Prima della basilica
La basilica di San Paolo fu edificata lungo la via Ostiense, sul luogo presso il quale
la tradizione indicava essere stato sepolto l’apostolo successivamente al suo martirio,
avvenuto alle Acque Salvie sulla via Laurentina1. Il luogo della sepoltura, prima della costruzione della chiesa, era segnalato da
un tropaion, del quale non conosciamo le fattezze, la cui esistenza, intorno al 200 d.C., è testimoniata
dal presbitero Gaio2. Esso si trovava al III miglio della via Ostiense – a circa 2 chilometri a sud di
porta San Paolo – in un’area pianeggiante compresa tra l’ansa del Tevere e la pendice
occidentale della collina della Garbatella, poi rinominata «rupe di san Paolo»3. Questa zona, presso cui sorgeva anche una grande villa suburbana4, a partire dall’età mediorepubblicana5 fu adoperata come area funeraria. Lo testimoniano i vari sepolcreti individuati in
diversi punti lungo la via Ostiense e probabilmente appartenenti ad un’unica necropoli6.
La tomba di Paolo, dunque, sarebbe stata scavata in prossimità di una strada in una
zona già adibita ad usi funerari7 e poi, probabilmente in concomitanza con quella di Pietro, sarebbe stata monumentalizzata
tramite l’erezione di un tropaion. La necropoli visse fino al IV secolo d.C., quando, analogamente a ciò che sarebbe
accaduto per San Pietro in Vaticano, fu dismessa e in parte obliterata a causa della
costruzione della basilica dedicata a san Paolo, la quale ne ereditò le funzioni cimiteriali8. Al momento della sua edificazione, la basilica si sovrappose, distruggendoli, ad
alcuni colombari, di cui gli archeologi hanno individuato i resti attraverso una ricerca
d’archivio e un saggio di scavo, condotto proprio intorno al sarcofago dell’apostolo9. L’individuazione di questi colombari offre un’importante testimonianza di quello
che doveva essere il contesto architettonico dell’area nella quale era inserito il
tropaion di Paolo al momento della costruzione del monumento costantiniano.
Come nei casi di San Pietro in Vaticano e della basilica Apostolorum sulla via Appia, la decisione di manomettere un’area funeraria – operata in deroga
al diritto sacrale che tutelava questo tipo di luoghi10 – può essere spiegata solo con la necessità di collocare la basilica in corrispondenza
della tradizionale sepoltura del martire.
La basilica costantiniana
Il primo impianto della basilica – attribuito a Costantino sulla base di un passo
della Vita di papa Silvestro (314-335) del Liber Pontificalis (fine VII secolo)11 – è quasi totalmente sconosciuto. Le uniche testimonianze archeologiche della sua
esistenza sono un settore del suo piano pavimentale e un segmento dell’abside12. Il livello del pavimento si trova a m 2,96 sotto l’attuale transetto. La cresta
dell’abside è conservata a m 2,04 al di sotto del transetto, in corrispondenza della
predella dell’altare di san Timoteo13. Il muro aveva uno spessore di circa m 0,80 e disegnava una conca con una corda ampia
m 6,70 e un raggio di m 3,58.
Su quella che fu la chiesa dell’epoca di Costantino, data l’esiguità dei dati in nostro
possesso, possiamo formulare solo poche considerazioni (fig. 23). Era orientata in
senso ovest-est e aveva il suo accesso principale aperto sulla via Ostiense. Alle
sue spalle, in prossimità del Tevere, correva un secondo tracciato stradale, il quale,
prima della costruzione della basilica, doveva attraversare i sepolcri di questa zona
della necropoli14. Dalle misure dell’abside è ricavabile, per confronto, un’ipotesi dell’ampiezza dell’intera
basilica. Essa doveva avere dimensioni modeste, con una superficie stimabile intorno
ai 1500 mq, circa nove volte inferiori a quella della fase successiva. Una conferma
delle ridotte dimensioni del monumento è riscontrabile nello spazio, tutto sommato
limitato, compreso tra la via Ostiense ad est e la strada che correva dietro la basilica
ad ovest, nell’ambito del quale quest’ultima fu costruita. All’interno del monumento,
al centro della corda dell’abside, doveva essere il sepolcro in cui si credeva fossero
le spoglie di Paolo. Non conoscendo le fattezze del tropaion, menzionato dal presbitero Gaio, non possiamo definire con certezza in cosa esso
consistesse. È stato ipotizzato che Costantino avrebbe fatto per i resti di Paolo
ciò che fece per quelli di Pietro in Vaticano. Avrebbe, cioè, racchiuso l’antico tropaion dell’apostolo all’interno di una teca posta al centro della corda dell’abside15.
Una nuova interessante analogia tra la sistemazione delle reliquie di Pietro e quelle
di Paolo è venuta da una endoscopia condotta nel 2011 all’interno del sarcofago che
dalla fine del IV secolo contiene le reliquie del santo16. Al suo interno, si sono potuti osservare frammenti di ossa umane e resti di due
tipi di tessuti, uno di lino color porpora e orlato di fili d’oro e uno blu. Nel 1965,
Margherita Guarducci annunciò il ritrovamento di una cassetta nella quale era contenuta
«una certa quantità di ossa in frammenti» le quali dovevano essere state avvolte in
un panno intessuto di fili d’oro17. Nell’ambito delle dubbie e controverse vicende che portarono al ritrovamento di
questi resti ossei e alla loro ipotetica identificazione, appare una curiosa coincidenza
la presenza in entrambi i contesti di una stoffa orlata di fili d’oro.
