati, che sono gli stessi dei seminari – scelti fra quelli più preziosi e interessanti – tenuti negli ultimi anni a completamento delle lezioni di Editoria multimediale all’università, sia nei corsi di laurea che nei master e nei corsi speciali. Gli autori dei saggi sono o sono stati collaboratori dell’autore, o esperti che hanno portato ai corsi il proprio contributo sugli argomenti che affrontano per iscritto nelle pagine che seguono.

Come si può facilmente capire dai titoli, i saggi di approfondimento sono suddivisi in diverse aree di interesse.

Agli aspetti tecnici della produzione multimediale sono dedicati gli approfondimenti sul software di sviluppo (App. 7), la produzione industriale dei CdRom (App. 8), la usability (App. 4) e il diritto d’autore per le opere digitali (App. 5).

Sul fronte opposto, puramente teorico, si colloca invece l’interessante riflessione sulle conseguenze dell’introduzione della dimensione tempo nella pagina scritta (App. 1).

L’analisi degli sviluppi in corso o a breve-medio termine è affidata ai saggi su print on demand (App. 2), e-book (App. 3) e sul mercato dell’editoria ipermediale (App. 6).

Naturalmente, per loro stessa natura, questi saggi non richiedono una lettura sequenziale, ma possono essere utilizzati come luoghi di approfondimento degli argomenti trattati nel corpo del manuale (nel corso del quale vengono esplicitamente richiamati) oppure possono essere selezionati secondo i propri specifici interessi. Esattamente come avviene per i seminari in un qualunque corso universitario.

La superficie degli ipertesti è da qualche anno percorsa da immagini, parole, forme in movimento. La quarta dimensione della rappresentazione, il tempo, entra a far parte della pagina web. L’affermazione di nuovi software di editing quali Macromedia Flash e Director2 ha reso, oltretutto, più semplice e frequente l’introduzione di elementi animati.

Il layout dell’ipertesto cessa d’ispirarsi solo alla metafora della «messa in pagina», ereditata dalla stampa cartacea, per assomigliare sempre più a una «messa in scena» audiovisiva, «teatrale», il prodotto di una programmazione «registica» degli eventi multimediali.

Il testo scritto e l’immagine continuano, comunque, a essere i principali strumenti espressivi presenti nell’ipertesto e sono, quindi, proprio queste due tecniche discorsive ad andare incontro alle più considerevoli rivoluzioni estetiche e funzionali.

La fruizione su schermo subisce di conseguenza importanti alterazioni, poiché si modifica lo stesso modo di concepire la lettura.

È necessario dunque fare il punto della situazione tentando una descrizione della nuova configurazione assunta dall’espressione su schermo, e osservare più in generale che ripercussioni abbia l’introduzione del tempo nella comunicazione digitale.

Una riflessione del genere è necessaria per capire se l’introduzione del movimento rappresenti effettivamente una svolta fruttuosa nelle tecnologie espressive e comprendere, quindi, se stiamo assistendo alla nascita di un nuovo linguaggio.

L’esigenza di descrivere la nuova realtà della grafica ipertestuale giustifica di per sé questo tentativo di porre un ordine nella babele di opinioni riguardanti l’uso dei programmi per l’animazione multimediale, attraverso un punto di vista alternativo, nato dalla miscela di molteplici approcci3 e focalizzato essenzialmente sul rapporto tra l’estetica e la funzione del testo, tra sensibile e intelligibile.

Le linee guida di questo cambiamento si snodano, a nostro avviso, su due versanti principali:

– lo statuto della scrittura e dell’immagine si modifica, così come varia il rapporto instauratosi tra le due forme testuali nei mezzi di comunicazione precedenti;

– l’espressione ipertestuale stessa subisce delle importanti modifiche sul piano espressivo e concettuale.

Per affrontare con cognizione di causa un argomento così nuovo, vediamo prima una breve storia della scrittura e dell’immagine, mettendo in luce le peculiarità di ciascun formato, le trasformazioni che hanno subito nei mezzi del passato, per mostrare infine come le innovazioni che le contrassegnano siano frutto di un curioso equilibrio tra tradizioni e novità, tra passato e futuro.

