Valerio Eletti - Manuale di editoria multimediale
Appendice 5: Il diritto d’autore e l’opera multimediale di Nicola Pedde

Introduzione: un po’ di storia

La storia del diritto d’autore è intimamente connessa con l’evoluzione dei supporti tecnologici voluti dall’uomo per fissare, conservare e tramandare il prodotto della propria creatività. L’evento che più di ogni altro ne accelerò il processo di sviluppo e di diffusione può essere ricondotto all’invenzione di Gutenberg nel Quattrocento, che permise la produzione in serie di prodotti editoriali.

Il libro esce così dalla ristretta cerchia della tradizione ecclesiastica e inizia a diffondersi attraverso gli strati più colti della popolazione.

La figura dell’autore, sino a quel tempo pressoché sconosciuta, fatta eccezione per alcuni classici, assume una rilevanza crescente e sempre più numerose iniziano a divenire le opere commissionate da parte di mecenati e regnanti. La primordiale forma di individuazione di chi fosse, quindi, il titolare dei diritti sull’opera – anche se di diritti, certo, non si parlava all’epoca – generò un certo grado di confusione: spesso il finanziatore, l’ispiratore, l’autore vero e proprio e lo stampatore, a seconda del loro ruolo nella sfera sociale, venivano riconosciuti di volta in volta quali i «legittimatari» cui tributare onori e compensi.

Con l’aumentare delle tirature e della diffusione, si avvertì il bisogno di una forma di tutela che, non tanto per l’aspetto economico quanto per quello della paternità, garantisse l’onore e la reputazione dell’autore.

Si è soliti far risalire la disciplina del diritto d’autore intorno all’inizio del XVIII secolo, con lo Statuto della Regina Anna, del 1709, che introdusse il copyright, ossia il «diritto di copiare un’opera nel rispetto di talune norme a favore anche dell’autore del bene». Questo importante traguardo permetteva per la prima volta all’autore di essere riconosciuto come tale e, in misura modesta, di partecipare al vantaggio economico derivante dall’opera nonché alla sua tutela.

Fu la Rivoluzione francese, però, attraverso i principi ispiratori della libertà, dell’eguaglianza e della fraternità, a sancire lo sviluppo e la diffusione del moderno concetto di diritto d’autore ammettendo per la prima volta l’esistenza di una proprietà letteraria e artistica.

Tralasciando in questa sede ogni ulteriore indagine storica, ci limiteremo a concludere facendo presente soltanto che la moderna legislazione in materia di diritto d’autore è frutto dell’elaborazione di un consesso internazionale di giuristi che, con la Convenzione di Berna, dettò le basi interpretative della materia, concordandone i punti salienti e la ratio generale. Successive convenzioni in materia sono rappresentate dalla Convenzione universale del diritto d’autore firmata a Ginevra nel 1955 e dal Trattato per la protezione dei diritti degli esecutori, interpreti e produttori fonografici di Roma del 1961.

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Diritto d’autore e copyright: dall’editoria su carta a quella multimediale

Il principio di base della moderna legge sul diritto d’autore, in termini generali, prevede l’individuazione di due parametri fondamentali connessi all’opera: il cosiddetto corpus mysticum, elemento immateriale e intangibile atto a rappresentare l’originalità creativa dell’autore, e il cosiddetto corpus mechanicum, elemento, di contro, materiale e fungibile, dimostrante la combinazione dei mezzi e delle tecniche grazie alle quali l’estro creativo dell’autore ha fisicamente realizzato l’opera.

La normativa italiana, raccogliendo e adottando i principi della Conferenza di Berna, è oggi regolata dalla legge 22 aprile 1941, n. 633 – e relativo regolamento di applicazione del 18 giugno 1942, n. 1369 – che, nonostante successive modifiche e integrazioni, riesce oggi faticosamente a inquadrare e a tutelare il sempre maggiore e più specifico ambito del diritto d’autore.

Il legislatore, nello sforzo di adeguare alle realtà dei tempi l’angusto ambito originario della legge, ha recepito nel corso degli anni alcune fondamentali direttive europee in materia di diritto d’autore, determinando le basi per quello che, necessariamente, dovrà essere il terreno di una futura e più adeguata regolamentazione del settore.

Nonostante ogni sforzo di adeguamento, comunque, i principi basilari e la sempre attuale concezione della Lda (come d’ora innanzi indicheremo la Legge sul diritto d’autore) non verranno meno, imponendo solo un adeguamento di carattere tecnologico e interpretativo.

Volendo fornire una sintetica e agevole introduzione al diritto d’autore, possiamo senz’altro concordare sul fattore basilare relativo all’oggetto della tutela, che non è la tangibile rappresentazione della creazione dell’autore, bensì il concetto alla base della sua «realizzazione».

