Introduzione
Questo libro studia le conseguenze che l’attacco terroristico dell’11 settembre 2001
ha avuto sulla religione americana, una religione civile fondata sulla credenza che
gli Stati Uniti siano una nazione sorta per un disegno della provvidenza, con la missione
di difendere e diffondere nel mondo la «democrazia di Dio». Con questa espressione
intendo definire la concezione americana della democrazia, che ha una matrice religiosa
e costantemente si ispira alla religione, sostenendo che la libertà è un dono di Dio.
Dall’epoca del primo presidente George Washington, tutti i presidenti degli Stati
Uniti hanno concluso i loro discorsi inaugurali invocando la benedizione di Dio sull’America,
e nessun presidente ha omesso di citare almeno una volta la fede nell’Onnipotente,
nell’origine divina della democrazia americana, nella missione provvidenziale degli
Stati Uniti. Il presidente americano non è solo il capo politico della nazione, ma
è anche il pontefice della sua religione civile. Per comprendere la politica americana
è utile studiare la religione americana, e ciò specialmente dopo l’11 settembre, anche
se il compito non è facile per un osservatore europeo, il quale deve far fronte a
varie situazioni, derivanti in gran parte dalla simbiosi fra religione e politica,
che possono apparire paradossali.
Gli Stati Uniti sono un paese di paradossi. Forse il più paradossale dei paradossi
americani è l’alto grado di fervore religioso, che distingue il popolo della repubblica
stellata da altri popoli dei paesi più industrializzati e modernizzati nel mondo contemporaneo,
mentre nei loro confronti gli americani vantano il primato di aver sancito e rispettato
il principio laico della separazione fra lo Stato e la Chiesa. Dopo il 2000, tuttavia,
molti americani, sia laici che religiosi, temono che il «muro di separazione» fra
lo Stato e la Chiesa, secondo la metafora di Thomas Jefferson, possa essere gravemente
lesionato dagli attacchi di una destra religiosa, che ha trovato nel presidente George
W. Bush, eletto nel 2000 e rieletto nel 2004, un capo politico deciso a infondere
nella società, nella cultura, nelle istituzioni e nella politica interna ed estera
degli Stati Uniti, i valori di una visione religiosa tradizionalista, conservatrice
e integralista. In realtà, come risulterà evidente da questo libro, il «muro di separazione»
fra Stato e Chiesa non ha mai separato la religione e la politica, che negli Stati
Uniti hanno sempre vissuto in simbiosi, con il pieno consenso della maggioranza della
popolazione. La quasi totalità degli americani si professa cristiana, ma gli Stati
Uniti, divenuti nel Ventesimo secolo la più grande potenza imperiale della storia
umana, la più ricca economicamente e la più forte militarmente, non rappresentano
la realizzazione delle Beatitudini predicate da Gesù nel Discorso della Montagna.
Inoltre, fino al 1960, nessun candidato cattolico aveva la possibilità di essere eletto
presidente. Fino al 2000, nessun ebreo era stato proposto come candidato alla vicepresidenza.
Tutti i presidenti americani eletti finora hanno professato una fede in Dio, e appare
impossibile, ai giorni nostri, e prevedibilmente lo sarà ancora per molto tempo, l’elezione
di un ateo alla presidenza degli Stati Uniti. La maggioranza degli americani sarebbe
oggi disposta ad eleggere alla massima carica dello Stato un cattolico, un ebreo,
una donna, e forse anche un nero o un omosessuale: ma rifiuterebbe assolutamente di
votare per chi si professasse ateo, anche se la maggior parte degli americani è convinta
che per essere un buon americano o una persona moralmente a posto non è necessario
credere in Dio. Anche questo è un paradosso americano.
A questi paradossi si è aggiunta la tragedia dell’11 settembre. La nazione vincitrice
di due guerre mondiali e della Guerra fredda, nel momento stesso in cui è divenuta
l’unica e incontrastata superpotenza del pianeta, è aggredita, terrorizzata e umiliata,
nel cuore del suo territorio, da diciannove giovani fanatici musulmani, i quali, armati
di taglierini, sequestrano quattro aerei americani, e, invocando il nome di Dio, si
scagliano in un attacco suicida contro il massimo simbolo della possanza militare
degli Stati Uniti, il Pentagono, e contro le torri gemelle del World Trade Center,
emblemi universali della civiltà americana. C’è chi sospetta oggi che tutto quello
che è accaduto l’11 settembre in America sia il frutto di un complotto ordito ai vertici
dell’amministrazione Bush. Questo libro non si occupa della storia dell’11 settembre
né di complotti, ma del modo in cui gli americani credenti in Dio hanno reagito all’attacco
terroristico.