Allargando lo sguardo dalle componenti minime della schermata all’ipertesto nella sua interezza, studieremo le funzioni del movimento rispetto alle strategie di comunicazione dei suoi artefici, osservando come questo contribuisca alla manifestazione della struttura concettuale del testo e come agevoli l’orientamento del suo fruitore.

Dal tempo allo spazio. La scrittura e l’immagine

Estetica della scrittura e dell’immagine in movimento

La funzionalità del movimento nelle pagine web

Il nuovo tempo dell’ipertesto

Il print on demand, o stampa digitale a richiesta (spesso riportato con lo pseudoacronimo PonD), è una tecnica di produzione e distribuzione libraria che consente la digitalizzazione e la stampa di un testo dove necessario, nell’esatta quantità, e nella qualità richiesta: ciò rappresenta una vera e propria rivoluzione rispetto alle tecniche tradizionali.

La razionalizzazione produttiva

Le applicazioni potenziali del print on demand

L’utilizzo del PonD nell’editoria accademica

L’espressione «libro elettronico» (o il più diffuso anglismo «e-book») ad oggi non ha ancora assunto un significato univoco. In alcuni casi l’accento è posto sul contenuto in forma digitale2, in altri sulla possibile sperimentazione di nuove forme di testualità, grazie alle peculiari caratteristiche di multimedialità3 e di interattività4 associabili ai testi in formato elettronico; talvolta si sottolinea l’importanza del web come canale privilegiato di distribuzione, talvolta invece l’idea di e-book sembra presupporre la disponibilità del testo anche in forma cartacea5. Nel documento A framework for the Epublishing Ecology, redatto dall’Open eBook Forum, si afferma che il libro elettronico è «un’opera letteraria sotto forma di oggetto digitale, costituito da uno o più identificatori dello standard utilizzato, i relativi metadati e un corpo monografico di contenuti, da pubblicare e da fruire con dispositivi elettronici»6. Tale definizione sottolinea così l’importanza di un’organizzazione monografica del testo e della presenza di metadati descrittivi7.

L’evidente difficoltà che emerge quando si cerca di esplicitare il significato dell’espressione «libro elettronico» è segno della novità del fenomeno, fenomeno che sfugge a griglie logiche e strumenti concettuali tradizionali. Fino a tutto il 1998, in Italia l’espressione «e-book» non era di uso frequente, in quanto l’editoria elettronica veniva identificata tout court con l’editoria off line e i CdRom. Le cose iniziano a cambiare solo a partire dal 2000, quando gli operatori del settore si trovano a riabilitare formule di produzione e di distribuzione dei contenuti precedentemente scartate per la mancanza di alcuni presupposti tecnologici necessari alla loro implementazione e di un potenziale di utenti Internet sufficientemente ampio8.

La novità dell’e-book è testimoniata anche dalle oscillazioni ortografiche nell’articolazione del suffisso «e» con il sostantivo «book»: a volte si legge e-book, altre ebook, oppure eBook, o ancora Ebook; in questo contesto scegliamo di adottare la variante «e-book» e lo intendiamo come «un’opera letteraria monografica pubblicata in forma digitale e consultabile mediante appositi dispositivi informatici»9. Le espressioni e-publication (pubblicazione elettronica) ed e-text (testo elettronico) si usano invece rispettivamente con riferimento a opere di qualsiasi genere pubblicate in versione digitale e alle prime forme di testi di pubblico dominio, in formato Ascii10 o Html11, memorizzate e contenute all’interno di biblioteche e archivi on-line12, consultabili da qualsiasi utente attraverso un normale programma di browsing.

In realtà, come abbiamo sottolineato in apertura, l’utilizzo della parola e-book, nella vasta pubblicistica a esso dedicata, si allarga spesso fino a identificare il libro elettronico con il supporto hardware che veicola il testo (l’e-book reader device), o con il dispositivo di lettura software che consente l’accesso e la visualizzazione dell’opera in formato elettronico (l’e-book reader). Altre volte ancora invece il termine è stato utilizzato con riferimento al contenuto che viene conservato nella memoria del lettore hardware e visualizzato sul suo schermo grazie a un apposito software, oppure per indicare una pubblicazione su supporto digitale di qualsiasi genere e in qualunque formato, inclusi i normali file Word, Html, Ascii, Pdf.

