Vita di Antonio Gramsci
La linea che Giuseppe Fiori segue nel ricostruire passo per passo la biografia gramsciana consiste nel vederne le radici e le scaturizioni psicologiche e culturali nel massimo della profondità possibile, là dove biografia ed ethnos traggono alimento reciproco. È proprio per questo che si può dire che questa è una «vita» autentica, non un casellario di idee fatte calare dall’alto.
Dall’Introduzione di Alberto Asor Rosa
«Del grande intellettuale sardo non vedevamo che “la testa”, lo storico degli intellettuali, l’analista delle tre “quistioni” del Mezzogiorno d’Italia (il Napoletano, la “quistione siciliana”, la “quistione sarda”), lo studioso originale del capitalismo americano, il teorico dell’“egemonia”, cioè del socialismo innervato di consenso. Poco sapevamo della sua vita, la famiglia, l’infanzia in Sardegna, i primi studi, il breve processo di formazione, e poi l’integrazione a Torino, il ruolo effettivo nel Congresso di Livorno (1921), i veridici rapporti (dopo l’arresto) con Togliatti, la rottura con i comunisti incarcerati a Turi, l’eterodossia rispetto a Stalin. Pensai allora che l’operazione di aggiungere “gambe e corpo” alla “testa” – così da avere di Gramsci il ritratto intero – potesse non essere fuori dalla portata del cronista ostinato.» Così Giuseppe Fiori dà avvio al ritratto di Gramsci «a figura intera, con i tuffi del sangue e della carne». Pubblicata per la prima volta nel 1966 e tradotta in dodici lingue, questa biografia sconvolse l’ortodossia comunista, che di Gramsci vedeva o voleva far vedere solo «la testa», e da allora non è mai invecchiata, anzi in un certo senso ha ricevuto sempre nuova freschezza dai materiali inediti su Gramsci via via ritrovati.
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