Ebrei. Il lungo viaggio del popolo errante

Emanuele Coen legge Pierre Savy

Una storia mondiale in 80 tappe, tra figure e avvenimenti dimenticati, pagine drammatiche e vicende sorprendenti. Un percorso per date che ribalta i luoghi comuni

Emanuele Coen | L’Espresso | 14 novembre 2021

La distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo, l’espulsione degli ebrei dalla Spagna, nel 1492, la nascita dello Stato di Israele, nel 1948. La storia del popolo ebraico, lunga tre millenni, è scandita da alcune tappe fondamentali. Date da segnare in rosso che si alternano con date meno eclatanti ma altrettanto significative come il 1290, l’anno in cui Edoardo I Plantageneto espelle gli ebrei per secoli da tutto il suo regno, la civilissima Inghilterra, primo re cristiano ad adottare una simile misura, seguito poi da altri sovrani. Un momento storico complesso eretto a simbolo dall’antigiudaismo medievale. Oppure il 1920, quando il Parlamento ungherese vara una legge che introduce il numero chiuso universitario in Ungheria, che istituzionalizza per la prima volta in Europa un antisemitismo razziale di Stato, dal momento che considera gli ebrei non una confessione, ma una nazionalità a parte. Una lunga storia, quella del popolo ebraico, popolata da personaggi noti e altri semisconosciuti come Regina Jonas, la prima donna rabbino, nominata nel 1935 a Berlino, caduta nell’oblio per quasi mezzo secolo dopo la sua morte ad Auschwitz, divenuta in seguito l’emblema dell’ebraismo riformato.

Per realizzare la “Storia mondiale degli Ebrei” (Laterza) il curatore Pierre Savy, direttore degli studi per il Medioevo presso l’Ècole française de Rome, ha coinvolto una schiera di storici e si è imbarcato in una sfida ambiziosa e appassionante, mettendo insieme avvenimenti e personaggi, un’ottantina in tutto, una selezione inevitabilmente incompleta ma non per questo meno interessante. «Non è una enciclopedia ma un testo divulgativo, rivolto non solo agli eruditi ma anche al grande pubblico. È il frutto di scoperte testuali e archeologiche, una materia in continua evoluzione», sottolinea Savy. Uscito in Francia l’anno scorso, realizzato con la collaborazione di Katell Berthelot, direttrice di ricerca al CNRS e specialista dell’ebraismo nelle età ellenistica e romana, e Audrey Kichelewski, docente di Storia contemporanea all’Università di Strasburgo, il volume esce ora nell’edizione italiana, rivista e adattata con il coordinamento di Anna Foa, già docente di Storia moderna all’università La Sapienza. «Una prima scommessa è stata quella di dare spazio alle date classiche ma insieme anche ad altre date meno scontate e addirittura quasi sconosciute, che permettono di presentare interi squarci della storia ebraica», dice Savy, che aggiunge: «Abbiamo dovuto trovare l’equilibrio fra le date che marcano la storia dell’antigiudaismo e le date che segnano relazioni più complesse, a volte addirittura felici, con la società maggioritaria, in modo da non sprofondare in quella storia “lacrimosa” giustamente denunciata dalla storiografia contemporanea da quasi un secolo». Le pagine dedicate alla Shoah, ad esempio, si concentrano sull’insurrezione del ghetto di Varsavia (1943), la conferenza di Wannsee (1942), in cui venne definita la soluzione finale della questione ebraica, e il ritorno dei deportati sopravvissuti, tralasciando altri fatti rilevanti.

Tra le voci del libro, inoltre, destano particolare interesse quelle che contribuiscono a ribaltare luoghi comuni: come quella, scritta da Giacomo Todeschini, dedicata al IV Concilio Lateranense, nel 1215, un evento cruciale che afferma l’importanza dell’osservanza delle regole cristiane per l’identificazione civica e politica degli individui, che accusa gli ebrei di spogliare delle loro ricchezze i cristiani, e soprattutto le chiese, designando gli ebrei come usurai pericolosi perla cristianità. Oppure la voce, realizzata per l’edizione italiana da Francesca Trivellato, che rievoca la leggenda delle origini ebraiche della finanza europea. In sostanza, nel 1647 un volume di norme di diritto marittimo stampato a Bordeaux diffonde il racconto secondo cui gli ebrei medievali, cacciati dalla Francia, avrebbero inventato l’assicurazione marittima e le lettere di cambio, vale a dire i due strumenti finanziari del capitalismo preindustriale, per esportare furtivamente i propri patrimoni nell’Italia centro-settentrionale. «Priva di fondamento ma destinata a riscuotere ampio successo, questa leggenda a lungo dimenticata è l’anello che nell’immaginario cristiano congiunge l’ebreo usuraio medievale al finanziare ebreo moderno», prosegue Savy: «È un cliché di cui si nutre l’antigiudaismo. E, come spesso avviene, chi crede nello stereotipo dimentica la sua origine precisa. Un meccanismo molto pericoloso perché alimenta l’antisemitismo».

Una vicenda complessa, quella del popolo ebraico, segnata da episodi tragici e fasi importanti di emancipazione e integrazione nel tessuto sociale, di relazioni felici con la società maggioritaria. Vengono in mente due date emblematiche: il 212 dopo Cristo, quando l’editto di Caracalla riconosce la cittadinanza romana a tutti gli abitanti non schiavi dell’impero, dunque anche agli ebrei. E, in un contesto del tutto diverso, il 1791, quando in Francia il re Luigi XVI firma il decreto in base al quale gli ebrei prestano giuramento ed entrano nella modernità politica, si possono presentare alle diverse funzioni elettive, candidarsi agli impieghi nella funzione pubblica. Un fatto che segna la fine della “nazione ebraica” e l’accesso, per la prima volta nella modernità, alla cittadinanza. «Si tratta di due date importanti, che pur nella loro diversità sottolineano la tensione tra l’integrazione e la rinuncia alla propria autonomia parziale», sottolinea Savy: «Una ambivalenza che si ritrova nell’editto di Caracalla, che infatti fu duramente criticato dai rabbini di Galilea, proprio perché insieme l’integrazione portava con sé l’abbandono di una certa fetta di autonomia giuridica».

Nell’edizione italiana sono state aggiunte alcune voci, tra cui quella dedicata a Primo Levi (scritta da David Bidussa), quella del viaggio di Giovanni Paolo II in Terra Santa (di Andrea Riccardi), nel 2000, e del processo Eichmann (1%1) con Hannah Arendt, a cura di Anna Foa. Una selezione che, naturalmente, taglia fuori date e personaggi importanti, tra cui Albert Einstein. «Non si tratta di negare la rilevanza di questa e di altre figure, ovviamente, tuttavia occorre mettersi in una prospettiva lunga», conclude Savy: «Se per la storia della scienza Einstein è fondamentale, non è detto che lo sia anche per la storia complessiva del popolo ebraico».

Il libro: