Democrazia ibrida
Diretta o rappresentativa? Quella italiana, oggi, sembra piuttosto una democrazia ‘ibrida’. Ovviamente non è più la vecchia ‘democrazia dei partiti’ della Prima Repubblica, ma è molto diversa anche rispetto alla recente ‘democrazia del pubblico’ della Seconda Repubblica. La prima si reggeva sull’ideologia e sulle identità collettive; la seconda ha scommesso sulla comunicazione e sui leader. Oggi si stanno combinando elementi vecchi e nuovi, ma gli esiti sono ancora imprevedibili. Due le ragioni della metamorfosi: la crisi economica, che ha lacerato i legami con le istituzioni, con gli attori politici e fra le persone, e la diffusione di Internet, che ha aperto nuovi canali di partecipazione politica. La parola chiave del momento è ‘dis-intermediazione’. In nome della democrazia diretta, infatti, la rete canalizza l’insoddisfazione e la protesta popolari contro tutti i ‘corpi intermedi’ della democrazia rappresentativa: istituzioni, partiti, politici, giornalisti. E per la prima volta, con l’avvento della ‘democrazia ibrida’, sono gli stessi partiti a trasformarsi in anti-partiti. Così, al posto dei leader si affermano gli anti-leader, come Grillo, o i ‘rottamatori’, come Renzi. Perché oggi la principale risorsa di consenso su cui investire non è la fiducia, ma la sfiducia.
Intervista a Ilvo Diamanti