Il legislatore ha voluto riconoscere il ruolo predominante, centrale e fondamentale dell’autore e del suo estro creativo, grazie al quale è possibile ottenere il prodotto fisico e tangibile dell’opera. A tal fine riconduce l’acquisto del diritto da parte dell’autore al momento dell’ideazione dell’opera, momento in cui lo stesso conferisce ad essa il suo carattere di originalità e novità.

Gli artt. 1 e 2 della l. 633 del 1941 indicano genericamente il novero delle opere oggetto di tutela, includendo le opere letterarie, quelle musicali, quelle appartenenti alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia, nonché le opere fotografiche e i programmi per elaboratore. Tale classificazione deve considerarsi peraltro puramente indicativa e non esaustiva.

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Il diritto morale

L’opera tutelata dalla Lda gode di un duplice ambito di diritti: da un lato, infatti, viene riconosciuto e tutelato l’aspetto economico e prettamente patrimoniale; dall’altro quello di ordine morale e personalissimo dell’autore.

Il diritto morale è di per sé inalienabile e il legislatore ha voluto con ciò tutelare la sfera più personale dei diritti dell’autore e della sua personalità. Sotto un profilo esclusivamente economico, invece, il diritto si estingue per decorso del termine legale di protezione, con termini che variano a seconda dell’opera. In base a ciò, quindi, la Lda riconosce all’autore il diritto alla paternità dell’opera, il diritto di poterla – o meno – pubblicare o distribuire, il diritto di ritirarla dal commercio e di tutela dell’integrità dell’opera stessa.

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I diritti connessi

Con l’espressione «diritti connessi» il legislatore ha voluto riconoscere accanto al diritto d’autore una ulteriore serie di diritti similari, connessi con la produzione e la diffusione delle opere oggetto di tutela. Tali diritti riconoscono una forma di tutela connessa allo sfruttamento delle opere stesse a un novero di ulteriori soggetti partecipanti alla realizzazione dell’opera, come per esempio gli attori.

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Le libere utilizzazioni

Le libere utilizzazioni, cui sono dedicati gli artt. dal 65 al 71 della Lda, si riferiscono a diritti che dovrebbero essere in capo all’autore ma che, per tutelare interessi socialmente rilevanti, sono attribuiti a terzi. Assai brevemente potrà essere utile ricordare che:

– art. 65: prevede la possibilità di riproduzione degli articoli di attualità, economia, politica, religione, ecc., pubblicati in riviste o giornali con il dovere di citare la fonte originale correttamente, purché la riproduzione non sia stata espressamente riservata;

– art. 67: consente di riprodurre opere, o parti di esse, nelle procedure giudiziarie;

– artt. 68 e 69: hanno subito una profonda modificazione a seguito della l. 18 agosto 2000, n. 248. La fotocopia è adesso consentita solo in misura del 15% rispetto al volume totale dell’opera ed è prevista la corresponsione di un compenso in forma forfettaria per gli autori da parte di coloro che rendono possibile la fotocopia al pubblico. L’art. 69, invece, esenta lo Stato e gli enti pubblici dal divieto del prestito dell’opera, spettante in via esclusiva all’autore;

– art. 70: libertà di citazione, riassunto e riproduzione parziale a scopo di critica, discussione e insegnamento. Nonostante gli apparenti limiti estensivi della norma, l’art. 22 del regolamento di applicazione ne ridimensiona la portata complessiva, sottolineando il principio della non economicità dell’operazione o, alternativamente, dell’attribuzione di un equo compenso;

– art. 71: sottrae al diritto d’autore le pubbliche esecuzioni di opere musicali effettuate da bande e fanfare dei corpi armati dello Stato, purché non effettuate a scopo di lucro.

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Termini di protezione del diritto d’autore

Successivamente all’emanazione della direttiva 93/98/Cee, concernente l’armonizzazione della durata di protezione del diritto d’autore e di alcuni diritti connessi, la legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 17, ha stabilito i nuovi termini di durata per la protezione dei diritti di utilizzazione economica sulle opere dell’ingegno.

70 anni per le seguenti opere:

– opera dell’ingegno individuale;

– opera anonima o pseudonima;

– opera pubblicata per la prima volta dopo la morte dell’autore;

– opera collettiva (quali riviste, giornali, antologie, ecc.);

– opera cinematografica: a partire dalla data della prima proiezione pubblica;

– opera fotografica: dall’anno di produzione dell’opera;

– programma per elaboratore.