All’alba del Ventunesimo secolo, la nazione americana si è trovata a vivere improvvisamente
e simultaneamente nell’era dell’impero e del terrore, scoprendo di essere vulnerabile,
pur essendo protetta da due oceani e da un apparato militare, il più possente nella
storia dell’umanità, che non ha rivali nel mondo. Ma l’attacco terroristico dell’11
settembre non ha prodotto soltanto un profondo trauma psicologico e uno sconvolgimento
politico: ha coinvolto anche la coscienza religiosa degli americani, cioè il loro
atteggiamento verso Dio, il significato e il fine dell’esistenza, la visione del bene
e del male. Milioni di americani sgomenti affollarono le chiese, le sinagoghe, le
moschee, i templi, cercando di alleviare con la preghiera il dolore e la paura. Molti
si domandarono se Dio aveva abbandonato l’America. Alcuni predicatori fondamentalisti
sentenziarono che l’attacco terroristico era un segno, che Dio aveva tolto al popolo
americano la sua protezione per punirlo dei suoi peccati. Invece, il presidente degli
Stati Uniti dichiarò che l’America era una nazione buona, aggredita da uomini malvagi,
che volevano distruggere la democrazia di Dio per instaurare l’impero del male. Bush
dichiarò la «guerra al terrore» per liberare il mondo dal male, invocando la benedizione
di Dio sul popolo americano, chiamato ancora una volta a combattere, come era avvenuto
nel secolo precedente, per la salvezza dell’umanità. I terroristi vogliono distruggere
l’America in nome di Dio, il presidente americano ha iniziato la guerra contro l’«asse
del male» sostenendo che Dio è dalla parte dell’America, e la nazione americana combatte
il terrorismo per assecondare i disegni della provvidenza. Anche questa è una situazione
paradossale.
La fusione tra religione e nazionalismo è una delle caratteristiche peculiari della
democrazia di Dio. La tragedia dell’11 settembre ha prodotto un’inaspettata effervescenza
di sentimento religioso e di sentimento patriottico, in un momento in cui molti intellettuali
americani, di destra e di sinistra, lamentavano la crisi morale della nazione e temevano
per la sua unità. Da oltre un decennio la religione civile negli Stati Uniti sembrava
ridotta ad un rituale senza fervore; dopo l’11 settembre c’è stato un suo improvviso
risveglio e principale protagonista ne è stato il presidente Bush, uno dei più religiosi
fra i presidenti americani: come tale egli è protagonista di questo libro.
Il tema centrale del libro è il tentativo della presidenza repubblicana e della destra
religiosa di trasformare la religione civile americana in una religione politica «all’americana»,
utilizzando la tragedia dell’11 settembre per arrogarsi il monopolio della definizione
del bene e del male e l’esclusiva prerogativa di definire i valori e i principi del
«vero americano», promuovendo la rinascita dei miti della religione civile, dal mito
del popolo eletto al mito del «destino manifesto» della nazione missionaria, secondo
una visione tradizionalista e integralista della religione e della politica. Si tratta
di un’esperienza nuova di sacralizzazione della politica, che ha suscitato critiche
e opposizioni di laici e di religiosi, provocando un appassionato dibattito sulla
natura, il significato e la funzione della religione civile in una democrazia. Anche
i critici e gli oppositori della religione americana, nell’era dell’impero e del terrore,
sono i protagonisti di questo libro.
Da questo punto di vista, il libro prosegue l’analisi sulle religioni civili e le
religioni politiche nell’era contemporanea, svolta nel volume Le religioni della politica. Fra democrazie e totalitarismi, pubblicato da Laterza nel settembre 2001. La coincidenza fra la pubblicazione di
Le religioni della politica e la tragedia dell’11 settembre, per quanto accidentale, ha contribuito alla genesi
di questo libro, frutto di un’esigenza intellettuale e di un’emozione personale. Da
tempo stavo studiando la religione americana, cioè da quando mi accorsi della sua
esistenza non attraverso i libri ma per esperienza diretta, durante i primi soggiorni
negli Stati Uniti, nel 1974 e nel 1976. Negli anni successivi, durante altri soggiorni
per vacanza, studio o insegnamento, la religione americana è stata per me un importante
oggetto di osservazione, essendo una delle prime e più durature esperienze di sacralizzazione
della politica in una democrazia occidentale. Uno di questi soggiorni terminò la mattina
del 10 settembre 2001, dopo la partecipazione ad un convegno sull’opera storica di
George L. Mosse, organizzato dal Mosse Program nell’Università del Wisconsin a Madison.
Era mia intenzione, alla vigilia del ritorno in Italia, fare una sosta a New York,
ma non fu possibile. Il giorno successivo, al rientro in Italia, vidi in televisione
l’attacco terroristico e le sue conseguenze. Se mi fossi fermato a New York forse
avrei avuto la sorte di essere un testimone, una vittima o un sopravvissuto dell’attacco
terroristico. Infatti, per oltre un quarto di secolo, ho avuto l’abitudine di andare
sull’Empire State Building la sera dell’arrivo, e la mattina successiva su una delle
due torri del World Trade Center, per salutare la città cui sono affezionato perché
nel Novecento vi aveva vissuto per oltre cinquant’anni il nonno materno, emigrante
divenuto cittadino americano, figlio di un emigrante italo-americano, che è stato
progenitore di famiglie di americani di origine italiana giunte alla terza o alla
quarta generazione. Durante l’infanzia, nella mia immaginazione, New York e l’America
erano costantemente presenti, attraverso i ricordi, i pacchi, le lettere, le cartoline
illustrate, le foto, le riviste, e, senza esserci mai stato, mi erano più familiari
dell’Italia o di Roma. Di conseguenza, ho sempre provato nei confronti degli Stati
Uniti e degli americani un’istintiva simpatia, che si è trasformata con gli anni in
esigenza di conoscenza e di comprensione.
Questo accenno personale intende avvertire il lettore che il libro non è solo frutto
di curiosità intellettuale, ma reca l’impronta di un coinvolgimento emotivo nella
tragedia dell’11 settembre. L’emozione ha certamente influito sul modo in cui ho condotto
questa indagine, ma mi sono sforzato di impedire alla simpatia di condizionare il
tentativo di un’analisi storica, critica e razionale, dei miti della religione americana,
nella loro tradizione e nella loro attualità, per meglio comprendere l’America di
oggi e del prossimo futuro. Giudicherà il lettore se tale sforzo ha avuto successo.
E.G.
Scrivere un libro è forse l’unica circostanza in cui è gradevole far debiti ed è gradevole
ripagarli, sia pure in modo inadeguato. In queste pagine è vivo il ricordo di Phil
Cannistraro, che nel corso degli anni, e fin quasi alla vigilia della sua prematura
scomparsa, con la sua cultura, la sua esperienza e i suoi consigli, mi ha aiutato
a studiare la religione americana, aspettando con curiosità il risultato finale, che
è stato raggiunto senza il conforto del suo giudizio; resterà invece senza risultato
un’immaginaria biografia parallela di Benito Mussolini e Adolf Hitler emigranti a
New York, che avevamo iniziato casualmente a scrivere, concedendoci il divertimento
di una storia finta, per distaccarci ogni tanto dalla tristezza della storia vera.
Gran debito ho verso Maria Fraddosio e John Tortorice, i quali, senza mai perdere
la pazienza e con affettuosa partecipazione, mi hanno dato un aiuto prezioso nella
ricerca di libri e articoli, arricchendola con la loro personale curiosità. Dopo aver
letto il manoscritto, Stanley Payne, con consenso, e Walter Adamson, con dissenso,
mi hanno dato utili suggerimenti per riflettere su giudizi e interpretazioni che essi
non condividevano: di ciò li ringrazio, esonerandoli naturalmente da qualsiasi responsabilità
per il contenuto del libro. Ho discusso molto sulla religione civile americana con
Mark Silk, e il mio debito nei suoi confronti è cresciuto dopo che ha letto e commentato
il manoscritto: devo inoltre alla sua amichevole insistenza se sono riuscito a concludere
il libro. A ciò ha contribuito anche Marina Cattaruzza, con l’amicizia, la fiducia
e la sensibilità per lo studio delle religioni della politica.
Nel corso degli anni, parte delle ricerche per questo volume sono state rese possibili
dai finanziamenti 60 per cento del Murst. Il maggior sostegno finanziario mi è stato
offerto dall’Università di Berna, con il conferimento dello Hans Sigrist Prize 2003.
Un ringraziamento particolare va ai direttori e funzionari delle biblioteche dove
ho svolto gran parte delle ricerche: la Memorial Library of the University of Wisconsin,
la Wisconsin Historical Society, la New York Public Library, la Biblioteca della
Camera dei Deputati, la Biblioteca del Senato della Repubblica, la Biblioteca Alessandrina,
la biblioteca del Dipartimento di Studi politici nella facoltà di Scienze politiche
dell’Università di Roma «La Sapienza». I periodi di studio negli Stati Uniti come
First Visiting Scholar del Mosse Program, presso l’Università di Madison (Wisconsin),
e come Distinguished Visiting Fellow del Leonard E. Greenberg Center for the Study
of Religion in Public Life presso il Trinity College ad Hartford, sono stati i più
proficui per lo studio e l’osservazione della religione americana, prima e dopo l’11
settembre: ad entrambe le istituzioni, la mia gratitudine per avermi dato l’opportunità
di lavorare in un ambiente propizio alla ricerca.