Valerio Eletti - Manuale di editoria multimediale
Appendice 3: E-book, e-ink ed e-paper di Katia D’Eramo

La nascita dell’«e-book» e lo sviluppo dei dispositivi di lettura

Già cento anni fa ci si interrogava sul declino della carta stampata. Matteo Cuomo, scrittore napoletano, si chiedeva come sarebbe stato il libro del 2000, e Thomas Edison, l’inventore della lampadina e del fonografo, pronosticava una grande rivoluzione nel campo dei libri: «la carta sarà sostituita da foglietti di nichel, spessi un duemillesimo di millimetro. Un libro avrà uno spessore di due centimetri e potrà contenere quarantamila pagine»16. L’idea del libro elettronico è nata di fatto nel 1968, insieme a quella del personal computer, dalla mente di Alan Kay17 che ideò, nei laboratori del centro di ricerca Xerox a Palo Alto, il primo computer portatile. Il Dinabook, così fu chiamato il prototipo, nella visione di Kay doveva essere piccolo e trasportabile, una sorta di «libro dinamico». Negli anni Settanta questo prototipo ispirò sia i progetti di sviluppo del personal computer dello stesso Kay sia quelli di altri pionieri dell’informatica. Sempre dal Dinabook scaturì, nelle successive interfacce grafiche dei primi Pc, il concetto di «finestre» che si aprono e si chiudono come le pagine di un testo stampato.

Da quel momento in poi, nel progettare dispositivi hardware finalizzati a permettere una confortevole lettura su schermo, si cercano di ottenere le stesse caratteristiche che hanno permesso il successo del libro a stampa, ovvero la maneggevolezza, l’elevata portabilità, la qualità visiva, la resistenza del materiale. La ricerca e lo sviluppo di apparecchi hardware per la lettura è avvenuta lungo tre direttrici18:

1. dispositivi monofunzionali, finalizzati cioè esclusivamente alla lettura e alla consultazione di libri;

2. dispositivi per l’accesso a distanza dell’informazione (news tablet);

3. dispositivi per il personal computing tascabile, come i palmari.

Le prime realizzazioni di congegni hardware dedicati si hanno già negli anni Ottanta.

La Franklin Electronic Publishers realizzò il primo e-book nel 1986. Si trattava di una specie di agenda elettronica, utilizzata per il genere reference, che consentiva di ricercare, ascoltare, consultare e leggere dizionari ed enciclopedie. Il target era prevalentemente quello degli uomini d’affari e dei professionisti. Questo primo esempio di e-book non fu in grado di attrarre l’interesse dei grandi editori, ma il fatturato che generò consentì ugualmente alla Franklin di costruire un piccolo catalogo e di ritagliarsi una precisa nicchia di mercato, senza alcun concorrente fino alla metà degli anni Novanta, quando comparvero i primi computer palmari.

La Sony scese in campo intorno al 1990 con il Data Discman, una sorta di walkman per la conservazione dei dati, ma benché tale dispositivo avesse ottenuto inizialmente un discreto successo in Giappone, le unità del Sony Data Discman vendute nei cinque anni successivi furono 800.000 in tutto.

Questi primi device dedicati non ebbero dunque un grande successo, né sul mercato né presso l’industria libraria. Si trattava del resto di electronic reference book, adatti cioè solo a una lettura breve, tipica della consultazione di un dizionario o di un’enciclopedia. Le aziende che li avevano realizzati non avevano potuto concepirli come strumenti idonei a un tipo di lettura lunga e impegnativa, a causa delle gravi limitazioni imposte dalla tecnologia allora esistente. Tali dispositivi erano penalizzati da schermi di bassa qualità, comandi troppo complessi, batterie di breve durata e il loro design era poco accattivante. Inoltre, non suscitarono l’interesse dei grandi editori, anche perché non offrivano di fatto alcun vantaggio reale all’industria libraria.

Solo a partire dal 1998, anno in cui è stato prodotto dalla Società Nuvomedia il Rocket eBook19, si è assistito a una lieve inversione di tendenza, anche perché solo allora, sulla scia di Internet, nel mercato statunitense prende piede una certa penetrazione del libro elettronico.

Dal 2000 anche in Europa si sono iniziati a produrre nuovi prototipi e a commercializzare quelli già creati in Nord America.

La seconda linea di tendenza, quella dei news tablet20, suscita pareri contrastanti. Alcuni ritengono che sia una strada poco promettente, mentre altri, al contrario, la più proficua in assoluto. C’è infatti chi sostiene che l’intera progettazione e produzione di hardware dei primi dieci anni del Ventunesimo secolo sarà diretta in tal senso.

Al momento, i dispositivi esistenti sono ancora piuttosto costosi e orientati in prevalenza a una fascia di mercato professionale. Ciononostante, i fattori che si riveleranno cruciali per il loro successo e la loro diffusione su larga scala risultano ormai abbastanza chiari, ossia l’implementazione di tecnologie per i display basate sull’impiego di polimeri flessibili21 e la diffusione della connettività wireless.

La terza direttrice, quella del mobile computing, costituisce in un certo senso lo sfondo su cui si va a inserire il fenomeno dell’e-book. La diffusione dei dispositivi mobile è incominciata verso la metà degli anni Novanta e si ritiene che saranno utilizzati su larga scala appena si integreranno con i telefoni cellulari di terza generazione. Sono strumenti multifunzionali, che permetteranno all’utente di svolgere varie operazioni e utilizzare funzioni attualmente deputate ai tradizionali personal, di connettersi alla rete ad alta velocità da qualunque luogo e in ogni momento, grazie all’impiego delle tecnologie di trasmissione wireless, e di leggere un qualsiasi e-book.