50 anni per i seguenti diritti, previsti come diritti connessi al diritto d’autore:

– diritti dei produttori di dischi fonografici e di apparecchi analoghi, riproduttori di suoni e di voci;

– diritti di coloro che esercitano l’attività di emissione radiofonica o televisiva;

– diritti dei produttori di opere cinematografiche o audiovisive o sequenze di immagini in movimento;

– diritti degli artisti interpreti e degli artisti esecutori.

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La legge di riconoscimento del software e delle banche dati

Un primo e significativo passo in direzione di quello che in un futuro sarà l’inquadramento giuridico della cosiddetta «opera multimediale» è rappresentato dal decreto legislativo del 29 dicembre 1992, n. 518. Con tale norma il «programma per elaboratore» ha trovato espressa tutela, inserendosi a pieno titolo tra le opere comprese tra quelle indicate all’art. 1 della Lda.

Ai sensi di tale provvedimento i programmi per elaboratore, al pari delle altre opere previste dalla Lda, debbono necessariamente possedere il requisito della originalità ed essere, quindi, il risultato di una creazione intellettuale dell’autore. In tale senso, quindi, sono state espressamente escluse dalla tutela accordata al software «tutte le idee ed i principi che stanno alla base di qualsiasi elemento di un programma, compresi quelli alla base delle sue interfacce».

Con il decreto legislativo dell’11 maggio 1999, n. 169, recependo la direttiva 96/9/CE dell’11 marzo 1996, viene invece accordata anche alle banche dati una tutela specifica, equiparando le stesse a una creazione dell’ingegno propria del loro autore. La definizione esatta del d.lgs. prevede che le banche dati consistano in «una raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo», non estendendosi quindi la tutela ai contenuti della banca dati stessa. L’oggetto della tutela, quindi, è il complesso dei dati e/o delle opere che compongono la banca dati e la sua razionale organizzazione, e non già lo specifico elemento in esso contenuto.

L’autore di una banca dati gode, quindi, del diritto esclusivo di eseguire o autorizzare:

– la riproduzione permanente o temporanea, totale o parziale, con qualsiasi mezzo e in qualsivoglia forma;

– la traduzione, l’adattamento, una diversa disposizione e ogni altra modifica;

– qualsiasi forma di distribuzione al pubblico dell’originale o di copie della banca dati.

La prima vendita di una copia di una banca di dati nella comunità da parte del titolare del diritto o con il suo consenso esaurisce il diritto di controllare all’interno della comunità:

1. le vendite successive della copia;

2. qualsiasi comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico;

3. qualsiasi riproduzione, distribuzione, comunicazione, presentazione o dimostrazione in pubblico dei risultati delle operazioni di cui al punto 2.

La tutela sulla banca di dati è accordata dal momento della sua completa costituzione. Il diritto, invece, si estingue trascorsi 15 anni dal 1° gennaio dell’anno successivo alla data del completamento. Ogni modifica sostanziale, valutata in termini qualitativi o quantitativi, del contenuto di una banca dati, e in particolare ogni modifica sostanziale risultante dell’accumulo di aggiunte, stralci o modifiche successivi che permetta di ritenere che si tratti di un nuovo investimento, consente di attribuire alla banca derivante da tale investimento una propria specifica durata di protezione.

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La cosiddetta «opera multimediale» e i suoi diritti di sfruttamento

Ciò che distingue la cosiddetta «opera multimediale» dalle tipologie tradizionali indicate all’art. 1 della Lda è la tecnologia digitale alla base del processo di realizzazione e fruizione dell’opera. La tecnologia digitale, poi, è di per sé «multimediale», consentendo quindi di combinare in un unico prodotto una più estesa gamma di modalità espressive, come quelle visive, audio, grafiche e di interazione, determinando la configurazione di un prodotto nuovo sostanzialmente ben più articolato e potente, in termini di fruizione, dei tradizionali elementi singoli riconducibili nella gran parte dei casi alle opere tradizionali.

La tecnologia digitale, poi, ha una modalità espressiva dell’opera assolutamente immateriale, attraverso l’adozione di un linguaggio di compilazione di tipo binario, fatto quindi di codici elettronici e non di supporti espressivi fisici.

Ciò che è necessario riscontrare nella cosiddetta opera multimediale è la sussistenza dei medesimi parametri identificativi delle opere tradizionali e, in particolar modo, l’originalità e la novità.

«Ciò che conferisce all’opera multimediale il carattere dell’originalità» è dunque la sofisticata e innovativa capacità di espressione delle piattaforme, consentendo una fruizione combinata assolutamente non lineare dei diversi elementi che la compongono. Non è perciò, come erroneamente affermato in passato, un semplice assemblamento di sistemi diffuso attraverso un unico linguaggio: è invece un nuovo e innovativo sistema che consente la contestuale fruizione di risorse storicamente disponibili solo disgiuntamente o, nel migliore dei casi, con una limitata interazione tra sistemi.

