Valerio Eletti - Manuale di editoria multimediale
Appendice 7: Software per lo sviluppo di titoli multimediali: nozioni di base di Mirko Calvaresi

1. Software per la gestione del prodotto multimediale

Appartengono a questa categoria i cosiddetti multimedia authoring tool che hanno sostituito ormai da tempo i linguaggi di programmazione tradizionali (C, C++, Visual Basic, Java) nella realizzazione di prodotti multimediali.

I linguaggi di programmazione tradizionali, infatti, sebbene molto potenti, dimostrano una scarsa flessibilità nel trattamento dei vari media digitali e richiedono comunque un tempo di sviluppo più lungo, così come un debugging più complesso, rendendo nella maggior parte dei casi il processo produttivo più farraginoso, e più difficile l’adattamento del prodotto finale su piattaforme e sistemi operativi diversi.

I software per la realizzazione di un CdRom, invece, sono ambienti che comprendono molte funzionalità per la gestione di formati digitali diversi, per creare interazioni, riprodurre il flow chart del prodotto, ecc., attraverso la mediazione della propria interfaccia. Caratteristica generale è quella di prevedere anche la possibilità di programmazione di logiche più complesse di quelle offerte di default attraverso il supporto di linguaggi di programmazione proprietari che, solitamente, consentono ampie possibilità di espansione e di adattamento del prodotto a pressoché tutte le esigenze.

L’affermazione di un pacchetto rispetto a un altro si basa essenzialmente sulla intuitività dell’interfaccia, sul supporto che offre ai media specifici o ai formati digitali proprietari, sulle potenzialità del linguaggio, sulla documentazione di corredo. Conta, inoltre, la disponibilità di una comunità di sviluppatori capaci di uno scambio di know how, come la messa a disposizione – da parte della stessa casa produttrice – di risorse didattiche, tutorial, spazi di discussione, oltre che seminari di aggiornamento riguardo il software, feedback su dubbi e suggerimenti, e la certificazione dei saperi.

La straordinaria affermazione di Macromedia si deve anche a una lungimirante politica di marketing relazionale condotta verso l’universo degli sviluppatori2, che ha consentito un veloce ed efficace processo di condivisione di conoscenze.

Storicamente, i due maggiori software per la realizzazione di prodotti multimediali sono stati «Macromedia Director» e «Asimmetrix Toolbok» (attualmente distribuito dalla Click2Learn3). Vediamoli un po’ più in dettaglio.

1.1. Toolbook

Toolbook è un software particolarmente indicativo dello sviluppo della struttura di navigazione dei CdRom: esso infatti utilizza la metafora del libro (book), la stessa che ha informato l’interfaccia dei primi prodotti ipermediali all’inizio degli anni Novanta.

Un libro Toolbook è diviso in pagine sulle quali sono collocati vari oggetti (bottoni, immagini, campi di testo) che possiedono alcune proprietà che definiscono il loro aspetto e il loro comportamento. Il funzionamento di un’applicazione Toolbook è determinato dalle azioni dell’utente (eventi): quando si verifica un evento (quale il clic del mouse o la pressione di un tasto) viene inviato un messaggio all’oggetto destinatario; qualora questo abbia informazioni specifiche in risposta allo specifico evento, le esegue, altrimenti segue una specifica gerarchia di eventi impostati.

Le istruzioni interne vengono fornite attraverso un linguaggio di programmazione denominato «OpenScript», flessibile e molto facile da apprendere, anche se il programma offre una serie di strumenti che generano il codice necessario all’evento in modo autonomo.

Nell’attuale versione, Toolbook ha accentuato la connotazione di software dedicato all’e-learning, in particolare alla realizzazione di corsi on line, poiché consente di convertire l’applicazione creata in tecnologia Dhtml (Html, Javascript, Applett Java).

1.2. Director

Il tool che però ha sicuramente segnato lo sviluppo off line è Macromedia Director. Giunto ormai alla sua nona release, questo prodotto è lo standard di riferimento professionale per lo sviluppo di CdRom multimediali.

Alla sua affermazione hanno contribuito in modo determinante la metafora principale dell’interfaccia, basata sui concetti di timeline e di stage.