In sostanza, in questi ultimi anni stanno maturando gli elementi che consentiranno l’apertura di un mercato reale dell’e-book. I motivi li riassumiamo qui di seguito.

Per prima cosa i notevoli progressi compiuti dal punto di vista della miniaturizzazione e dell’integrazione dei componenti hardware hanno consentito la realizzazione dei computer «tascabili» (i sub-notebook), che ormai sono paragonabili ai tradizionali desktop per funzionalità e capacità, e soprattutto dei dispositivi palmari. In altre parole, grazie a tali sviluppi sono attualmente disponibili una serie di apparecchi, mono o multifunzionali, di gran lunga migliori rispetto ai primi prototipi sotto il profilo dell’ergonomia e della versatilità, in grado di consentire un’esperienza di lettura molto più confortevole rispetto a quella che avviene tramite lo schermo di un personal computer tradizionale.

Contemporaneamente si è avuto un certo sviluppo di sistemi per la creazione, la distribuzione e la fruizione dei contenuti in formato digitale, e la messa a punto di piattaforme tecnologiche per garantire la protezione del copyright dell’opera d’ingegno in versione elettronica (Drm: Digital Right Management), punto quest’ultimo di cruciale importanza per convincere gli editori a rendere disponibili alcuni titoli del loro catalogo in formato e-book.

Infine, si faceva un grande passo avanti con il perfezionamento delle tecniche per la visualizzazione su schermo dei caratteri: le tecnologie di sub-pixel font rendering22, come Cleartype di Microsoft e Cooltype di Adobe.

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I formati di codifica: alla ricerca di uno standard

La questione dei formati di codifica che possono essere adottati in una pubblicazione digitale è una tra le più delicate e importanti che si stanno affrontando in questi ultimi anni, poiché dalla loro scelta dipende sia la capacità di rappresentare in modo esaustivo ogni tipo di contenuto, sia l’accessibilità da parte di chiunque.

Da questo punto di vista il libro tradizionale, pur nella sua estrema variabilità, è uno strumento dotato di un’ottima capacità di rappresentazione del testo, di un’estrema facilità d’uso e, soprattutto, di immediata accessibilità, senza alcun limite di spazio e di tempo.

Al contrario, i documenti in versione elettronica necessitano, per essere fruiti, di specifici dispositivi hardware e software, che spesso si basano su piattaforme e soluzioni tecnologiche incompatibili e sono soggetti a un’obsolescenza rapidissima. I rischi che tutto ciò comporta sono evidenti sia in termini di diffusione universale e di archiviazione a lungo termine del sapere, sia per la nascita e l’affermazione di un mercato dei prodotti culturali in versione elettronica23.

E proprio per risolvere tali problemi si cerca di stabilire e favorire l’adozione di sistemi standard24.

I processi che portano alla creazione di uno standard sono molteplici. A volte una tecnologia sviluppata da un certo produttore è talmente efficiente nello svolgere le funzioni per cui è stata implementata da guadagnare la fiducia e il consenso generale degli utenti, diventando così uno standard de facto; tuttavia una standardizzazione avvenuta in questo modo comporta spesso dei problemi, sia perché richiede lunghi tempi di incertezza, sia perché lo standard così ottenuto, essendo proprietà intellettuale di un singolo produttore, finisce per occupare una posizione di monopolio (tipica è quella della Microsoft), che alla lunga comporta svantaggi commerciali per gli utenti e rallenta lo sviluppo tecnologico. Senza contare poi che la rapida obsolescenza tipica dei prodotti di questo settore può portare in pochi anni alla sostituzione del precedente formato chiuso e proprietario con una nuova tecnologia, rendendo inaccessibili i contenuti digitalizzati fino a quel momento, e imponendo per il loro recupero e la loro preservazione a lungo termine costosi e difficili processi di conversione.

Al contrario iniziative di standardizzazione esplicite, portate avanti da enti pubblici o privati, portano alla creazione di standard sufficientemente stabili. Si creano formati aperti, non implementati e controllati da una singola casa produttrice (attenta principalmente alla tutela dei propri interessi economici), formati che sono il risultato di un pubblico dibattito all’interno di una comunità cui appartengono sviluppatori, studiosi di settore, utenti e, in generale, ogni soggetto interessato.

Attualmente due diversi formati si contendono il primato nel settore dell’e-book: il primo è stato sviluppato dall’Open eBook Forum (Oebf), ente di cui fanno parte importanti aziende informatiche ed editoriali, centri di ricerca e singoli esperti del settore; il secondo è il più noto Pdf (Portable Document Format) realizzato da Adobe.

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L’Open eBook Forum: il formato Oeb

L’unico standard aperto e non proprietario del settore degli e-book è il formato Oeb, sviluppato dall’Open eBook Forum, un’organizzazione internazionale senza scopo di lucro fondata con lo scopo di sviluppare e affermare standard tecnologici e pratiche condivise nel settore dell’e-book25. L’Oebf riunisce società produttrici di hardware e software (tra cui Microsoft, Adobe, Ibm, Gemstar, Franklin Electronic Publishers, Nokia, Palm, Versaware), numerose case editrici (come Time Warner, Random House, McGraw-Hill, HarperCollins, Mondadori e Somedia del Gruppo L’Espresso), enti e associazioni (la Library of Congress, l’Association of American Publishers), centri di ricerca, autori, singoli esperti e utenti.

