Introduzione
Palinsesto. Un termine oscuro, complesso persino da pronunciare, dal retrogusto arcaico.
Eppure, negli anni, entrato stabilmente nel vocabolario non solo di chi, per studio,
lavoro o passione, si occupa di tv, ma nel discorso comune. Nessuno può trattenersi
dall’impulso a dare indicazioni all’allenatore della nazionale di calcio, o dal proporre
soluzioni alternative al premier in carica: allo stesso modo, tutti hanno opinioni
molto chiare sulle scelte che riguardano i palinsesti, danno giudizi e suggeriscono
spostamenti, più o meno consapevolmente giocano al «piccolo direttore di rete».
Struttura implicita che dà forma al flusso dei programmi e dei contenuti televisivi,
e insieme strumento con cui lo spettatore si orienta tra gli appuntamenti e le ricorrenze
della programmazione, il palinsesto è il punto di incontro tra la rete e la sua audience,
tra l’industria e il consumo. Dietro a quella sola parola si nascondono stratificazioni
molteplici, oggetti diversi, varie progettualità: un processo di composizione e aggiustamento
sempre attivo per gli addetti ai lavori, una griglia costantemente aggiornata anche
per il pubblico. Il palinsesto è la lista di ciò che sarà trasmesso nella giornata,
nella settimana, nel mese; è il dettaglio preciso che regola l’emissione del segnale
e la ricezione nelle case. È ciò che definisce l’identità e il «sapore» di un’offerta,
quello che aggiunge al singolo prodotto le variabili contestuali che ne modificano
il senso e talvolta il valore. È il piano di lavoro, e di sfruttamento delle risorse,
che influenza e orienta la produzione di contenuti originali. Uno strumento per raggiungere
scopi precisi, rivolgendosi al pubblico più ampio possibile, agli appassionati di
un genere o a una singola comunità di gusto. Un foglio messo ogni volta in discussione,
cancellato e modificato. Un’azione connaturata al broadcasting, in cui i singoli testi sono «confezionati» e diventano un servizio sempre disponibile.
Ancora, è lo spazio di una creatività di secondo grado, che si sovrappone a quella
dei singoli programmi, e di un impulso normativo che cerca di ridurre la confusione
e di imporre il suo potere.
Il palinsesto è un oggetto complesso, difficile da afferrare in tutta la sua densità,
e insieme uno snodo centrale, inevitabile, sempre presente ogni volta che si affronta
il mezzo televisivo. Ma ancora non basta. La sequenza ordinata dei programmi, la griglia
temporale in cui sono collocati, l’insieme delle operazioni che ne regolano la composizione,
sono infatti – soprattutto negli ultimi anni – messi in questione dai fenomeni della
digitalizzazione, della convergenza, della ridefinizione insieme tecnologica e culturale
del mezzo televisivo, delle sue modalità d’uso, delle forme della sua produzione.
In questo mutato scenario, cosa succede al palinsesto? Da un lato, le chiavi interpretative
e le categorie che – soprattutto tra gli anni Ottanta e Novanta, in Italia come altrove
– sono state definite e adottate per spiegarne il ruolo, per elencare le operazioni
a disposizione e le strategie possibili, sono messe a dura prova: se è innegabile
che alcune linee generali continuino a «funzionare» – soprattutto per le reti generaliste,
che in tutto o in parte seguono un modello commerciale e si rivolgono alla totalità
del pubblico –, è altrettanto vero che si assiste a un loro depotenziamento, a una
ridefinizione della portata delle operazioni, a differenti ordini di grandezza, alla
trasfigurazione della legge immutabile in un semplice strumento tra tanti. Dall’altro,
si moltiplicano le chiavi di lettura e le pubblicazioni che (almeno nelle intenzioni)
superano il ruolo del palinsesto, profetizzandone o sancendone la fine dentro un ambiente
mediale complesso che separa il programma dal momento della messa in onda, che mette
a disposizione numerose possibilità di on demand e non lineare, che «libera» lo spettatore televisivo dal televisore, dalle reti e
dalle loro tirannie decennali: il principio ordinatore decade, la griglia di programmazione
perde la forza di imporre tempi e collocazioni, il baluardo del broadcasting è travolto e ridefinito da una molteplicità di piattaforme, offerte e pratiche di
fruizione. Tra le due polarità, il multichannel digitale si è poi imposto come elemento di forte novità, con la nascita o la ridefinizione
di canali inediti che hanno portato allo sviluppo di diversi obiettivi e routine di
palinsesto, e a un ruolo ancora differente della programmazione, che ora innerva offerte
dove mancano quasi del tutto contenuti originali, o dà vita a linee editoriali che
diventano tratto distintivo e comunicabile.
È però proprio questa mobilità estrema, questa complessità ulteriore, a rendere interessante
l’oggetto di questo libro. Spesso trascurato, o comunque lasciato sullo sfondo e limitato
a pochi accenni, da letture del mezzo televisivo che si concentrano su singoli testi,
su programmi e generi a livello micro, o che invece sembrano interessate solo a un
ambito macro fatto di teorie e «specifico televisivo», o ancora di scenari, istituzioni,
tecnologia ed economia, il palinsesto costituisce la «cinghia di trasmissione» che
lega le due dimensioni, uno snodo insieme linguistico e di potere che compone i contenuti
e li propone al pubblico dando realizzazione concreta a esigenze culturali, politiche,
commerciali. La focalizzazione sulla griglia e sui processi di programmazione rende
necessario uno sguardo differente, che vada a sviscerarne le caratteristiche principali
e l’evoluzione storica, che si metta alla ricerca dei tratti costanti e insieme individui
le specificità e le ridefinizioni nel sistema televisivo contemporaneo: il libro,
sulla scia di precedenti trattazioni del tema (Rizza, 1986a; 1989; Barlozzetti, 1986;
Aroldi, 1999; 2007; ma anche Ellis, 2000a), intende in primo luogo aggiornarle allo
scenario tv contemporaneo e poi, per la prima volta, provare a comporre in una trattazione
organica aspetti altrove più frammentati.
Il volume adotta pertanto un approccio il più possibile sistemico, che cerca di mettere insieme (e di far dialogare tra loro) orientamenti, punti di
vista e discipline differenti, ricorrendo a una metodologia di ricerca composita.
Alla ricognizione della letteratura italiana e internazionale in materia – con analisi
di tipo estetico-linguistico-semiotico, sociologico, di economia e marketing dei media
– fa da necessario contrappunto la costante attenzione al fattore operativo, al concreto
tradursi delle teorie nelle pratiche dei professionisti e al dispiegarsi, in modo
più o meno formalizzato, di tecniche, regole, strategie. Alla lettura diacronica dell’evoluzione
storica del palinsesto, e in particolare dei vari passaggi avvenuti nel tempo nel
contesto della televisione italiana, si affianca un’analisi sincronica, volta a individuarne
i tratti formali, le strutture e le caratteristiche stabili, e insieme le specificità
nello scenario contemporaneo. La prevalente focalizzazione, soprattutto dal punto
di vista storico, sull’ambito nazionale, si completa nel raffronto con i modelli internazionali,
in particolare quello statunitense e quelli europei, che, pur adottando termini differenti
e calandosi in contesti specifici, hanno contribuito alla definizione di teorie e
pratiche.