Il primo, in particolare, attribuisce a Director la connotazione di software time driven, ovvero gestisce le interazioni e le sezioni presenti all’interno del flow chart del prodotto multimediale come eventi disposti lungo una linea temporale. Tutti gli oggetti sono contenuti all’interno di fotogrammi (frame): il file prodotto (non a caso denominato movie) è un filmato la cui testina si avvolge e riavvolge in entrambi i sensi di questa linea temporale.

Lo stage è l’area visibile del filmato, ove sono rappresentati gli sprite, elementi di libreria riutilizzabili per tutto il movie.

La libreria è l’espressione dei concetti portanti del quadro d’insieme (il framework) di Macromedia: riusabilità e modularità. Essa raccoglie, infatti, tutti gli elementi che compongono il filmato, siano essi immagini, video, suoni, ma anche comportamenti e azioni. Gli elementi vengono trascinati dalla libreria allo stage ogni volta che ce ne sia bisogno, con la possibilità di modificarne in vario modo le proprietà.

Director è ovviamente dotato di un linguaggio proprietario di scripting: Lingo. Si tratta di un linguaggio dotato di una serie impressionante di funzioni specifiche per il trattamento di tutti gli aspetti del prodotto multimediale: riprodurre modelli fisici complessi, realizzare in modo semplice interazioni avanzate per il programmatore, impostare le proprietà di riproduzione dei contenuti audio/video, gestire la memoria della piattaforma.

1.3. Flash

È indubbio però che il software che ha portato Macromedia, la società di San Francisco nata nel 1992, a diventare in pochi anni leader indiscusso nella fornitura di software per lo sviluppo web/multimediale è il notissimo «Macromedia Flash». Nato inizialmente (nel 1997) come prodotto per la creazione di animazioni vettoriali destinate al web, è divenuto ormai uno standard imprescindibile non solo per l’on line, ma in larga parte anche per l’off line. L’enorme diffusione di Flash è certo dovuta ad alcune caratteristiche che condivide appieno con Director (tra cui l’impostazione time driven), ma il suo vero valore aggiunto si può individuare nell’enorme compressione dei filmati4. Ciò consente, con pochi KiloByte, di raggiungere un livello di dinamicità e possibilità di modulazione grafica ignote ai tradizionali strumenti Html/Dhtml. Oramai Flash viene utilizzato per un ventaglio di applicazioni molto ampie che vanno dalla costituzione dei banner, sino ai giochi on line, passando ovviamente per la progettazione e realizzazione di interi siti o CdRom.

Anche nella realizzazione di prodotti off line, molte delle animazioni e sezioni interattive vengono realizzate in Flash, attraverso il supporto del proprio linguaggio di scripting, Actionscript, strutturalmente molto simile al linguaggio proprio del web, il Javascript5.

Il successo di Flash come sistema autore per l’on line è dovuto poi anche alla larga dotazione del plug in necessario alla riproduzione dei filmati Flash: il «Flash player». Il player è infatti pre-installato nella maggior parte dei computer, in quanto è incluso, tra gli altri, in tutte le copie di Windows 98, Windows ME, Netscape Navigator, sistemi operativi Apple Macintosh, America Online, WebTV e Real Player; viene inoltre distribuito attraverso un gran numero di partner chiave, come Microsoft, Netscape e Aol.

La caratteristica principale di Flash è la sua flessibilità: dotato di una serie di strumenti specifici sia per il disegno che per la programmazione, coinvolge un largo spettro di professionalità, dal disegnatore all’animatore, passando per il programmatore tradizionale; è anzi il caso di ricordare che lo stesso Flash ha contribuito addirittura a creare alcune figure specifiche che vengono raccolte sotto la categoria comune di Flash designer (nel gergo degli sviluppatori italiani: i flashisti).

La sesta release (quella più attuale al momento della stesura di questo testo) del programma e del relativo player rappresenta un punto di svolta nella storia del software poiché introduce delle sostanziali modifiche e delle innovazioni che prefigurano nuove ambizioni e direttive di sviluppo. Due quelle di particolare rilievo: la programmazione «lato server» e l’integrazione per il supporto dei filmati audio/video.

Macromedia ha rilasciato, infatti, sia «Flash Communication Server», che viene utilizzato per la creazione di sessioni di streaming audio-video o interazioni complesse come giochi multiutente, sia «Flash remoting» per l’accesso diretto alle sorgenti dati. Quest’operazione lascia intravedere la volontà di espandere l’utilizzo del file Flash, considerato fino ad ora un’applicazione prevalentemente client (scaricata ed eseguita in locale dal browser), verso la comunicazione client/server. In altre parole, l’intento è quello di consentire a siti realizzati in interfaccia Flash di accedere in tempo reale a dati, inglobare chat, e così via, rendendo agevole e veloce ciò che adesso richiede la combinazione di tecnologie diverse (da una parte quelle d’accesso ai dati, dall’altra quelle di streaming video), con un appeal grafico molto maggiore.