Il 16 settembre del 1999, l’Open eBook Authoring Group ha rilasciato la versione 1.0 dell’Open eBook Publication Structure Specification26 aggiornata poi negli anni successivi fino alla release 1.2 del 2002. Si tratta di un manuale che definisce il linguaggio di codifica in base al quale rappresentare il contenuto di un libro elettronico, fornendo congiuntamente una serie di raccomandazioni e norme applicative. Il fine con cui tale documento è stato redatto è quello di fornire ai content provider (ossia i fornitori di contenuti, come editori, autori e simili) e ai produttori dei dispositivi di lettura hardware e software, alcune linee guida minime e comuni che assicurino «fedeltà, accuratezza, accessibilità e visualizzazione del contenuto elettronico sulle diverse piattaforme e-book». Si tratta insomma del tentativo di definire uno standard comune, affinché tutti i libri elettronici, da chiunque vengano prodotti, siano leggibili su qualsiasi piattaforma. Grazie alla sua adozione, i fornitori di contenuti potrebbero produrre e-book senza doversi preoccupare delle differenze tecniche esistenti fra i dispositivi di lettura, mentre gli utenti avrebbero la possibilità di accedere a ogni titolo pubblicato in forma digitale, indipendentemente dal programma di visualizzazione che usano o preferiscono.

Lo standard Oeb è stato creato utilizzando la sintassi di Xml27, che consente di generare dei linguaggi di markup, basati cioè sull’uso di tag (o marcatori) che definiscono la struttura logica di un testo contenuto nei documenti elettronici, in modo da segnalare a un browser come deve essere trattata una determinata informazione. Utilizza inoltre i metadati Dublin Core28 per associare al testo codificato le informazioni descrittive e bibliografiche. Per quanto riguarda i contenuti non verbali, attualmente si limita alle sole immagini29.

I vantaggi dell’adozione di tale formato sono evidenti. In primo luogo si tratta di uno standard aperto e non proprietario; inoltre, a differenza del Pdf, che sposa l’idea di una rappresentazione a schermo fedele alla pagina del libro cartaceo, si concentra sulla strutturazione logica del documento. D’altra parte, Oeb è nato esplicitamente per creare un linguaggio di codifica standard con cui rappresentare il contenuto di un libro elettronico su un dispositivo di lettura diverso dalla carta. Se concepiamo l’e-book in tal modo, cioè come un testo in versione digitale da fruire su un apposito device, non si può sapere a priori la grandezza dello schermo su cui l’utente lo leggerà. Per questo motivo è di fondamentale importanza che i contenuti siano organizzati in modo da potersi adattare fluidamente a qualsiasi tipo di dispositivo di lettura senza che ciò comporti alcuna perdita.

Tuttavia non mancano alcuni limiti: l’integrazione di oggetti multimediali è ancora ridotta e non sono stati previsti meccanismi per garantire la protezione del copyright.

Il formato Oeb può essere letto su un normale computer con qualsiasi sistema operativo, tramite un programma di browsing recente (come le versioni 4 o successive di Internet Explorer o Netscape). Tuttavia, questa modalità di visualizzazione è piuttosto scomoda, dato che fa sì che il libro elettronico si legga come una normale pagina web, rinunciando a molte delle caratteristiche proprie dell’interfaccia software di un e-book. Al momento, dispositivi di lettura software in grado di visualizzare direttamente un libro elettronico in formato Oeb sono eMonocle della IONSystems30 e Mentoract Reader della Globalmentor31. Entrambi questi programmi sono realizzati in Java e possono quindi essere utilizzati su diverse piattaforme (Windows, Mac, Linux…) per le quali sia disponibile una Java Virtual Machine. In fase di sviluppo c’è anche un reader prodotto da Libergnu, iniziativa promossa dall’associazione culturale Liber Liber in collaborazione con il progetto GNUtemberg32, nell’intento di aiutare gli sviluppatori e i programmatori, che aderiscono alla linea di pensiero del manifesto GNU di Richard Stallman, a realizzare un software con licenza GNU GPL per creare, manipolare e visualizzare e-book in formato .oeb (o in qualsiasi altro formato comunque libero)33.

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Pdf: il Portable Document Format di Adobe

Il Pdf è un formato di codifica proprietario34 per la rappresentazione e la distribuzione di documenti su supporto digitale, introdotto sul mercato dalla Adobe nel 199435. Gli operatori del settore editoriale che desiderano lavorare con una soluzione professionale estremamente affidabile per la pre-stampa e per la circolazione di documenti on line, utilizzano questo formato già da svariati anni. Il Pdf è inoltre molto diffuso anche nell’intero mondo aziendale, perché rappresenta un ottimo strumento per distribuire contenuti di manualistica e di letteratura tecnica; nel maggio 2000 l’Ansi (l’ente di standardizzazione americano) l’ha approvato come standard.

Tale formato deriva dal PostScript, un linguaggio sviluppato sempre dalla Adobe per la gestione delle stampanti professionali; la sua peculiarità consiste nel mantenere perfettamente i caratteri, la formattazione, i colori e le immagini del documento di origine, indipendentemente dall’applicazione e dalla piattaforma utilizzate per crearlo. Per la visualizzazione l’Adobe ha creato Acrobat Reader, un programma leggero e di facile utilizzo, distribuito gratuitamente e liberamente ridistribuibile, disponibile su varie piattaforme come Windows, Mac Os e Linux.

