13.
Una road map per uscire dalla crisi
1. Indirizzare la produzione e la distribuzione di attrezzature richieste con urgenza
In un periodo di crisi economica, la sfida principale è quella di riportare in funzione
le attività che creano valore. L’attuale pandemia ha però messo in evidenza come il
coordinamento della produzione privata sia altrettanto essenziale per mitigare la
crisi sanitaria. È necessario che i governi si adoperino per una massiccia ridistribuzione
delle risorse verso i comparti dell’economia che ne hanno maggiormente bisogno, in
particolare quello sanitario. È importante aiutare le aziende manifatturiere a passare
alla produzione di dispositivi essenziali che scarseggiano, dai ventilatori alle mascherine.
Per gestire l’impatto sociale ed economico di lockdown prolungati, sono inoltre necessari
investimenti considerevoli nella didattica a distanza, così come nelle tecnologie
di socializzazione online. Tutte queste considerazioni rimandano a un concetto di
«economia di guerra» in cui lo Stato riposiziona le risorse su vasta scala per intraprendere
missioni collettive.
Nel corso del XX secolo, molti paesi – sia sviluppati sia emergenti – hanno contribuito
attivamente allo sviluppo economico attraverso l’applicazione di politiche industriali
strategiche e l’indirizzamento del credito. Durante la seconda guerra mondiale, per
esempio, il governo degli Stati Uniti guidò la produzione di massa della penicillina
per soddisfare il fabbisogno sanitario. La storia ha dimostrato che i paesi sono in
grado di raccogliere queste sfide e di coordinare la produzione e la distribuzione
delle dotazioni essenziali necessarie per arginare le crisi.
Per far fronte all’attuale pandemia, è urgente che gli Stati intensifichino la produzione
e coordinino le catene logistiche per garantire la disponibilità di prodotti alimentari,
medicinali, ventilatori, dispositivi di protezione individuale e tamponi. Là dove
le forze di mercato non sono sufficienti, il sostegno dei governi può rendere possibile
una produzione urgente a prezzi poco allettanti e poi garantire la distribuzione dei
beni che scarseggiano secondo le esigenze della collettività. Ormai le guerre delle
offerte per i dispositivi di protezione imperversano sia fra le nazioni sia al loro
interno ed è dunque necessario uno sforzo congiunto volto a garantire che ne vengano
prodotti a sufficienza per poterli fornire innanzitutto a chi ne ha più bisogno.
L’aspetto della distribuzione è cruciale. In mancanza di un intervento pubblico, infatti,
produttori e intermediari avrebbero la possibilità di realizzare guadagni esorbitanti
e disonesti, e risorse essenziali finirebbero per confluire solo in minima parte là
dove sono più necessarie, ossia nella protezione dei lavoratori che operano in prima
linea nel settore sanitario e in quello dell’approvvigionamento alimentare.
2. Governare il rischio e premiare la ricerca sul Covid-19
I prodotti che nascono grazie al finanziamento pubblico dell’attività di ricerca e
sviluppo dovrebbero essere disponibili a cifre ragionevoli, e non a prezzi di monopolio
esorbitanti praticati in virtù dei diritti di brevetto concessi. Questo vale soprattutto
per il settore sanitario e l’industria farmaceutica, che operano secondo modelli commerciali
di estrazione del valore favoriti da normative pubbliche tolleranti e dall’assenza
di condizionalità.
Ora che la comunità internazionale sta investendo in modo massiccio su vaccini, test
e farmaci contro il coronavirus, è d’obbligo garantire che i risultati siano fruibili
da tutti. Esiste il rischio che il vaccino contro il Covid-19, una volta messo a punto,
diventi un costoso prodotto di monopolio, nonostante i cospicui investimenti pubblici
nella ricerca scientifica. Molte delle aziende coinvolte hanno dichiarato la volontà
di renderlo accessibile, ma i governi devono farsi garanti che ciò accada veramente.
Il National Institutes of Health (Nih) degli Stati Uniti sovvenziona in modo consistente
l’attività di ricerca e sviluppo legata al Covid-19. Dall’epidemia di Sars del 2002,
ha speso quasi 700 milioni di dollari in ricerche sul coronavirus che hanno portato
allo sviluppo di diversi farmaci promettenti, fra cui il Remdesivir di Gilead Sciences.
In un settore che riceve così tanti finanziamenti pubblici, gli Stati devono governare
il processo di innovazione dei farmaci, utilizzando la loro capacità di orientare
il mercato allo scopo di guidare l’innovazione, negoziare prezzi equi e garantire
l’adeguatezza dei brevetti e della concorrenza, oltre a stabilire le condizioni per
il reinvestimento e salvaguardare l’offerta dei farmaci.
Per garantire la creazione di valore sociale, il finanziamento pubblico dell’innovazione
in ambito sanitario deve prevedere condizionalità con quattro obiettivi essenziali:
disponibilità e accessibilità economica, condivisione internazionale delle conoscenze,
reinvestimento e trasparenza dei costi di ricerca e sviluppo. Nel contesto del Covid-19,
i primi due obiettivi assumono un’importanza particolare. I governi devono garantire
che i vaccini e le terapie messi a punto grazie ai finanziamenti pubblici non siano
soggetti ad aumenti indiscriminati dei prezzi e che le forniture siano sufficienti
a soddisfare il fabbisogno dei paesi privi di capacità produttive.