La storia dei media, e della televisione in particolare, ha fornito quadri concettuali e metodologie proprie, con il ricorso
a una molteplicità di fonti primarie e secondarie: documenti conservati negli archivi
di Rai e di Mediaset, articoli e palinsesti riportati da quotidiani e settimanali
(in primis, «Radiocorriere» e «Tv Sorrisi e Canzoni»), analisi e ricerche a uso interno o dall’ampia
circolazione, valutazioni e «dietro le quinte» della stampa di settore, pubblicazioni
più o meno specialistiche diffuse man mano. Il frame storico è poi integrato e completato dalle elaborazioni teoriche e dagli strumenti
dei production studies televisivi, e più in generale mediali, che hanno arricchito la ricerca grazie al confronto costante con gli addetti ai
lavori: all’analisi degli oggetti e delle rappresentazioni elaborate nei contesti
professionali – palinsesti di vario tipo e a diversi stadi di completamento, risorse
e database aziendali, dati di ascolto e strumenti della loro elaborazione, ordini
di servizio, materiali promozionali, forme di comunicazione dei programmi e delle
reti, autorappresentazioni dell’industria, e così via – si è aggiunto l’impiego, per
un lungo periodo, di strumenti etnografici, con interviste strutturate e più informali
scambi «in campo».
Rispecchiando la molteplicità degli approcci e dei metodi impiegati, il volume si
compone di quattro capitoli inevitabilmente intrecciati tra loro da collegamenti e
rimandi.
Nel primo capitolo, Definizioni, l’etimologia del termine e le alternative adottate nelle varie lingue costituiscono
il punto di partenza per tracciare una mappa dei significati e delle stratificate
valenze, spesso metaforiche, che il palinsesto assume, nell’uso come nella riflessione
teorica. L’analisi dei complessi rapporti con il flusso televisivo, esperienza linguistica
e di consumo, e con la temporalità entro cui la griglia di programmazione si inserisce,
è seguita poi da alcune specificazioni ulteriori del concetto: il palinsesto è insieme
prodotto e processo, risultato visibile e strumento nascosto.
Il secondo capitolo, Tecniche, scompone il palinsesto nei suoi elementi costitutivi, in modo da studiarne i caratteri
fondamentali e le modalità della costruzione: l’insieme dei materiali testuali (programmi,
promo, spot), che si compongono nel mosaico della programmazione; la griglia temporale,
che si lega ai tempi sociali e insieme li ridefinisce, articolandosi lungo stagioni,
settimane, giornate e fasce orarie; le logiche editoriali, che tratteggiano un’offerta
chiara e coerente e definiscono o rafforzano i brand e le identità di rete; le logiche
commerciali, che valorizzano le risorse a disposizione per raggiungere gli obiettivi
di ascolto concordati con gli investitori pubblicitari; le logiche professionali,
legate ai ritmi di lavoro, alle gerarchie e ai rapporti di forza, all’esperienza e
alle abitudini dei professionisti coinvolti; e ancora le tattiche e le strategie,
strumenti e regole per valorizzare al meglio le collocazioni dei prodotti o per contrastare
efficacemente la concorrenza. Attraverso le distinte componenti, si viene a comporre
l’articolato quadro dell’oggetto-palinsesto, delle sue specificità, dei suoi mestieri.
Il capitolo successivo, Storie, esplicita la natura specificamente nazionale del palinsesto, per poi tracciare una
dettagliata ricostruzione della vicenda italiana, suddivisa in sette grandi fasi:
i primi anni del medium (1954-1960), con la ricerca di una forma attraverso sperimentazioni
successive e con tempi ben scanditi, appuntamenti rigorosi e ampi spazi vuoti; il
periodo della direzione generale di Bernabei (1961-1974), con i canali del servizio
pubblico che raddoppiano (in «alternativa») e l’applicazione consapevole delle politiche
di palinsesto come strumento di potere e controllo; la tumultuosa fase della riforma
Rai e degli anni immediatamente successivi (1975-1979), con la definizione più precisa
delle linee editoriali dei due canali Rai, la nascita del terzo e l’ingresso nello
scenario televisivo delle tv private locali; la partenza dei network commerciali nazionali,
prima con Canale 5 e poi con le tre reti di Berlusconi (1980-1984), in cui il palinsesto
si rivela una tecnica formidabile per definire in modo chiaro e distintivo la nuova
proposta e insieme un’arma per contrastare le reti concorrenti e «battere» la Rai;
la successiva stabilizzazione del sistema misto (1985-1989), con la ricerca di un
difficile equilibrio, sancito dalla piena adozione del modello commerciale e dalla
rilevazione dei dati di ascolto; l’evoluzione, il trionfo e poi un’indubbia stasi
della televisione generalista (1990-2002), con la conquista della diretta da parte
delle private nazionali e i piccoli aggiustamenti a tecniche di palinsesto che diventano
maniera e routine; infine, e parzialmente sovrapposti, l’assestarsi della tv satellitare
e lo switch-off al digitale terrestre (2003-2013), con la ridefinizione di posizioni che sembravano
durature e l’approdo al multichannel.