Inoltre, il formato Pdf supporta in modo nativo un efficiente sistema di cifratura, basato su un metodo di crittografia asimmetrica36 o a doppia chiave. Si tratta di un meccanismo cruciale per proteggere i materiali coperti da copyright pubblicati on line. A tal proposito, è opportuno sottolineare che quando si compra un libro elettronico, quello che in realtà viene acquistato non è tanto il file digitale corrispondente, ma una licenza, che consiste appunto in una chiave software personalizzata, che permette di decrittare il file Pdf cifrato in cui il libro vero e proprio è contenuto. In altre parole, a pagamento effettuato, un piccolo file di decrittazione (Rmf) viene trasferito dal server dell’editore a una directory di sistema del computer del cliente. Il download dell’e-book può infatti avvenire anche indipendentemente dall’acquisto. Tuttavia, trattandosi di un file protetto da crittografia, non può essere visualizzato fino a quando la transazione non è ultimata con il rilascio della relativa licenza dietro pagamento. Facendo un parallelo con il mondo fisico, è come se i libri tradizionali fossero a disposizione di tutti, ma serrati ermeticamente con un lucchetto che si apre solo con una chiave speciale, diversa per ogni copia. Se non la si acquista, il libro è del tutto inutilizzabile. È quindi la coppia di file Pdf/Rmf che rappresenta il documento consultabile vero e proprio. Qualora si verifichi una cancellazione accidentale della licenza, ciò non costituisce un problema, perché Acrobat ne memorizza una copia nella cartella del sistema operativo e, quando si va ad aprire il relativo file Pdf, ricostruisce automaticamente l’Rmf corrispondente.

Il vero problema consiste invece nel fatto che la licenza viene costruita in base a delle caratteristiche ben precise del computer dell’utente, come il numero di serie del processore, oppure del disco rigido, o di entrambi. Ogni volta che si apre l’e-book, la decifrazione avviene «al volo» verificando i numeri di serie dell’hardware prestabilito. Se non sono più gli stessi, l’operazione fallisce. Ciò significa che il libro elettronico può essere letto esclusivamente sul dispositivo fisico tramite cui è stato acquistato. Se vengono cambiate le caratteristiche tecniche in base alle quali la chiave è stata costruita (ad esempio si aggiorna il processore, o l’hard-disk, come comunemente si fa ogni due o tre anni), il libro diventa di nuovo impenetrabile.

Nel complesso il sistema Drm della Adobe risulta piuttosto flessibile nonostante i limiti dovuti alla creazione di chiavi individuali dipendenti dall’hardware installato e dalla sua configurazione. Anche perché la politica delle licenze è in realtà a discrezione dell’editore (o comunque del content provider). È l’editore a decidere dei criteri più o meno restrittivi (ad esempio se rilasciare o meno più chiavi all’utente, oppure se e in quale misura consentire la stampa del documento, il prestito, ecc.).

Inoltre, nel giugno 2002 Adobe ha rilasciato la versione 3.0 di Adobe Content Server, introducendo importanti novità: con l’adozione di tale sistema, le biblioteche possono prestare e distribuire testi in formato Adobe Pdf e i content provider offrire a consumatori e dipendenti abbonamenti digitali a contenuti in formato Adobe Pdf. In sintesi, per quanto riguarda le biblioteche, i libri elettronici sono automaticamente registrati in entrata e in uscita e possono essere integrati con il sistema di catalogazione, semplificandone la gestione. Si possono stabilire a propria discrezione delle licenze di utilizzo, ad esempio che gli e-book scadano dopo un determinato intervallo di tempo. Al termine del prestito, l’e-book viene automaticamente disabilitato dal personal computer del cliente e ritorna nel catalogo della biblioteca. Da parte sua l’utente può, attraverso l’interfaccia web della biblioteca, richiedere e ricevere libri in formato elettronico, scaricarli sul proprio Pc, senza dover restare connesso a Internet per la lettura.

Rispetto allo standard Oeb, il Pdf gode di alcuni indubbi vantaggi. Il più importante è la capacità di integrare contenuti multimediali (come filmati e clip audio), grafica vettoriale e moduli interattivi. Inoltre, possiede una migliore capacità espressiva sia dal punto di vista della grafica sia dell’impaginazione del testo, e supporta anche link ipertestuali con le pagine web (oltre che internamente al documento).

Il limite del Pdf è invece la sua intrinseca rigidità (elemento dal duplice risvolto, visto che è stato anche il motivo principale del suo grande successo), ma soprattutto il fatto che si concentra esclusivamente sugli aspetti formali e presentazionali di un documento, e non sulla sua struttura logica. La sua base è infatti il PostScript, cioè un linguaggio di descrizione della pagina, non del contenuto. La conseguenza è l’incapacità di gestire il page flow in modo dinamico: ciò significa che la distribuzione del testo nelle diverse pagine del documento rimane fissa, anziché adattarsi alle dimensioni e alla risoluzione dello schermo.

Per superare questi problemi sono già disponibili alcuni sistemi (e altri se ne stanno studiando) in grado di associare meta-informazioni ai file Pdf37.

Inoltre, non si tratta di uno standard aperto e pubblico, anche se è diffusissimo in tutto il mondo, ma di un formato chiuso e proprietario, e abbiamo già visto in precedenza i rischi a cui si va incontro in tali casi. Sarebbe auspicabile una compatibilità diretta con lo standard Oeb. Al momento, la conversione dal formato Oeb al formato Pdf continua a richiedere strumenti piuttosto costosi o di difficile utilizzo.

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«E-paper» ed «e-ink»: il futuro?

Nei laboratori della Xerox Parc e del Media Lab di Boston si lavora da svariati anni alla progettazione di supporti veramente rivoluzionari: l’electronic paper e l’electronic ink. L’idea di fondo di queste ricerche è riuscire a realizzare un supporto di visualizzazione flessibile, leggero e sottile come la carta vera e propria, ma in grado di svolgere tutte le funzioni di output visivo proprie dei normali monitor a tubo catodico o a cristalli liquidi. In poche parole, si punta a realizzare una specie di foglio riscrivibile all’infinito, dotato per di più di tutte le qualità tattili della carta vera e propria.

Queste tecnologie sono in parte già disponibili sul mercato, ma alcuni limiti tecnici e il loro costo ancora eccessivo le rendono inadatte a porsi per il momento come validi sostituti agli schermi tradizionali.

La storia dell’e-paper38 inizia negli anni Settanta, quando a Palo Alto Nick Sheridon incominciò a studiare delle soluzioni alternative ai monitor per visualizzare gli output di un computer. Tuttavia le sue idee furono messe da parte dai dirigenti della Xerox fino ai primi anni Novanta, periodo in cui si è riacceso l’interesse per la carta elettronica.

Un foglio di e-paper si basa sulla tecnologia Gyricon: si tratta di un sottile strato di plastica trasparente, che utilizza minuscole sfere, per metà di un colore chiaro e per metà scuro (ad esempio bianco e nero, o bianco e rosso), caricate elettricamente. Applicando una corrente elettrica, esse ruotano in un verso o in un altro. L’effetto di molte sfere permette di visualizzare forme, e quindi caratteri, che resteranno impressi sul foglio finché non viene applicato un nuovo voltaggio. Finora sono stati messi a punto alcuni prototipi capaci di visualizzare testo e immagini in bianco e nero, sia in modo semi-permanente, tramite una sorta di stampante che carica elettricamente i fogli di e-paper, sia in modo dinamico, funzionanti cioè come veri e propri monitor di Pc. In sostanza un foglio Gyricon è elettricamente scrivibile e cancellabile, può essere riutilizzato migliaia di volte e opera con poca energia39.

Nello stesso periodo in cui alla Xerox sono riprese le ricerche sull’e-paper, al Media Lab il fisico Joseph Jacobson ha iniziato a lavorare a un progetto di inchiostro elettronico (e-ink)40. Dopo mille difficoltà tecniche, insieme ai suoi collaboratori è riuscito a sviluppare un prototipo perfettamente funzionante.

L’e-ink è costituito da milioni di microcapsule, riempite di liquido blu e avvolte da un involucro trasparente. Nel liquido sono immerse delle microscopiche particelle bianche, caricate positivamente. Le microcapsule sono inserite fra due strati, di cui uno trasparente. Applicando un opportuno potenziale elettrico a ogni singola microcapsula, si possono generare delle forme bianche su sfondo blu e viceversa.

La società di sviluppo del prodotto41 guidata da Jacobson, sulla quale hanno investito aziende informatiche del calibro di Ibm e Lucent, ha già commercializzato i primi prodotti basati sull’e-ink: si tratta di grandi cartelloni pubblicitari controllati a distanza grazie a un apparato di comunicazione wireless.

Le applicazioni pratiche di queste tecnologie sono per il momento abbastanza circoscritte, ma la ricerca mira a realizzare fogli di carta elettronica ad alta definizione e a colori. Molti esperti pronosticano che nel giro di una decina di anni l’e-paper sostituirà la carta tradizionale nella maggior parte delle sue funzioni. Arriveremo molto probabilmente a possedere giornali, libri, riviste, costituiti da alcuni fogli di carta elettronica, in grado di visualizzare testi, immagini, video e di collegarsi alla rete in modalità wireless42.

Dispositivi di questo genere, quando arriveranno allo stadio della distribuzione commerciale, forniranno ai testi elettronici un’interfaccia di lettura molto simile a quella del libro a stampa. Con un ulteriore vantaggio, rappresentato dal risparmio dei consumi: mentre un tradizionale monitor consuma energia senza interruzione per mantenere le informazioni in video, tecnologie come l’e-ink e l’e-paper consumano energia solo quando si carica nuova informazione (in sostanza, solo quando «si cambia pagina»), aumentando così notevolmente l’autonomia del dispositivo di lettura.

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In appendice e a complemento del corpo del manuale, presentiamo una raccolta di saggi e contributi specialistici dedicati ad alcuni aspetti sia tecnici che teorici dell’editoria multimediale, aspetti che non potevano trovare spazio – per la loro specificità – tra gli argomenti di base della prima e della seconda parte del libro.

I temi proposti in questa «terza parte» del manuale vengono dati in forma digitale per poter essere facilmente e velocemente aggiornati, visti gli argomenti trattati, che sono gli stessi dei seminari – scelti fra quelli più preziosi e interessanti – tenuti negli ultimi anni a completamento delle lezioni di Editoria multimediale all’università, sia nei corsi di laurea che nei master e nei corsi speciali. Gli autori dei saggi sono o sono stati collaboratori dell’autore, o esperti che hanno portato ai corsi il proprio contributo sugli argomenti che affrontano per iscritto nelle pagine che seguono.

Come si può facilmente capire dai titoli, i saggi di approfondimento sono suddivisi in diverse aree di interesse.