Questa implementazione è dovuta anche all’integrazione di funzioni avanzate di gestione del video, che consentono di produrre filmati con altissimo grado di compressione. Il potenziamento delle caratteristiche di programmazione di Flash rende conto dell’enorme strada fatta da questo software rispetto agli esordi.

Vale la pena segnalare come ormai Flash sia distribuito anche sui dispositivi mobili (computer palmari, cellulari d’ultima generazione), puntando a supportare in futuro molte delle nuove periferiche minori. Infine, a testimoniare l’universalità raggiunta, notiamo come siano state introdotte in questo software funzioni per supporto di utenti disabili con handicap visivi, anche se la completa accessibilità del contenuto rimane in questi casi ancora un obiettivo da raggiungere.

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2. Software per il trattamento di media specifici

Oltre che di tool per l’assemblaggio dell’intero prodotto, la produzione di un titolo multimediale si avvale comunque anche del rilevante apporto di software per il trattamento di media specifici (grafica, video, audio). Il «trattamento dei formati» è una fase propedeutica alla loro organizzazione all’interno di un software come Director, e richiede una cura e un’attenzione specifiche.

Ognuno dei settori di seguito elencati coinvolge almeno una figura professionale; nel caso del trattamento dell’audio e del video digitali, poi, tali e tanti sono gli scenari e le varianti possibili, che possono essere considerati a pieno diritto degli universi a sé stanti.

Cercheremo di dare un panoramica dei maggiori software in commercio e delle tecniche principali, tenendo conto comunque del fatto che la lavorazione del CdRom di solito utilizza solo una parte di tutto il know how circa il trattamento dei formati digitali, in genere quella relativa all’ottimizzazione e alla compatibilità.

2.1. Grafica bitmap e grafica vettoriale

I contributi grafici sono fondamentali per ogni prodotto multimediale: ne determinano l’aspetto e la connotazione, gli conferiscono dinamismo, in ultima istanza lo identificano. La forma grafica più ricorrente è l’immagine grafica, sia statica che in movimento. Per rappresentare un’immagine si ricorre a diverse tecniche, che danno origine a due tipologie di grafica: quella vettoriale e quella «bitmap»6.

La grafica vettoriale crea le immagini manipolando linee e curve: più precisamente, i dati dell’immagine vengono tradotti in formule matematiche che contengono tutte le istruzioni necessarie per tracciarla; ad esempio, per un segmento vengono memorizzate solo le coordinate del punto iniziale e di quello finale, per un cerchio solo le coordinate del centro e la lunghezza del raggio, mentre la colorazione avviene attraverso la saturazione cromatica delle linee e delle aree chiuse. Ciò comporta un’alta precisione per i disegni dettagliati e una dimensione compatta dei file prodotti.

La grafica bitmap (a matrice di bit) crea invece le immagini usando punti colorati chiamati pixel, per cui la composizione avviene come in un mosaico, e la memorizzazione attraverso una sorta di database basato su pixel e colori.

Gli ambiti di utilizzo delle due tecniche di rappresentazione sono facilmente immaginabili. Qualora si tratti di rappresentare una fotografia, sarebbe troppo oneroso e antieconomico rappresentarla attraverso la riproduzione di un modello matematico: si ricorre quindi necessariamente al formato bitmap. Per la rappresentazione di forme geometriche o in movimento l’alternativa vettoriale è invece quasi sempre preferibile. La grafica vettoriale è utilizzata poi in particolare per la modellazione tridimensionale degli oggetti (3D), dato che permette di creare con relativa facilità le strutture tridimensionali di base (i cosiddetti wireframe, o strutture a filo di ferro), su cui applicare le coperture (texture) in formato bitmap.

Il software maggiormente utilizzato per la grafica bitmap è sicuramente «Adobe Photoshop», giunto alla sua settima release al momento della redazione di questo testo. Photoshop viene considerato il maggior software di fotoritocco, dato che dispone di un’ampia libreria di funzioni per il trattamento dell’immagine, oltre che di innumerevoli filtri ed effetti. Maggiormente orientato al web (in particolare per la sua forte interoperabilità con un diffuso pacchetto per la creazione di siti web, «Macromedia Dreaweaver») è «Macromedia Fireworks» che, oltre a fornire le funzioni di trattamento dell’immagine, consente di esportare porzioni di codice Html per la realizzazione di immagini mappate, bottoni, effetti destinati alle pagine web.

Sul fronte della grafica vettoriale bidimensionale ricordiamo due software molto simili: «Adobe Illustrator» e «Macromedia Freehand», oltre al già citato Macromedia Flash.

Maggiormente complesso e variegato è il mondo della grafica tridimensionale. Un software «storico» per la modellazione 3D è «3D Studio Max», capace non solo di riprodurre modelli tridimensionali complessi, ma anche di creare animazioni. Di più recente introduzione è «Maya», utilizzato per riprodurre anche oggetti fisici complessi come i capelli.

2.2. Editing video

In commercio esistono decine di programmi dedicati all’editing video, da quelli shareware e freeware fino ai prodotti più sofisticati, sviluppati da case di fama internazionale, come Avid, Destreet e Adobe. Semplificando, si può affermare però che sono due i prodotti che di fatto dominano il mercato: «Adobe Premiere» in primis, e quindi «Ulead MediaStudio Pro», meno diffuso ma altrettanto valido.

Il primo è di fatto lo standard mondiale per l’editing video semi-professionale, grazie anche alla forza commerciale di Adobe, che è riuscita a distribuire la versione LE (priva di alcune funzioni) in bundle con numerosissime schede di acquisizione video. Premiere è caratterizzato da un’interfaccia molto ben fatta, da una grande varietà di effetti e filtri e da discrete funzioni di animazione. La versione LE è più che sufficiente per un’utenza domestica, mentre i professionisti e i montatori più esigenti possono optare per la versione completa, per via di alcune caratteristiche molto importanti, come il controllo seriale dei videoregistratori, o la possibilità di gestire e memorizzare le funzioni di editing.

Ulead MediaStudio Pro prospetta un utilizzo apparentemente meno professionale, specialmente per quanto concerne la strutturazione dell’interfaccia, ma, unendo cinque pacchetti differenti, mette a disposizione degli utenti evoluti un vero e proprio studio di post-produzione video caratterizzato da potenti funzioni di cattura, editing (sia audio che video), titolazione e output nei formati più diffusi.

Ovviamente i prodotti in commercio per esigenze specifiche sono moltissimi. Ne elenchiamo di seguito solo qualcuno, come semplice esempio: «After Effects», «Xing Mpeg Encoder», «Commotion».

2.3. Editing audio

Come l’editing video, anche l’editing audio è un universo in continua evoluzione e aggiornamento tecnologico. Generalmente, caratteristica comune per i programmi di audio editing è quella di fornire un buona libreria di suoni di partenza e molte funzioni per la manipolazione e il mixing dei vari suoni; e, giacché sono quasi tutti rivolti a professionisti del suono o a musicisti, semplicità di utilizzo e intuitività ne rappresentano una indispensabile premessa per l’affermazione.

Uno dei software audio più diffusi al mondo è «Logic Audio», rivolto a un’utenza di stampo professionale. È in grado di integrare registrazione audio digitale, editing, sequencing e notazione professionale in un unico programma con ampia libreria e possibilità di personalizzazione; una sua particolarità molto significativa è il cosiddetto «Environment», un ambiente a oggetti che comprende le raffigurazioni degli I/O (input/output) fisici del software e una gran quantità di tool per modificare i dati in tempo reale.

Programma analogo e particolarmente orientato alla piattaforma Windows è «Cakewalk»7, particolarmente interessante per la presenza di molte risorse aggiuntive al programma disponibili su Internet, basate su tecnologia Microsoft (DirectX).

Altro software di larga diffusione è «Cubase», distribuito dalla Steinberg, largamente utilizzato anche nella produzione di musica digitale, capace di simulare un intero studio di registrazione, con funzioni avanzate di simulazione degli strumenti elettronici prescelti.

Ancora un software utilizzato generalmente per l’acquisizione di audio da sorgente fisica, ma con grandi capacità di manipolazione e ottimizzazione della traccia sonora, è «Sound Forge», che supporta, tra l’altro, qualsiasi tipo di audio.