Proprio da queste ultime due fasi prende le mosse l’ultimo capitolo del volume, Prospettive, che da una parte affronta le molteplici spinte centrifughe che, per ragioni tecnologiche,
linguistiche, sociali, sembrano mettere in discussione il ruolo stesso del palinsesto;
e dall’altra parte elenca i numerosi ambiti di modifica e ridefinizione delle logiche
e delle tecniche impiegate nei canali digitali, per bilanciare le spinte e adattarsi
a uno scenario convergente. Giunti alla fine del percorso, il palinsesto assume sì
nuove funzioni e valori inediti, ma conferma molti dei suoi punti di forza.
Questo volume è il risultato di un progetto di ricerca e analisi che prosegue da tempo,
e che non sarebbe stato possibile senza la collaborazione e la presenza di molte persone,
che desidero qui ringraziare.
Aldo Grasso, Peppino Ortoleva e Massimo Scaglioni sono stati in questi anni per me
una guida e un riferimento costante, dandomi obiettivi, direzioni, indicazioni e consigli,
insieme alla voglia e alla possibilità concreta di fare ricerca.
Il Ce.R.T.A., Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università
Cattolica, è stato ed è una fondamentale palestra per i metodi e per le riflessioni
che attraversano questo lavoro, e di questo ringrazio anche Cecilia Penati e Anna
Sfardini.
Docenti e colleghi, nel dipartimento di Scienze della comunicazione e dello spettacolo
dell’Università Cattolica come in altre università – e in particolare a Torino, a
Bologna, all’USI di Lugano, a Roma Tre –, mi hanno dato una mano a chiarire alcune
idee e a percorrere direzioni impreviste. Alcuni di loro hanno ascoltato e commentato
parti ancora in progress della ricerca in occasione di convegni nazionali e internazionali, evidenziando i
punti deboli e dando indicazioni che spero di aver accolto in modo adeguato. Allo
stesso modo, gli studenti dei corsi di Economia e marketing dei media (presso la facoltà
di Scienze linguistiche e letterature straniere dell’Università Cattolica) e Costruzione
dei palinsesti (presso il master FareTV. Gestione, sviluppo, comunicazione di ALMED)
hanno contribuito a definire meglio il volume con esempi e domande.
Numerosi professionisti, impegnati a vari livelli nelle routine di costruzione dei
palinsesti o in altre attività essenziali per reti, broadcasters e società di produzione, mi hanno donato il loro tempo, molto prezioso, per interviste,
chiacchierate e scambi informali, le loro idee e sguardi originali sull’evoluzione
del loro mestiere, e in alcuni casi anche la loro amicizia, leggendo in tutto o in
parte le bozze del volume e dandomi consigli utili per aggiustamenti e integrazioni.
Il centro di documentazione Mediaset e le biblioteche e mediateche Rai mi hanno supportato
nei primi passi della ricerca. E la lunga collaborazione con «Link. Idee per la televisione»
è stata uno snodo fondamentale per mettere a confronto scenario e dettagli, riflessioni
teoriche e pratica produttiva.
Infine, dedico questo libro ai miei genitori, a mio fratello Simone, e a chi, come
loro, vicino o lontano, ha saputo tenere la giusta distanza.