Agli aspetti tecnici della produzione multimediale sono dedicati gli approfondimenti sul software di sviluppo (App. 7), la produzione industriale dei CdRom (App. 8), la usability (App. 4) e il diritto d’autore per le opere digitali (App. 5).

Sul fronte opposto, puramente teorico, si colloca invece l’interessante riflessione sulle conseguenze dell’introduzione della dimensione tempo nella pagina scritta (App. 1).

L’analisi degli sviluppi in corso o a breve-medio termine è affidata ai saggi su print on demand (App. 2), e-book (App. 3) e sul mercato dell’editoria ipermediale (App. 6).

Naturalmente, per loro stessa natura, questi saggi non richiedono una lettura sequenziale, ma possono essere utilizzati come luoghi di approfondimento degli argomenti trattati nel corpo del manuale (nel corso del quale vengono esplicitamente richiamati) oppure possono essere selezionati secondo i propri specifici interessi. Esattamente come avviene per i seminari in un qualunque corso universitario.

La superficie degli ipertesti è da qualche anno percorsa da immagini, parole, forme in movimento. La quarta dimensione della rappresentazione, il tempo, entra a far parte della pagina web. L’affermazione di nuovi software di editing quali Macromedia Flash e Director2 ha reso, oltretutto, più semplice e frequente l’introduzione di elementi animati.

Il layout dell’ipertesto cessa d’ispirarsi solo alla metafora della «messa in pagina», ereditata dalla stampa cartacea, per assomigliare sempre più a una «messa in scena» audiovisiva, «teatrale», il prodotto di una programmazione «registica» degli eventi multimediali.

Il testo scritto e l’immagine continuano, comunque, a essere i principali strumenti espressivi presenti nell’ipertesto e sono, quindi, proprio queste due tecniche discorsive ad andare incontro alle più considerevoli rivoluzioni estetiche e funzionali.

La fruizione su schermo subisce di conseguenza importanti alterazioni, poiché si modifica lo stesso modo di concepire la lettura.

È necessario dunque fare il punto della situazione tentando una descrizione della nuova configurazione assunta dall’espressione su schermo, e osservare più in generale che ripercussioni abbia l’introduzione del tempo nella comunicazione digitale.

Una riflessione del genere è necessaria per capire se l’introduzione del movimento rappresenti effettivamente una svolta fruttuosa nelle tecnologie espressive e comprendere, quindi, se stiamo assistendo alla nascita di un nuovo linguaggio.

L’esigenza di descrivere la nuova realtà della grafica ipertestuale giustifica di per sé questo tentativo di porre un ordine nella babele di opinioni riguardanti l’uso dei programmi per l’animazione multimediale, attraverso un punto di vista alternativo, nato dalla miscela di molteplici approcci3 e focalizzato essenzialmente sul rapporto tra l’estetica e la funzione del testo, tra sensibile e intelligibile.

Le linee guida di questo cambiamento si snodano, a nostro avviso, su due versanti principali:

– lo statuto della scrittura e dell’immagine si modifica, così come varia il rapporto instauratosi tra le due forme testuali nei mezzi di comunicazione precedenti;

– l’espressione ipertestuale stessa subisce delle importanti modifiche sul piano espressivo e concettuale.

Per affrontare con cognizione di causa un argomento così nuovo, vediamo prima una breve storia della scrittura e dell’immagine, mettendo in luce le peculiarità di ciascun formato, le trasformazioni che hanno subito nei mezzi del passato, per mostrare infine come le innovazioni che le contrassegnano siano frutto di un curioso equilibrio tra tradizioni e novità, tra passato e futuro.

Allargando lo sguardo dalle componenti minime della schermata all’ipertesto nella sua interezza, studieremo le funzioni del movimento rispetto alle strategie di comunicazione dei suoi artefici, osservando come questo contribuisca alla manifestazione della struttura concettuale del testo e come agevoli l’orientamento del suo fruitore.

Dal tempo allo spazio. La scrittura e l’immagine

Estetica della scrittura e dell’immagine in movimento

La funzionalità del movimento nelle pagine web

Il nuovo tempo dell’ipertesto

Il print on demand, o stampa digitale a richiesta (spesso riportato con lo pseudoacronimo PonD), è una tecnica di produzione e distribuzione libraria che consente la digitalizzazione e la stampa di un testo dove necessario, nell’esatta quantità, e nella qualità richiesta: ciò rappresenta una vera e propria rivoluzione rispetto alle tecniche tradizionali.

La razionalizzazione produttiva

Le applicazioni potenziali del print on demand

L’utilizzo del PonD nell’editoria accademica

L’espressione «libro elettronico» (o il più diffuso anglismo «e-book») ad oggi non ha ancora assunto un significato univoco. In alcuni casi l’accento è posto sul contenuto in forma digitale2, in altri sulla possibile sperimentazione di nuove forme di testualità, grazie alle peculiari caratteristiche di multimedialità3 e di interattività4 associabili ai testi in formato elettronico; talvolta si sottolinea l’importanza del web come canale privilegiato di distribuzione, talvolta invece l’idea di e-book sembra presupporre la disponibilità del testo anche in forma cartacea5. Nel documento A framework for the Epublishing Ecology, redatto dall’Open eBook Forum, si afferma che il libro elettronico è «un’opera letteraria sotto forma di oggetto digitale, costituito da uno o più identificatori dello standard utilizzato, i relativi metadati e un corpo monografico di contenuti, da pubblicare e da fruire con dispositivi elettronici»6. Tale definizione sottolinea così l’importanza di un’organizzazione monografica del testo e della presenza di metadati descrittivi7.

L’evidente difficoltà che emerge quando si cerca di esplicitare il significato dell’espressione «libro elettronico» è segno della novità del fenomeno, fenomeno che sfugge a griglie logiche e strumenti concettuali tradizionali. Fino a tutto il 1998, in Italia l’espressione «e-book» non era di uso frequente, in quanto l’editoria elettronica veniva identificata tout court con l’editoria off line e i CdRom. Le cose iniziano a cambiare solo a partire dal 2000, quando gli operatori del settore si trovano a riabilitare formule di produzione e di distribuzione dei contenuti precedentemente scartate per la mancanza di alcuni presupposti tecnologici necessari alla loro implementazione e di un potenziale di utenti Internet sufficientemente ampio8.

La novità dell’e-book è testimoniata anche dalle oscillazioni ortografiche nell’articolazione del suffisso «e» con il sostantivo «book»: a volte si legge e-book, altre ebook, oppure eBook, o ancora Ebook; in questo contesto scegliamo di adottare la variante «e-book» e lo intendiamo come «un’opera letteraria monografica pubblicata in forma digitale e consultabile mediante appositi dispositivi informatici»9. Le espressioni e-publication (pubblicazione elettronica) ed e-text (testo elettronico) si usano invece rispettivamente con riferimento a opere di qualsiasi genere pubblicate in versione digitale e alle prime forme di testi di pubblico dominio, in formato Ascii10 o Html11, memorizzate e contenute all’interno di biblioteche e archivi on-line12, consultabili da qualsiasi utente attraverso un normale programma di browsing.

In realtà, come abbiamo sottolineato in apertura, l’utilizzo della parola e-book, nella vasta pubblicistica a esso dedicata, si allarga spesso fino a identificare il libro elettronico con il supporto hardware che veicola il testo (l’e-book reader device), o con il dispositivo di lettura software che consente l’accesso e la visualizzazione dell’opera in formato elettronico (l’e-book reader). Altre volte ancora invece il termine è stato utilizzato con riferimento al contenuto che viene conservato nella memoria del lettore hardware e visualizzato sul suo schermo grazie a un apposito software, oppure per indicare una pubblicazione su supporto digitale di qualsiasi genere e in qualunque formato, inclusi i normali file Word, Html, Ascii, Pdf.

D’altra parte questa polivalenza semantica caratterizza anche il termine «libro», che nel linguaggio comune può essere impiegato sia per indicare il contenuto, sia per indicare l’oggetto fisico che lo veicola. La medesima ambiguità si riscontra d’altra parte anche nell’uso del termine «testo». Ma, quale che sia la causa di questa indeterminazione del linguaggio (dovuta forse al fatto che da svariati secoli, nella cultura occidentale, il contatto con un testo avviene sempre tramite il supporto materiale mediante cui vi accediamo e sul quale viene visualizzato), riteniamo opportuno far notare che forse il contenuto e il dispositivo che lo veicola, pur avendo due significati distinti, non sono così indipendenti come potrebbe sembrare a una prima considerazione. Spesso il testo è strettamente legato alle caratteristiche fisiche del supporto su cui verrà rappresentato visivamente e alle sue procedure di produzione materiale.

Perché si possa parlare propriamente di e-book, bisogna associare il contenuto digitale alla dimensione pragmatica dell’interfaccia e della modalità di lettura13. I dispositivi hardware per la visualizzazione dei testi dovrebbero essere il più possibile simili al libro a stampa per peso, dimensioni, portabilità, maneggevolezza, praticità, facilità d’uso e qualità visiva dello schermo.

Tenendo conto di questa premessa, possiamo complessivamente definire l’e-book come «un testo elettronico unitario, ragionevolmente esteso e compiuto (monografia), opportunamente codificato e accompagnato da meta-informazioni descrittive, accessibile mediante appositi dispositivi hardware e software che consentano un’esperienza di lettura comoda e agevole e diano accesso a tutte le capacità di organizzazione testuale proprie della cultura del libro». Al tempo stesso, l’e-book andrebbe a integrare tali proprietà con quelle offerte dalla versione digitale di un testo, in termini di eventuale14 arricchimento del contenuto con elementi multimediali e ipertestuali, di possibilità di reperimento nonché di aggiornamento on line qualora sia necessario, di ricerca rapida, e così via. Per questo motivo sono da escludere dalla categoria degli e-book sia i testi elettronici che possono essere letti solo sul computer da scrivania, interfaccia di lettura scomoda e poco ergonomica, sia quelli destinati alla stampa su carta, come nel print on demand. In quest’ultimo caso, infatti, i testi elettronici fungono da supporto di trasferimento dell’informazione, ma l’interfaccia di lettura dell’utente finale è pur sempre il libro a stampa15.

La nascita dell’«e-book» e lo sviluppo dei dispositivi di lettura

I formati di codifica: alla ricerca di uno standard

L’Open eBook Forum: il formato Oeb

Pdf: il Portable Document Format di Adobe

«E-paper» ed «e-ink»: il futuro?

Cosa vuol dire creare un prodotto usabile? Vuol dire creare un prodotto il cui utilizzo risulti efficace, soddisfacente e piacevole per l’utente.