Nonostante ciò, però, l’opera multimediale non ha ancora trovato una precisa e sistematica collocazione in alcun ordinamento, lasciando spazio a un ricco novero di interpretazioni.

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Opera multimediale in quanto tale

È la fattispecie più semplice ed elementare – ma anche la più difficile solitamente da riscontrare – entro cui ricomprendere l’opera multimediale: è costituita dunque dall’originale e autonoma creazione dell’opera in ogni sua singola componente, laddove però l’esperienza ci insegna che è pressoché impossibile pensare a un’opera che sia il frutto di un unico autore solitario.

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Opera multimediale quale opera collettiva

L’opera collettiva, definita all’art. 3 della Lda, si riferisce essenzialmente a una creazione autonoma risultante dalla mera riunione di opere preesistenti al fine di realizzare un prodotto di carattere letterario, scientifico, didattico, ecc., quale ad esempio un’antologia o un’enciclopedia. Si riconosce in tale ambito all’organizzatore di detto materiale preesistente il diritto a essere riconosciuto quale unico autore della risultante opera, pur riconoscendo al tempo stesso e tutelando gli autori di ogni singolo frammento in esso contenuto.

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Opera multimediale quale «composizione»

La «composizione», talvolta qualificata anche come «opera composta», è riconducibile alla fattispecie genericamente prevista dagli artt. 33 sgg. e 44 sgg. della Lda, laddove il legislatore, seppur riconoscendo la titolarità del diritto d’autore per ogni elemento contenuto in una «composizione di opere», riconosce al contempo la sussistenza di un contributo preminente nell’ambito di tali fattispecie, cui attribuisce un ruolo di coordinamento e organizzazione, e al quale riconosce, inoltre, l’esercizio dei diritti di sfruttamento economico.

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Opera multimediale quale «opera derivata»

Tra l’opera collettiva e quella «composta» è possibile ravvisare una ulteriore fattispecie, prevista dal legislatore all’art. 4 della Lda, e contenente al suo interno opere preesistenti trasformate, rielaborate e unificate però in modo sostanziale per permettere la specifica forma di fruizione cui sono destinate. In questo caso, quindi, il legislatore ha riconosciuto un’autonomia propria, cui consegue il riconoscimento della tutela accordata a ogni opera protetta dal diritto d’autore, a tutte quelle elaborazioni risultanti sì dall’acquisizione e dall’accorpamento di opere preesistenti ma caratterizzate altresì da una concreta, tangibile e soprattutto originale rielaborazione creativa delle opere stesse.

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Il contratto: rimedio a una lacuna normativa

È facilmente comprensibile come, mancando un riferimento diretto e certo in seno alla disciplina della Lda circa l’opera multimediale, le consuetudini del mercato e le necessità della produzione impongano di adottare sofisticati ed elaborati strumenti contrattuali che, seppur costruiti in sintonia con la Lda, ne completano gli aspetti lacunosi e permettono di identificare con chiarezza e precisione la natura dell’opera in oggetto.

L’espediente maggiormente apprezzabile da un punto di vista operativo è quello fornito dalla realizzazione, successivamente alla definizione del progetto base, di un «diagramma di flusso» di ogni fase della produzione stessa. In tal modo gli autori potranno visivamente individuare tutti i «colli di bottiglia» ove sia possibile ravvisare la necessità di realizzare un contratto. A questo punto, quindi, saranno identificate – necessariamente con l’ausilio di un legale – le specifiche necessità in ogni singola fase, onde poter garantire l’armonioso e profittevole sviluppo secondo una linea logica altrimenti difficile da individuare.

La libertà negoziale delle parti, cui il legislatore ha voluto attribuire una rilevante importanza entro i margini concessi dalle vigenti norme, consente all’autore e al produttore di un’opera multimediale di verificare la compatibilità tra le rispettive posizioni, offrendo lo spazio per la definizione di un accordo ad hoc in grado di soddisfare le posizioni e le aspettative di tutte le parti coinvolte nella produzione e distribuzione di un’opera. Le tipologie contrattuali applicabili al settore multimediale, per analogia, sono numericamente elevate e sicuramente idonee a regolamentare la fattispecie. La particolarità che certamente dovrà caratterizzare tali atti, di contro, sarà rappresentata dalla presenza di vocaboli ed espressioni non comunemente parte del linguaggio e della terminologia giuridica.

Nella produzione dei contratti per lo sviluppo delle opere multimediali, quindi, sono spesso presenti – direi sempre – corposi allegati esplicativi destinati a fornire il massimo grado di chiarezza circa la natura del progetto e i diritti di cui si intende disporre.