D’altra parte questa polivalenza semantica caratterizza anche il termine «libro», che nel linguaggio comune può essere impiegato sia per indicare il contenuto, sia per indicare l’oggetto fisico che lo veicola. La medesima ambiguità si riscontra d’altra parte anche nell’uso del termine «testo». Ma, quale che sia la causa di questa indeterminazione del linguaggio (dovuta forse al fatto che da svariati secoli, nella cultura occidentale, il contatto con un testo avviene sempre tramite il supporto materiale mediante cui vi accediamo e sul quale viene visualizzato), riteniamo opportuno far notare che forse il contenuto e il dispositivo che lo veicola, pur avendo due significati distinti, non sono così indipendenti come potrebbe sembrare a una prima considerazione. Spesso il testo è strettamente legato alle caratteristiche fisiche del supporto su cui verrà rappresentato visivamente e alle sue procedure di produzione materiale.

Perché si possa parlare propriamente di e-book, bisogna associare il contenuto digitale alla dimensione pragmatica dell’interfaccia e della modalità di lettura13. I dispositivi hardware per la visualizzazione dei testi dovrebbero essere il più possibile simili al libro a stampa per peso, dimensioni, portabilità, maneggevolezza, praticità, facilità d’uso e qualità visiva dello schermo.

Tenendo conto di questa premessa, possiamo complessivamente definire l’e-book come «un testo elettronico unitario, ragionevolmente esteso e compiuto (monografia), opportunamente codificato e accompagnato da meta-informazioni descrittive, accessibile mediante appositi dispositivi hardware e software che consentano un’esperienza di lettura comoda e agevole e diano accesso a tutte le capacità di organizzazione testuale proprie della cultura del libro». Al tempo stesso, l’e-book andrebbe a integrare tali proprietà con quelle offerte dalla versione digitale di un testo, in termini di eventuale14 arricchimento del contenuto con elementi multimediali e ipertestuali, di possibilità di reperimento nonché di aggiornamento on line qualora sia necessario, di ricerca rapida, e così via. Per questo motivo sono da escludere dalla categoria degli e-book sia i testi elettronici che possono essere letti solo sul computer da scrivania, interfaccia di lettura scomoda e poco ergonomica, sia quelli destinati alla stampa su carta, come nel print on demand. In quest’ultimo caso, infatti, i testi elettronici fungono da supporto di trasferimento dell’informazione, ma l’interfaccia di lettura dell’utente finale è pur sempre il libro a stampa15.

La nascita dell’«e-book» e lo sviluppo dei dispositivi di lettura

I formati di codifica: alla ricerca di uno standard

L’Open eBook Forum: il formato Oeb

Pdf: il Portable Document Format di Adobe

«E-paper» ed «e-ink»: il futuro?

Cosa vuol dire creare un prodotto usabile? Vuol dire creare un prodotto il cui utilizzo risulti efficace, soddisfacente e piacevole per l’utente.

Per creare un prodotto con queste caratteristiche si dovrà tenere conto delle specificità degli utenti che andranno a utilizzarlo, dei loro bisogni, capacità, desideri e del contesto d’uso. Si dovranno cioè prevedere e svolgere una serie di attività durante il ciclo di progettazione e implementazione di un titolo di editoria multimediale che coinvolgano in ogni fase l’utente: dal concept del prodotto fino alla validazione dell’interfaccia e dell’architettura informativa.

Ciò permetterà di costruire un’esperienza di fruizione positiva e soddisfacente; fattore chiave per il successo di un titolo ipermediale.

Un prodotto che permette all’utente di soddisfare i propri bisogni e i propri desideri senza stress aumenta la soddisfazione, la qualità percepita dall’utilizzatore e la fiducia nel brand, dato che diminuisce il tempo di apprendimento, di esecuzione delle attività e di richiesta di assistenza; un prodotto percepito come affidabile e di qualità aumenterà la propria credibilità e le proprie vendite, diminuendo conseguentemente i costi di assistenza post-vendita. L’attenzione all’usabilità non è dunque un costo per un editore ma un investimento.