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In appendice e a complemento del corpo del manuale, presentiamo una raccolta di saggi e contributi specialistici dedicati ad alcuni aspetti sia tecnici che teorici dell’editoria multimediale, aspetti che non potevano trovare spazio – per la loro specificità – tra gli argomenti di base della prima e della seconda parte del libro.

I temi proposti in questa «terza parte» del manuale vengono dati in forma digitale per poter essere facilmente e velocemente aggiornati, visti gli argomenti trattati, che sono gli stessi dei seminari – scelti fra quelli più preziosi e interessanti – tenuti negli ultimi anni a completamento delle lezioni di Editoria multimediale all’università, sia nei corsi di laurea che nei master e nei corsi speciali. Gli autori dei saggi sono o sono stati collaboratori dell’autore, o esperti che hanno portato ai corsi il proprio contributo sugli argomenti che affrontano per iscritto nelle pagine che seguono.

Come si può facilmente capire dai titoli, i saggi di approfondimento sono suddivisi in diverse aree di interesse.

Agli aspetti tecnici della produzione multimediale sono dedicati gli approfondimenti sul software di sviluppo (App. 7), la produzione industriale dei CdRom (App. 8), la usability (App. 4) e il diritto d’autore per le opere digitali (App. 5).

Sul fronte opposto, puramente teorico, si colloca invece l’interessante riflessione sulle conseguenze dell’introduzione della dimensione tempo nella pagina scritta (App. 1).

L’analisi degli sviluppi in corso o a breve-medio termine è affidata ai saggi su print on demand (App. 2), e-book (App. 3) e sul mercato dell’editoria ipermediale (App. 6).

Naturalmente, per loro stessa natura, questi saggi non richiedono una lettura sequenziale, ma possono essere utilizzati come luoghi di approfondimento degli argomenti trattati nel corpo del manuale (nel corso del quale vengono esplicitamente richiamati) oppure possono essere selezionati secondo i propri specifici interessi. Esattamente come avviene per i seminari in un qualunque corso universitario.

La superficie degli ipertesti è da qualche anno percorsa da immagini, parole, forme in movimento. La quarta dimensione della rappresentazione, il tempo, entra a far parte della pagina web. L’affermazione di nuovi software di editing quali Macromedia Flash e Director2 ha reso, oltretutto, più semplice e frequente l’introduzione di elementi animati.

Il layout dell’ipertesto cessa d’ispirarsi solo alla metafora della «messa in pagina», ereditata dalla stampa cartacea, per assomigliare sempre più a una «messa in scena» audiovisiva, «teatrale», il prodotto di una programmazione «registica» degli eventi multimediali.

Il testo scritto e l’immagine continuano, comunque, a essere i principali strumenti espressivi presenti nell’ipertesto e sono, quindi, proprio queste due tecniche discorsive ad andare incontro alle più considerevoli rivoluzioni estetiche e funzionali.

La fruizione su schermo subisce di conseguenza importanti alterazioni, poiché si modifica lo stesso modo di concepire la lettura.

È necessario dunque fare il punto della situazione tentando una descrizione della nuova configurazione assunta dall’espressione su schermo, e osservare più in generale che ripercussioni abbia l’introduzione del tempo nella comunicazione digitale.

Una riflessione del genere è necessaria per capire se l’introduzione del movimento rappresenti effettivamente una svolta fruttuosa nelle tecnologie espressive e comprendere, quindi, se stiamo assistendo alla nascita di un nuovo linguaggio.

L’esigenza di descrivere la nuova realtà della grafica ipertestuale giustifica di per sé questo tentativo di porre un ordine nella babele di opinioni riguardanti l’uso dei programmi per l’animazione multimediale, attraverso un punto di vista alternativo, nato dalla miscela di molteplici approcci3 e focalizzato essenzialmente sul rapporto tra l’estetica e la funzione del testo, tra sensibile e intelligibile.

Le linee guida di questo cambiamento si snodano, a nostro avviso, su due versanti principali:

– lo statuto della scrittura e dell’immagine si modifica, così come varia il rapporto instauratosi tra le due forme testuali nei mezzi di comunicazione precedenti;

– l’espressione ipertestuale stessa subisce delle importanti modifiche sul piano espressivo e concettuale.