Elementi di particolare rilevanza nella definizione di contratti per lo sviluppo di opere multimediali sono:

– esatta indicazione delle parti: è necessario soprattutto che il soggetto che cede i diritti sia effettivamente il legittimo detentore dei diritti di interesse dell’editore;

– esatta indicazione del diritto ceduto: essendo il contratto redatto in accordo con la Lda, ma non potendo la stessa prevedere il ricorso al «diritto multimediale», sarà premura delle parti indicare nel modo più esauriente possibile, anche e soprattutto dal punto di vista tecnico della digitalizzazione, il tipo di prodotto, le sue modalità di distribuzione e fruizione, ecc.;

– ambito geografico e/o spaziale di distribuzione del prodotto, con indicazione delle lingue di fruizione;

– esclusività della cessione: possibilità di riservarsi un utilizzo in esclusiva entro una determinata finestra temporale;

– durata;

– precisione nell’individuazione degli specifici elementi da acquisire in connessione all’opera.

Conseguentemente, quindi, potremo disporre di tante fattispecie contrattuali quante saranno le fasi di lavorazione dell’opera, suddividendo il complesso compito in specifici contratti ad hoc realizzati per ogni singola esecuzione necessaria da terzi.

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In appendice e a complemento del corpo del manuale, presentiamo una raccolta di saggi e contributi specialistici dedicati ad alcuni aspetti sia tecnici che teorici dell’editoria multimediale, aspetti che non potevano trovare spazio – per la loro specificità – tra gli argomenti di base della prima e della seconda parte del libro.

I temi proposti in questa «terza parte» del manuale vengono dati in forma digitale per poter essere facilmente e velocemente aggiornati, visti gli argomenti trattati, che sono gli stessi dei seminari – scelti fra quelli più preziosi e interessanti – tenuti negli ultimi anni a completamento delle lezioni di Editoria multimediale all’università, sia nei corsi di laurea che nei master e nei corsi speciali. Gli autori dei saggi sono o sono stati collaboratori dell’autore, o esperti che hanno portato ai corsi il proprio contributo sugli argomenti che affrontano per iscritto nelle pagine che seguono.

Come si può facilmente capire dai titoli, i saggi di approfondimento sono suddivisi in diverse aree di interesse.

Agli aspetti tecnici della produzione multimediale sono dedicati gli approfondimenti sul software di sviluppo (App. 7), la produzione industriale dei CdRom (App. 8), la usability (App. 4) e il diritto d’autore per le opere digitali (App. 5).

Sul fronte opposto, puramente teorico, si colloca invece l’interessante riflessione sulle conseguenze dell’introduzione della dimensione tempo nella pagina scritta (App. 1).

L’analisi degli sviluppi in corso o a breve-medio termine è affidata ai saggi su print on demand (App. 2), e-book (App. 3) e sul mercato dell’editoria ipermediale (App. 6).

Naturalmente, per loro stessa natura, questi saggi non richiedono una lettura sequenziale, ma possono essere utilizzati come luoghi di approfondimento degli argomenti trattati nel corpo del manuale (nel corso del quale vengono esplicitamente richiamati) oppure possono essere selezionati secondo i propri specifici interessi. Esattamente come avviene per i seminari in un qualunque corso universitario.

La superficie degli ipertesti è da qualche anno percorsa da immagini, parole, forme in movimento. La quarta dimensione della rappresentazione, il tempo, entra a far parte della pagina web. L’affermazione di nuovi software di editing quali Macromedia Flash e Director2 ha reso, oltretutto, più semplice e frequente l’introduzione di elementi animati.

Il layout dell’ipertesto cessa d’ispirarsi solo alla metafora della «messa in pagina», ereditata dalla stampa cartacea, per assomigliare sempre più a una «messa in scena» audiovisiva, «teatrale», il prodotto di una programmazione «registica» degli eventi multimediali.

Il testo scritto e l’immagine continuano, comunque, a essere i principali strumenti espressivi presenti nell’ipertesto e sono, quindi, proprio queste due tecniche discorsive ad andare incontro alle più considerevoli rivoluzioni estetiche e funzionali.

La fruizione su schermo subisce di conseguenza importanti alterazioni, poiché si modifica lo stesso modo di concepire la lettura.

È necessario dunque fare il punto della situazione tentando una descrizione della nuova configurazione assunta dall’espressione su schermo, e osservare più in generale che ripercussioni abbia l’introduzione del tempo nella comunicazione digitale.

Una riflessione del genere è necessaria per capire se l’introduzione del movimento rappresenti effettivamente una svolta fruttuosa nelle tecnologie espressive e comprendere, quindi, se stiamo assistendo alla nascita di un nuovo linguaggio.