Per creare un prodotto con queste caratteristiche si dovrà tenere conto delle specificità degli utenti che andranno a utilizzarlo, dei loro bisogni, capacità, desideri e del contesto d’uso. Si dovranno cioè prevedere e svolgere una serie di attività durante il ciclo di progettazione e implementazione di un titolo di editoria multimediale che coinvolgano in ogni fase l’utente: dal concept del prodotto fino alla validazione dell’interfaccia e dell’architettura informativa.

Ciò permetterà di costruire un’esperienza di fruizione positiva e soddisfacente; fattore chiave per il successo di un titolo ipermediale.

Un prodotto che permette all’utente di soddisfare i propri bisogni e i propri desideri senza stress aumenta la soddisfazione, la qualità percepita dall’utilizzatore e la fiducia nel brand, dato che diminuisce il tempo di apprendimento, di esecuzione delle attività e di richiesta di assistenza; un prodotto percepito come affidabile e di qualità aumenterà la propria credibilità e le proprie vendite, diminuendo conseguentemente i costi di assistenza post-vendita. L’attenzione all’usabilità non è dunque un costo per un editore ma un investimento.

1. Cos’è l’usabilità

2. I tre settori dell’usabilità

3. Principi del buon design10

4. I cinque aspetti della «usability»11

5. I principi di usabilità12

6. Il processo «user centered»

7. Valutazione di usabilità: metodi sperimentali e metriche14

 

Introduzione: un po’ di storia

Diritto d’autore e copyright: dall’editoria su carta a quella multimediale

Il diritto morale

I diritti connessi

Le libere utilizzazioni

Termini di protezione del diritto d’autore

La legge di riconoscimento del software e delle banche dati

La cosiddetta «opera multimediale» e i suoi diritti di sfruttamento

Opera multimediale in quanto tale

Opera multimediale quale opera collettiva

Opera multimediale quale «composizione»

Opera multimediale quale «opera derivata»

Il contratto: rimedio a una lacuna normativa

La sempre maggiore concentrazione delle ricerche, e degli istituti internazionali che le promuovono2, sul mercato dell’e-learning e dell’on line rende difficile reperire dati aggiornati sul mercato dell’editoria elettronica off line.

Tale mercato è ormai assestato e stabile e a partire dal 2000 non ha presentato grandi variazioni, sia in Italia che all’estero. Per un’analisi del mercato italiano dell’editoria multimediale ci siamo quindi riferiti ai dati ufficiali del 2002 (che facevano riferimento agli anni precedenti), tenendo conto dei piccoli aggiustamenti che si possono dedurre da ricerche di mercato private o comunque parziali e non ufficiali, in un ambiente che è entrato in una fase di decisa stabilizzazione.

L’Anee e il suo Osservatorio

Il mercato dell’editoria digitale professionale

Il mercato «consumer»

I canali distributivi

I principali editori

I generi editoriali

Gli strumenti di sviluppo per l’editoria elettronica rappresentano un settore molto ampio e in rapida evoluzione, che vede affermarsi in modo continuo paradigmi dominanti capaci spesso di resistere a una concorrenza nuova e agguerrita, salvo poi essere sostituiti.

Dovendo fare una disamina degli strumenti che hanno consentito di realizzare nel tempo i primi CdRom, i primi Wbt, e ora moderni corsi multimediali sia off che on line, è doveroso fare una prima macro divisione tra gli strumenti atti alla realizzazione dell’intero prodotto e quelli per la gestione di media specifici.

1. Software per la gestione del prodotto multimediale

2. Software per il trattamento di media specifici

Parlando di CdRom ci si scontra, innanzitutto, con un’anomalia linguistica. Nell’uso quotidiano, infatti, con lo stesso termine si è soliti indicare tre diversi oggetti: il lettore CdRom, ovvero il dispositivo hardware che permette di leggere il supporto; il supporto stesso, un disco del diametro di circa 12 cm, fatto di alluminio e materiale plastico, con una superficie decorata nei modi più diversi; infine il contenuto di quel supporto, ovvero l’insieme di dati e informazioni in esso memorizzati.

In questo manuale si è centrata l’attenzione sul CdRom inteso come contenuto: combinazione di materiali ipertestuali (dati in formato audio, video e testo) che vanno a creare le applicazioni multimediali, i cosiddetti «prodotti» dell’editoria elettronica. Anche in questa sede ci occuperemo quindi dell’hardware (il lettore) e del supporto (il disco fisico) solo in maniera incidentale, per il rapporto funzionale che necessariamente ha con il contenuto.

Ciò non significa che il «CdRom-supporto» non sia importante: esso ha avuto un ruolo decisivo nello sviluppo delle applicazioni informatiche, sia sul fronte della memorizzazione e scambio dei dati (affermandosi come efficace standard contro la molteplicità dei supporti esistenti), sia come fattore determinante nella diffusione del multimedia presso il grande pubblico. In particolare, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio del 2000, il CdRom si è rivelato un contenitore ottimale per i prodotti multimediali, che avevano bisogno di molto spazio per proporre dati in diversi formati: la sua disponibilità è stata determinante nella creazione e nello sviluppo di un mercato del multimedia off line.

Proprio per questo, se è vero che non è il supporto che qualifica il contenuto2, nello stesso tempo è importante capire – almeno per grandi linee – come nasce e si sviluppa tutto ciò che ruota intorno al supporto, dalla produzione industriale del Cd al packaging.

Senza tralasciare di dare uno sguardo anche al Dvd, nuovo standard di memorizzazione, sempre più diffuso per il playback video e non solo.

1. Le fasi della produzione industriale

2. Il «packaging»

3. Il Dvd