La basilica dei Tre Imperatori
Tra il 384 e il 386 d.C. i tre augusti Valentiniano II, Arcadio e Teodosio inviarono
un Rescritto al praefectus Urbi Sallustio nel quale manifestavano la volontà «[basilicam Pauli apostoli] pro sanctimonio religionis ornare, pro quantitate conventus amplificare, pro studio
devotionis attollere»18. Il monumento costantiniano, come nel caso di altri complessi basilicali sorti in
questo periodo, oltre che a funzioni liturgiche, assolveva a scopi funerari e, soprattutto,
devozionali, in quanto meta di pellegrinaggio. È probabile che il rifacimento della
basilica – operato tra il 384-86 e il principato di Onorio19 –, che ampliò notevolmente l’impianto del monumento soltanto pochi anni dopo la sua
edificazione, sia stato reso necessario da esigenze pratiche. L’edificio costantiniano,
troppo piccolo, non si prestava ad accogliere la gran massa di fedeli che vi si recavano
in pellegrinaggio. Alcuni studiosi hanno inoltre sottolineato come, tramite l’imponente
rifacimento della basilica di San Paolo, la corte imperiale volesse, sia affermare
definitivamente l’adesione alla religione cristiana rispetto alle ancora vive resistenze
pagane, sia sottolineare, attraverso la figura dell’«apostolo delle genti», la natura
universale dell’impero20.
La basilica cosiddetta dei Tre Imperatori fu edificata su proporzioni molto maggiori
della precedente, addirittura leggermente più ampie della stessa San Pietro, della
quale ricalcò l’impianto planimetrico, ma da cui si distaccò per una maggiore armonia
delle proporzioni21 (fig. 23). La realizzazione della basilica su dimensioni tanto imponenti rese necessario
invertirne l’orientamento. Infatti, condizionamenti di tipo urbanistico (il tracciato
della via Ostiense) e geomorfologico (la presenza della rupe di san Paolo) impedivano
al nuovo monumento di dispiegarsi in direzione est, come la chiesa costantiniana.
L’orientamento della nuova basilica fu dunque ruotato di 180° e rivolto verso il Tevere.
Il perno su cui si operò la rotazione fu la tomba di Paolo, che doveva rappresentare
il fulcro anche di questo impianto.
La nuova chiesa si sovrappose, quindi, almeno parzialmente, alla precedente. L’abside
costantiniana ricadde nel perimetro del transetto, i suoi muri furono rasati e su
di essi fu gettata una grande platea di fondazione, spessa m 1,66 e sormontata da
un piano di cocciopesto. La nuova basilica consisteva in una grande aula a cinque
navate con transetto rialzato22, lunga m 128, circa 200 considerando anche l’atrio, larga m 65 e alta m 30. Sette
porte, di cui tre in corrispondenza di quella centrale, immettevano dal nartece alle
navate.
Alla grandiosità delle dimensioni corrispose la ricchezza degli arredi. La nave centrale
era scandita da 20 colonne per lato sormontate da capitelli compositi e corinzi alternati
in marmo proconnesio, che sorreggevano arcate a tutto sesto. Analoghe caratteristiche,
ma minori dimensioni, caratterizzavano le navatelle laterali. Il passaggio dalla navata
centrale al transetto rialzato, luogo del martyrion, era scandito dal grandioso arco trionfale. Due colonne ioniche, alte circa m 13,
sorreggevano la volta dell’arco probabilmente già rivestito da mosaici figurativi.
Al di sotto di esso erano le reliquie dell’apostolo: non più situate nella corda dell’abside,
ma a ridosso del limite tra il transetto-martyrion e la navata centrale.
È stato ipotizzato che, al momento della costruzione della nuova basilica, i resti
di Paolo sarebbero stati prelevati dall’antico sepolcro e deposti dentro il sarcofago
tutt’oggi visibile. Questo fu collocato sul livello della nuova platea di fondazione23, conservando però immutata la posizione nel punto in cui era collocata la tomba originaria24. Questa operazione si rese necessaria per due motivi: innanzitutto, bisognava preservare
le reliquie dell’apostolo dalla risalita dell’acqua della sottostante falda; in secondo
luogo, a causa dell’innalzamento del piano di calpestio del nuovo transetto sovrappostosi
alla basilica costantiniana, il sarcofago risultava infossato al di sotto del piano
pavimentale, difficilmente visibile per i fedeli. Data la grande ampiezza della platea
di fondazione che si sovrappose al muro dell’abside costantiniana e su cui poggia
il sarcofago, è presumibile che su di essa fosse istallato anche un recinto presbiteriale,
ampio circa 36 mq. È stato ipotizzato che a partire da questa fase il sarcofago di
Paolo abbia svolto anche la funzione di altare25. Esso sarebbe stato rivestito da una struttura a forma di parallelepipedo di quattro
lastre verticali di marmo e da una lastra orizzontale (mensa) recante l’iscrizione pavlo/apostolo mart e dotata di un foro comunicante con l’interno del sarcofago. Questo era funzionale
al versamento sul sepolcro di balsami profumati26 e alla produzione di brandea (reliquie)27 (fig. 23).
La basilica dei Tre Imperatori si conservò sostanzialmente inalterata sino al 1823,
quando un violento incendio la devastò rendendone necessaria la ricostruzione, iniziata
nel 1838 e ultimata nel 1850. Il risultato di tale ricostruzione è la basilica attuale
che in gran parte ricalca quella voluta da Valentiniano II, Arcadio e Teodosio alla
fine del IV secolo.