L’esigenza di descrivere la nuova realtà della grafica ipertestuale giustifica di per sé questo tentativo di porre un ordine nella babele di opinioni riguardanti l’uso dei programmi per l’animazione multimediale, attraverso un punto di vista alternativo, nato dalla miscela di molteplici approcci3 e focalizzato essenzialmente sul rapporto tra l’estetica e la funzione del testo, tra sensibile e intelligibile.

Le linee guida di questo cambiamento si snodano, a nostro avviso, su due versanti principali:

– lo statuto della scrittura e dell’immagine si modifica, così come varia il rapporto instauratosi tra le due forme testuali nei mezzi di comunicazione precedenti;

– l’espressione ipertestuale stessa subisce delle importanti modifiche sul piano espressivo e concettuale.

Per affrontare con cognizione di causa un argomento così nuovo, vediamo prima una breve storia della scrittura e dell’immagine, mettendo in luce le peculiarità di ciascun formato, le trasformazioni che hanno subito nei mezzi del passato, per mostrare infine come le innovazioni che le contrassegnano siano frutto di un curioso equilibrio tra tradizioni e novità, tra passato e futuro.

Allargando lo sguardo dalle componenti minime della schermata all’ipertesto nella sua interezza, studieremo le funzioni del movimento rispetto alle strategie di comunicazione dei suoi artefici, osservando come questo contribuisca alla manifestazione della struttura concettuale del testo e come agevoli l’orientamento del suo fruitore.

Dal tempo allo spazio. La scrittura e l’immagine

Estetica della scrittura e dell’immagine in movimento

La funzionalità del movimento nelle pagine web

Il nuovo tempo dell’ipertesto

Il print on demand, o stampa digitale a richiesta (spesso riportato con lo pseudoacronimo PonD), è una tecnica di produzione e distribuzione libraria che consente la digitalizzazione e la stampa di un testo dove necessario, nell’esatta quantità, e nella qualità richiesta: ciò rappresenta una vera e propria rivoluzione rispetto alle tecniche tradizionali.

La razionalizzazione produttiva

Le applicazioni potenziali del print on demand

L’utilizzo del PonD nell’editoria accademica

L’espressione «libro elettronico» (o il più diffuso anglismo «e-book») ad oggi non ha ancora assunto un significato univoco. In alcuni casi l’accento è posto sul contenuto in forma digitale2, in altri sulla possibile sperimentazione di nuove forme di testualità, grazie alle peculiari caratteristiche di multimedialità3 e di interattività4 associabili ai testi in formato elettronico; talvolta si sottolinea l’importanza del web come canale privilegiato di distribuzione, talvolta invece l’idea di e-book sembra presupporre la disponibilità del testo anche in forma cartacea5. Nel documento A framework for the Epublishing Ecology, redatto dall’Open eBook Forum, si afferma che il libro elettronico è «un’opera letteraria sotto forma di oggetto digitale, costituito da uno o più identificatori dello standard utilizzato, i relativi metadati e un corpo monografico di contenuti, da pubblicare e da fruire con dispositivi elettronici»6. Tale definizione sottolinea così l’importanza di un’organizzazione monografica del testo e della presenza di metadati descrittivi7.

L’evidente difficoltà che emerge quando si cerca di esplicitare il significato dell’espressione «libro elettronico» è segno della novità del fenomeno, fenomeno che sfugge a griglie logiche e strumenti concettuali tradizionali. Fino a tutto il 1998, in Italia l’espressione «e-book» non era di uso frequente, in quanto l’editoria elettronica veniva identificata tout court con l’editoria off line e i CdRom. Le cose iniziano a cambiare solo a partire dal 2000, quando gli operatori del settore si trovano a riabilitare formule di produzione e di distribuzione dei contenuti precedentemente scartate per la mancanza di alcuni presupposti tecnologici necessari alla loro implementazione e di un potenziale di utenti Internet sufficientemente ampio8.

La novità dell’e-book è testimoniata anche dalle oscillazioni ortografiche nell’articolazione del suffisso «e» con il sostantivo «book»: a volte si legge e-book, altre ebook, oppure eBook, o ancora Ebook; in questo contesto scegliamo di adottare la variante «e-book» e lo intendiamo come «un’opera letteraria monografica pubblicata in forma digitale e consultabile mediante appositi dispositivi informatici»9. Le espressioni e-publication (pubblicazione elettronica) ed e-text (testo elettronico) si usano invece rispettivamente con riferimento a opere di qualsiasi genere pubblicate in versione digitale e alle prime forme di testi di pubblico dominio, in formato Ascii10 o Html11, memorizzate e contenute all’interno di biblioteche e archivi on-line12, consultabili da qualsiasi utente attraverso un normale programma di browsing.

In realtà, come abbiamo sottolineato in apertura, l’utilizzo della parola e-book, nella vasta pubblicistica a esso dedicata, si allarga spesso fino a identificare il libro elettronico con il supporto hardware che veicola il testo (l’e-book reader device), o con il dispositivo di lettura software che consente l’accesso e la visualizzazione dell’opera in formato elettronico (l’e-book reader). Altre volte ancora invece il termine è stato utilizzato con riferimento al contenuto che viene conservato nella memoria del lettore hardware e visualizzato sul suo schermo grazie a un apposito software, oppure per indicare una pubblicazione su supporto digitale di qualsiasi genere e in qualunque formato, inclusi i normali file Word, Html, Ascii, Pdf.

D’altra parte questa polivalenza semantica caratterizza anche il termine «libro», che nel linguaggio comune può essere impiegato sia per indicare il contenuto, sia per indicare l’oggetto fisico che lo veicola. La medesima ambiguità si riscontra d’altra parte anche nell’uso del termine «testo». Ma, quale che sia la causa di questa indeterminazione del linguaggio (dovuta forse al fatto che da svariati secoli, nella cultura occidentale, il contatto con un testo avviene sempre tramite il supporto materiale mediante cui vi accediamo e sul quale viene visualizzato), riteniamo opportuno far notare che forse il contenuto e il dispositivo che lo veicola, pur avendo due significati distinti, non sono così indipendenti come potrebbe sembrare a una prima considerazione. Spesso il testo è strettamente legato alle caratteristiche fisiche del supporto su cui verrà rappresentato visivamente e alle sue procedure di produzione materiale.

Perché si possa parlare propriamente di e-book, bisogna associare il contenuto digitale alla dimensione pragmatica dell’interfaccia e della modalità di lettura13. I dispositivi hardware per la visualizzazione dei testi dovrebbero essere il più possibile simili al libro a stampa per peso, dimensioni, portabilità, maneggevolezza, praticità, facilità d’uso e qualità visiva dello schermo.

Tenendo conto di questa premessa, possiamo complessivamente definire l’e-book come «un testo elettronico unitario, ragionevolmente esteso e compiuto (monografia), opportunamente codificato e accompagnato da meta-informazioni descrittive, accessibile mediante appositi dispositivi hardware e software che consentano un’esperienza di lettura comoda e agevole e diano accesso a tutte le capacità di organizzazione testuale proprie della cultura del libro». Al tempo stesso, l’e-book andrebbe a integrare tali proprietà con quelle offerte dalla versione digitale di un testo, in termini di eventuale14 arricchimento del contenuto con elementi multimediali e ipertestuali, di possibilità di reperimento nonché di aggiornamento on line qualora sia necessario, di ricerca rapida, e così via. Per questo motivo sono da escludere dalla categoria degli e-book sia i testi elettronici che possono essere letti solo sul computer da scrivania, interfaccia di lettura scomoda e poco ergonomica, sia quelli destinati alla stampa su carta, come nel print on demand. In quest’ultimo caso, infatti, i testi elettronici fungono da supporto di trasferimento dell’informazione, ma l’interfaccia di lettura dell’utente finale è pur sempre il libro a stampa15.

La nascita dell’«e-book» e lo sviluppo dei dispositivi di lettura

I formati di codifica: alla ricerca di uno standard

L’Open eBook Forum: il formato Oeb

Pdf: il Portable Document Format di Adobe

«E-paper» ed «e-ink»: il futuro?

Cosa vuol dire creare un prodotto usabile? Vuol dire creare un prodotto il cui utilizzo risulti efficace, soddisfacente e piacevole per l’utente.

Per creare un prodotto con queste caratteristiche si dovrà tenere conto delle specificità degli utenti che andranno a utilizzarlo, dei loro bisogni, capacità, desideri e del contesto d’uso. Si dovranno cioè prevedere e svolgere una serie di attività durante il ciclo di progettazione e implementazione di un titolo di editoria multimediale che coinvolgano in ogni fase l’utente: dal concept del prodotto fino alla validazione dell’interfaccia e dell’architettura informativa.

Ciò permetterà di costruire un’esperienza di fruizione positiva e soddisfacente; fattore chiave per il successo di un titolo ipermediale.

Un prodotto che permette all’utente di soddisfare i propri bisogni e i propri desideri senza stress aumenta la soddisfazione, la qualità percepita dall’utilizzatore e la fiducia nel brand, dato che diminuisce il tempo di apprendimento, di esecuzione delle attività e di richiesta di assistenza; un prodotto percepito come affidabile e di qualità aumenterà la propria credibilità e le proprie vendite, diminuendo conseguentemente i costi di assistenza post-vendita. L’attenzione all’usabilità non è dunque un costo per un editore ma un investimento.