1. Cos’è l’usabilità

2. I tre settori dell’usabilità

3. Principi del buon design10

4. I cinque aspetti della «usability»11

5. I principi di usabilità12

6. Il processo «user centered»

7. Valutazione di usabilità: metodi sperimentali e metriche14

 

Introduzione: un po’ di storia

Diritto d’autore e copyright: dall’editoria su carta a quella multimediale

Il diritto morale

I diritti connessi

Le libere utilizzazioni

Termini di protezione del diritto d’autore

La legge di riconoscimento del software e delle banche dati

La cosiddetta «opera multimediale» e i suoi diritti di sfruttamento

Opera multimediale in quanto tale

Opera multimediale quale opera collettiva

Opera multimediale quale «composizione»

Opera multimediale quale «opera derivata»

Il contratto: rimedio a una lacuna normativa

La sempre maggiore concentrazione delle ricerche, e degli istituti internazionali che le promuovono2, sul mercato dell’e-learning e dell’on line rende difficile reperire dati aggiornati sul mercato dell’editoria elettronica off line.

Tale mercato è ormai assestato e stabile e a partire dal 2000 non ha presentato grandi variazioni, sia in Italia che all’estero. Per un’analisi del mercato italiano dell’editoria multimediale ci siamo quindi riferiti ai dati ufficiali del 2002 (che facevano riferimento agli anni precedenti), tenendo conto dei piccoli aggiustamenti che si possono dedurre da ricerche di mercato private o comunque parziali e non ufficiali, in un ambiente che è entrato in una fase di decisa stabilizzazione.

L’Anee e il suo Osservatorio

Il mercato dell’editoria digitale professionale

Il mercato «consumer»

I canali distributivi

I principali editori

I generi editoriali

Gli strumenti di sviluppo per l’editoria elettronica rappresentano un settore molto ampio e in rapida evoluzione, che vede affermarsi in modo continuo paradigmi dominanti capaci spesso di resistere a una concorrenza nuova e agguerrita, salvo poi essere sostituiti.

Dovendo fare una disamina degli strumenti che hanno consentito di realizzare nel tempo i primi CdRom, i primi Wbt, e ora moderni corsi multimediali sia off che on line, è doveroso fare una prima macro divisione tra gli strumenti atti alla realizzazione dell’intero prodotto e quelli per la gestione di media specifici.

1. Software per la gestione del prodotto multimediale

2. Software per il trattamento di media specifici

Parlando di CdRom ci si scontra, innanzitutto, con un’anomalia linguistica. Nell’uso quotidiano, infatti, con lo stesso termine si è soliti indicare tre diversi oggetti: il lettore CdRom, ovvero il dispositivo hardware che permette di leggere il supporto; il supporto stesso, un disco del diametro di circa 12 cm, fatto di alluminio e materiale plastico, con una superficie decorata nei modi più diversi; infine il contenuto di quel supporto, ovvero l’insieme di dati e informazioni in esso memorizzati.

In questo manuale si è centrata l’attenzione sul CdRom inteso come contenuto: combinazione di materiali ipertestuali (dati in formato audio, video e testo) che vanno a creare le applicazioni multimediali, i cosiddetti «prodotti» dell’editoria elettronica. Anche in questa sede ci occuperemo quindi dell’hardware (il lettore) e del supporto (il disco fisico) solo in maniera incidentale, per il rapporto funzionale che necessariamente ha con il contenuto.

Ciò non significa che il «CdRom-supporto» non sia importante: esso ha avuto un ruolo decisivo nello sviluppo delle applicazioni informatiche, sia sul fronte della memorizzazione e scambio dei dati (affermandosi come efficace standard contro la molteplicità dei supporti esistenti), sia come fattore determinante nella diffusione del multimedia presso il grande pubblico. In particolare, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del 2000, il CdRom si è rivelato un contenitore ottimale per i prodotti multimediali, che avevano bisogno di molto spazio per proporre dati in diversi formati: la sua disponibilità è stata determinante nella creazione e nello sviluppo di un mercato del multimedia off line.

Proprio per questo, se è vero che non è il supporto che qualifica il contenuto2, nello stesso tempo è importante capire – almeno per grandi linee – come nasce e si sviluppa tutto ciò che ruota intorno al supporto, dalla produzione industriale del Cd al packaging.

Senza tralasciare di dare uno sguardo anche al Dvd, nuovo standard di memorizzazione, sempre più diffuso per il playback video e non solo.

1. Le fasi della produzione industriale

2. Il «packaging»

3. Il Dvd