Per affrontare con cognizione di causa un argomento così nuovo, vediamo prima una breve storia della scrittura e dell’immagine, mettendo in luce le peculiarità di ciascun formato, le trasformazioni che hanno subito nei mezzi del passato, per mostrare infine come le innovazioni che le contrassegnano siano frutto di un curioso equilibrio tra tradizioni e novità, tra passato e futuro.

Allargando lo sguardo dalle componenti minime della schermata all’ipertesto nella sua interezza, studieremo le funzioni del movimento rispetto alle strategie di comunicazione dei suoi artefici, osservando come questo contribuisca alla manifestazione della struttura concettuale del testo e come agevoli l’orientamento del suo fruitore.

Dal tempo allo spazio. La scrittura e l’immagine

Estetica della scrittura e dell’immagine in movimento

La funzionalità del movimento nelle pagine web

Il nuovo tempo dell’ipertesto

Il print on demand, o stampa digitale a richiesta (spesso riportato con lo pseudoacronimo PonD), è una tecnica di produzione e distribuzione libraria che consente la digitalizzazione e la stampa di un testo dove necessario, nell’esatta quantità, e nella qualità richiesta: ciò rappresenta una vera e propria rivoluzione rispetto alle tecniche tradizionali.

La razionalizzazione produttiva

Le applicazioni potenziali del print on demand

L’utilizzo del PonD nell’editoria accademica

L’espressione «libro elettronico» (o il più diffuso anglismo «e-book») ad oggi non ha ancora assunto un significato univoco. In alcuni casi l’accento è posto sul contenuto in forma digitale2, in altri sulla possibile sperimentazione di nuove forme di testualità, grazie alle peculiari caratteristiche di multimedialità3 e di interattività4 associabili ai testi in formato elettronico; talvolta si sottolinea l’importanza del web come canale privilegiato di distribuzione, talvolta invece l’idea di e-book sembra presupporre la disponibilità del testo anche in forma cartacea5. Nel documento A framework for the Epublishing Ecology, redatto dall’Open eBook Forum, si afferma che il libro elettronico è «un’opera letteraria sotto forma di oggetto digitale, costituito da uno o più identificatori dello standard utilizzato, i relativi metadati e un corpo monografico di contenuti, da pubblicare e da fruire con dispositivi elettronici»6. Tale definizione sottolinea così l’importanza di un’organizzazione monografica del testo e della presenza di metadati descrittivi7.

L’evidente difficoltà che emerge quando si cerca di esplicitare il significato dell’espressione «libro elettronico» è segno della novità del fenomeno, fenomeno che sfugge a griglie logiche e strumenti concettuali tradizionali. Fino a tutto il 1998, in Italia l’espressione «e-book» non era di uso frequente, in quanto l’editoria elettronica veniva identificata tout court con l’editoria off line e i CdRom. Le cose iniziano a cambiare solo a partire dal 2000, quando gli operatori del settore si trovano a riabilitare formule di produzione e di distribuzione dei contenuti precedentemente scartate per la mancanza di alcuni presupposti tecnologici necessari alla loro implementazione e di un potenziale di utenti Internet sufficientemente ampio8.

La novità dell’e-book è testimoniata anche dalle oscillazioni ortografiche nell’articolazione del suffisso «e» con il sostantivo «book»: a volte si legge e-book, altre ebook, oppure eBook, o ancora Ebook; in questo contesto scegliamo di adottare la variante «e-book» e lo intendiamo come «un’opera letteraria monografica pubblicata in forma digitale e consultabile mediante appositi dispositivi informatici»9. Le espressioni e-publication (pubblicazione elettronica) ed e-text (testo elettronico) si usano invece rispettivamente con riferimento a opere di qualsiasi genere pubblicate in versione digitale e alle prime forme di testi di pubblico dominio, in formato Ascii10 o Html11, memorizzate e contenute all’interno di biblioteche e archivi on-line12, consultabili da qualsiasi utente attraverso un normale programma di browsing.

In realtà, come abbiamo sottolineato in apertura, l’utilizzo della parola e-book, nella vasta pubblicistica a esso dedicata, si allarga spesso fino a identificare il libro elettronico con il supporto hardware che veicola il testo (l’e-book reader device), o con il dispositivo di lettura software che consente l’accesso e la visualizzazione dell’opera in formato elettronico (l’e-book reader). Altre volte ancora invece il termine è stato utilizzato con riferimento al contenuto che viene conservato nella memoria del lettore hardware e visualizzato sul suo schermo grazie a un apposito software, oppure per indicare una pubblicazione su supporto digitale di qualsiasi genere e in qualunque formato, inclusi i normali file Word, Html, Ascii, Pdf.