1. Cos’è l’usabilità

2. I tre settori dell’usabilità

3. Principi del buon design10

4. I cinque aspetti della «usability»11

5. I principi di usabilità12

6. Il processo «user centered»

7. Valutazione di usabilità: metodi sperimentali e metriche14

 

Introduzione: un po’ di storia

Diritto d’autore e copyright: dall’editoria su carta a quella multimediale

Il diritto morale

I diritti connessi

Le libere utilizzazioni

Termini di protezione del diritto d’autore

La legge di riconoscimento del software e delle banche dati

La cosiddetta «opera multimediale» e i suoi diritti di sfruttamento

Opera multimediale in quanto tale

Opera multimediale quale opera collettiva

Opera multimediale quale «composizione»

Opera multimediale quale «opera derivata»

Il contratto: rimedio a una lacuna normativa

La sempre maggiore concentrazione delle ricerche, e degli istituti internazionali che le promuovono2, sul mercato dell’e-learning e dell’on line rende difficile reperire dati aggiornati sul mercato dell’editoria elettronica off line.

Tale mercato è ormai assestato e stabile e a partire dal 2000 non ha presentato grandi variazioni, sia in Italia che all’estero. Per un’analisi del mercato italiano dell’editoria multimediale ci siamo quindi riferiti ai dati ufficiali del 2002 (che facevano riferimento agli anni precedenti), tenendo conto dei piccoli aggiustamenti che si possono dedurre da ricerche di mercato private o comunque parziali e non ufficiali, in un ambiente che è entrato in una fase di decisa stabilizzazione.

L’Anee e il suo Osservatorio

Il mercato dell’editoria digitale professionale

Il mercato «consumer»

I canali distributivi

I principali editori

I generi editoriali

Gli strumenti di sviluppo per l’editoria elettronica rappresentano un settore molto ampio e in rapida evoluzione, che vede affermarsi in modo continuo paradigmi dominanti capaci spesso di resistere a una concorrenza nuova e agguerrita, salvo poi essere sostituiti.

Dovendo fare una disamina degli strumenti che hanno consentito di realizzare nel tempo i primi CdRom, i primi Wbt, e ora moderni corsi multimediali sia off che on line, è doveroso fare una prima macro divisione tra gli strumenti atti alla realizzazione dell’intero prodotto e quelli per la gestione di media specifici.

1. Software per la gestione del prodotto multimediale

2. Software per il trattamento di media specifici

Parlando di CdRom ci si scontra, innanzitutto, con un’anomalia linguistica. Nell’uso quotidiano, infatti, con lo stesso termine si è soliti indicare tre diversi oggetti: il lettore CdRom, ovvero il dispositivo hardware che permette di leggere il supporto; il supporto stesso, un disco del diametro di circa 12 cm, fatto di alluminio e materiale plastico, con una superficie decorata nei modi più diversi; infine il contenuto di quel supporto, ovvero l’insieme di dati e informazioni in esso memorizzati.

In questo manuale si è centrata l’attenzione sul CdRom inteso come contenuto: combinazione di materiali ipertestuali (dati in formato audio, video e testo) che vanno a creare le applicazioni multimediali, i cosiddetti «prodotti» dell’editoria elettronica. Anche in questa sede ci occuperemo quindi dell’hardware (il lettore) e del supporto (il disco fisico) solo in maniera incidentale, per il rapporto funzionale che necessariamente ha con il contenuto.

Ciò non significa che il «CdRom-supporto» non sia importante: esso ha avuto un ruolo decisivo nello sviluppo delle applicazioni informatiche, sia sul fronte della memorizzazione e scambio dei dati (affermandosi come efficace standard contro la molteplicità dei supporti esistenti), sia come fattore determinante nella diffusione del multimedia presso il grande pubblico. In particolare, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del 2000, il CdRom si è rivelato un contenitore ottimale per i prodotti multimediali, che avevano bisogno di molto spazio per proporre dati in diversi formati: la sua disponibilità è stata determinante nella creazione e nello sviluppo di un mercato del multimedia off line.

Proprio per questo, se è vero che non è il supporto che qualifica il contenuto2, nello stesso tempo è importante capire – almeno per grandi linee – come nasce e si sviluppa tutto ciò che ruota intorno al supporto, dalla produzione industriale del Cd al packaging.

Senza tralasciare di dare uno sguardo anche al Dvd, nuovo standard di memorizzazione, sempre più diffuso per il playback video e non solo.

1. Le fasi della produzione industriale

2. Il «packaging»

3. Il Dvd