D’altra parte questa polivalenza semantica caratterizza anche il termine «libro», che nel linguaggio comune può essere impiegato sia per indicare il contenuto, sia per indicare l’oggetto fisico che lo veicola. La medesima ambiguità si riscontra d’altra parte anche nell’uso del termine «testo». Ma, quale che sia la causa di questa indeterminazione del linguaggio (dovuta forse al fatto che da svariati secoli, nella cultura occidentale, il contatto con un testo avviene sempre tramite il supporto materiale mediante cui vi accediamo e sul quale viene visualizzato), riteniamo opportuno far notare che forse il contenuto e il dispositivo che lo veicola, pur avendo due significati distinti, non sono così indipendenti come potrebbe sembrare a una prima considerazione. Spesso il testo è strettamente legato alle caratteristiche fisiche del supporto su cui verrà rappresentato visivamente e alle sue procedure di produzione materiale.

Perché si possa parlare propriamente di e-book, bisogna associare il contenuto digitale alla dimensione pragmatica dell’interfaccia e della modalità di lettura13. I dispositivi hardware per la visualizzazione dei testi dovrebbero essere il più possibile simili al libro a stampa per peso, dimensioni, portabilità, maneggevolezza, praticità, facilità d’uso e qualità visiva dello schermo.

Tenendo conto di questa premessa, possiamo complessivamente definire l’e-book come «un testo elettronico unitario, ragionevolmente esteso e compiuto (monografia), opportunamente codificato e accompagnato da meta-informazioni descrittive, accessibile mediante appositi dispositivi hardware e software che consentano un’esperienza di lettura comoda e agevole e diano accesso a tutte le capacità di organizzazione testuale proprie della cultura del libro». Al tempo stesso, l’e-book andrebbe a integrare tali proprietà con quelle offerte dalla versione digitale di un testo, in termini di eventuale14 arricchimento del contenuto con elementi multimediali e ipertestuali, di possibilità di reperimento nonché di aggiornamento on line qualora sia necessario, di ricerca rapida, e così via. Per questo motivo sono da escludere dalla categoria degli e-book sia i testi elettronici che possono essere letti solo sul computer da scrivania, interfaccia di lettura scomoda e poco ergonomica, sia quelli destinati alla stampa su carta, come nel print on demand. In quest’ultimo caso, infatti, i testi elettronici fungono da supporto di trasferimento dell’informazione, ma l’interfaccia di lettura dell’utente finale è pur sempre il libro a stampa15.

La nascita dell’«e-book» e lo sviluppo dei dispositivi di lettura

I formati di codifica: alla ricerca di uno standard

L’Open eBook Forum: il formato Oeb

Pdf: il Portable Document Format di Adobe

«E-paper» ed «e-ink»: il futuro?

Cosa vuol dire creare un prodotto usabile? Vuol dire creare un prodotto il cui utilizzo risulti efficace, soddisfacente e piacevole per l’utente.

Per creare un prodotto con queste caratteristiche si dovrà tenere conto delle specificità degli utenti che andranno a utilizzarlo, dei loro bisogni, capacità, desideri e del contesto d’uso. Si dovranno cioè prevedere e svolgere una serie di attività durante il ciclo di progettazione e implementazione di un titolo di editoria multimediale che coinvolgano in ogni fase l’utente: dal concept del prodotto fino alla validazione dell’interfaccia e dell’architettura informativa.

Ciò permetterà di costruire un’esperienza di fruizione positiva e soddisfacente; fattore chiave per il successo di un titolo ipermediale.

Un prodotto che permette all’utente di soddisfare i propri bisogni e i propri desideri senza stress aumenta la soddisfazione, la qualità percepita dall’utilizzatore e la fiducia nel brand, dato che diminuisce il tempo di apprendimento, di esecuzione delle attività e di richiesta di assistenza; un prodotto percepito come affidabile e di qualità aumenterà la propria credibilità e le proprie vendite, diminuendo conseguentemente i costi di assistenza post-vendita. L’attenzione all’usabilità non è dunque un costo per un editore ma un investimento.

1. Cos’è l’usabilità

2. I tre settori dell’usabilità

3. Principi del buon design10

4. I cinque aspetti della «usability»11

5. I principi di usabilità12

6. Il processo «user centered»

7. Valutazione di usabilità: metodi sperimentali e metriche14

 

Introduzione: un po’ di storia

Diritto d’autore e copyright: dall’editoria su carta a quella multimediale

Il diritto morale

I diritti connessi

Le libere utilizzazioni

Termini di protezione del diritto d’autore

La legge di riconoscimento del software e delle banche dati

La cosiddetta «opera multimediale» e i suoi diritti di sfruttamento

Opera multimediale in quanto tale

Opera multimediale quale opera collettiva

Opera multimediale quale «composizione»

Opera multimediale quale «opera derivata»

Il contratto: rimedio a una lacuna normativa

La sempre maggiore concentrazione delle ricerche, e degli istituti internazionali che le promuovono2, sul mercato dell’e-learning e dell’on line rende difficile reperire dati aggiornati sul mercato dell’editoria elettronica off line.

Tale mercato è ormai assestato e stabile e a partire dal 2000 non ha presentato grandi variazioni, sia in Italia che all’estero. Per un’analisi del mercato italiano dell’editoria multimediale ci siamo quindi riferiti ai dati ufficiali del 2002 (che facevano riferimento agli anni precedenti), tenendo conto dei piccoli aggiustamenti che si possono dedurre da ricerche di mercato private o comunque parziali e non ufficiali, in un ambiente che è entrato in una fase di decisa stabilizzazione.

L’Anee e il suo Osservatorio

Il mercato dell’editoria digitale professionale

Il mercato «consumer»

I canali distributivi

I principali editori

I generi editoriali

Gli strumenti di sviluppo per l’editoria elettronica rappresentano un settore molto ampio e in rapida evoluzione, che vede affermarsi in modo continuo paradigmi dominanti capaci spesso di resistere a una concorrenza nuova e agguerrita, salvo poi essere sostituiti.

Dovendo fare una disamina degli strumenti che hanno consentito di realizzare nel tempo i primi CdRom, i primi Wbt, e ora moderni corsi multimediali sia off che on line, è doveroso fare una prima macro divisione tra gli strumenti atti alla realizzazione dell’intero prodotto e quelli per la gestione di media specifici.

1. Software per la gestione del prodotto multimediale

2. Software per il trattamento di media specifici

Parlando di CdRom ci si scontra, innanzitutto, con un’anomalia linguistica. Nell’uso quotidiano, infatti, con lo stesso termine si è soliti indicare tre diversi oggetti: il lettore CdRom, ovvero il dispositivo hardware che permette di leggere il supporto; il supporto stesso, un disco del diametro di circa 12 cm, fatto di alluminio e materiale plastico, con una superficie decorata nei modi più diversi; infine il contenuto di quel supporto, ovvero l’insieme di dati e informazioni in esso memorizzati.

In questo manuale si è centrata l’attenzione sul CdRom inteso come contenuto: combinazione di materiali ipertestuali (dati in formato audio, video e testo) che vanno a creare le applicazioni multimediali, i cosiddetti «prodotti» dell’editoria elettronica. Anche in questa sede ci occuperemo quindi dell’hardware (il lettore) e del supporto (il disco fisico) solo in maniera incidentale, per il rapporto funzionale che necessariamente ha con il contenuto.

Ciò non significa che il «CdRom-supporto» non sia importante: esso ha avuto un ruolo decisivo nello sviluppo delle applicazioni informatiche, sia sul fronte della memorizzazione e scambio dei dati (affermandosi come efficace standard contro la molteplicità dei supporti esistenti), sia come fattore determinante nella diffusione del multimedia presso il grande pubblico. In particolare, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del 2000, il CdRom si è rivelato un contenitore ottimale per i prodotti multimediali, che avevano bisogno di molto spazio per proporre dati in diversi formati: la sua disponibilità è stata determinante nella creazione e nello sviluppo di un mercato del multimedia off line.

Proprio per questo, se è vero che non è il supporto che qualifica il contenuto2, nello stesso tempo è importante capire – almeno per grandi linee – come nasce e si sviluppa tutto ciò che ruota intorno al supporto, dalla produzione industriale del Cd al packaging.

Senza tralasciare di dare uno sguardo anche al Dvd, nuovo standard di memorizzazione, sempre più diffuso per il playback video e non solo.

1. Le fasi della produzione industriale

2. Il «packaging»

3. Il Dvd