3. Salvataggi per le missioni pubbliche
La finanziarizzazione dell’economia è un processo ormai diffuso tanto nei paesi sviluppati
quanto in quelli emergenti. All’interno dell’impresa, questo si traduce in pressioni
di breve periodo nel massimizzare la remunerazione degli azionisti come principale
obiettivo del management. Stiamo sperimentando direttamente che questo modo di operare
ha privato molte aziende degli ammortizzatori finanziari indispensabili per resistere
a uno shock economico. Inoltre, l’ideologia della massimizzazione del valore per l’azionista
ha inflitto gravi perdite alla società; ne sono esempi il deterioramento delle condizioni
di lavoro, il disinteresse per l’ambiente e la mancanza di investimenti nell’innovazione
e nella capacità produttiva ad alto valore aggiunto.
Le aziende devono riconsiderare le loro priorità e spostare il focus dalle esigenze
degli azionisti a una visione più olistica che comprenda quelle di tutti gli stakeholder.
Un approccio orientato alla missione può contribuire al coordinamento dei vari strumenti
politici per rispondere alle grandi sfide che interessano la collettività. La crisi
del Covid-19 è un’occasione per cambiare il panorama dei comportamenti aziendali attraverso
l’applicazione di condizionalità strategiche. Muovendoci nella giusta direzione, potremo
cominciare a uscire dalla logica che vede le aziende concentrarsi sull’estrazione
di valore attraverso varie fonti di rendita economica come i brevetti, le pressioni
lobbistiche sul legislatore e lo sfruttamento dei dipendenti. Nel nuovo percorso che
intraprenderemo, dovrà essere più redditizio produrre soluzioni per le sfide comuni.
3.1. Che cosa promuovere?
Occupazione Urge ricorrere alle condizionalità per salvaguardare l’occupazione al fine
di proteggere il tessuto produttivo delle aziende e la sicurezza del reddito delle
famiglie. È il momento di formare e riqualificare i lavoratori con l’obiettivo di
poter creare maggiore valore quando la crisi sanitaria sarà passata. Quanto ai settori
chiamati ad affrontare cambiamenti definitivi, per esempio l’industria aerospaziale,
i governi dovranno facilitare attivamente la transizione verso nuove occupazioni.
Migliori condizioni di lavoro Le condizionalità dovrebbero anche favorire cambiamenti sostanziali e duraturi
delle condizioni occupazionali, così da riflettere il valore e la dignità del lavoro.
Questo significa, fra l’altro, una sicurezza adeguata, salari dignitosi e coinvolgimento
nella gestione aziendale, come avviene in Germania. La pandemia ha messo in evidenza
la necessità di retribuire le persone durante il periodo di congedo per malattia,
affinché possano rimanere a casa quando è necessario, a salvaguardia della salute
pubblica. Queste tutele devono estendersi ai lavoratori che ne sono attualmente esclusi,
come gli imprenditori autonomi e chi presta la propria opera in nero, tanto nei paesi
sviluppati quanto nel Sud del mondo. Occorre, per questo, sostenere i diritti sindacali,
affinché le comunità lavorative riescano a far sentire la loro voce, in maniera indipendente,
per esigere condizioni di lavoro dignitose e farle rispettare.
Condizioni «smart e verdi» Quando è opportuno, e possibile, i governi dovrebbero ricorrere alla condizionalità
per promuovere missioni a lungo termine. Aziende e istituzioni finanziarie non hanno
investito a sufficienza nella capacità produttiva per fornire soluzioni alle nostre
esigenze e ridurre al contempo l’impatto ambientale. Abbiamo quindi bisogno di maggiori
investimenti nell’innovazione sostenibile ed è necessario che queste nuove tecnologie
siano rese accessibili anche alla società in senso lato. Nel caso delle imprese che
producono elevate emissioni di carbonio, occorre studiare condizioni di salvataggio
intelligenti che permettano di conciliare la salvaguardia dei posti di lavoro con
la missione a lungo termine di affrontare la transizione verso un’economia a basse
emissioni. I governi dovrebbero valutare l’acquisizione di partecipazioni azionarie
in imprese particolarmente esposte sul fronte climatico, al fine di gestire le transizioni
industriali nell’interesse dei lavoratori.
Rilancio del sistema sanitario (e dello Stato sociale) La crisi ha reso evidente che siamo sani solo nella misura in cui lo sono i
nostri vicini. È dunque necessario che tutti i paesi potenzino il servizio sanitario
partendo da un obiettivo di infrastruttura sociale che consideri la capacità distribuita del sistema nel suo complesso. Occorre infatti
pensare non solo agli ospedali, ma anche alle residenze sanitarie assistenziali e
a una rete innovativa di presidi sanitari locali e medici di base che si avvalgano
di tecnologie digitali (per esempio la telemedicina). Più in generale, è un’occasione
per innovare dall’interno lo Stato sociale, con un approccio dinamico all’innovazione
distribuita in materia di trasporto pubblico, istruzione pubblica e sanità pubblica.
3.2. Che cosa evitare?
Chiusure aziendali Le imprese vengono talvolta dipinte come intrecci complessi di capitale e lavoro.
Sono invece strutture sociali in cui l’organizzazione continua delle risorse costituisce
la base per la prosperità. Le imprese strategiche, quelle che hanno un impatto sistemico,
devono essere protette anche quando sono a rischio di insolvenza finanziaria, per
evitare perdite di competenze accumulate nel corso del tempo e un generale tracollo
della capacità produttiva dell’economia. Nel caso di insolvenze diffuse fra più settori,
i governi potrebbero prendere in considerazione di acquisire quote di capitale (com’è
accaduto durante la grande crisi finanziaria) o di sostenere il passaggio a strutture
organizzative alternative, come le cooperative di lavoratori.
Pratiche finanziarizzate I salvataggi per scopi pubblici devono astenersi dal sovvenzionare e legittimare
modelli di business orientati all’estrazione di valore e pratiche finanziarizzate.
Le condizionalità devono evitare che le nostre aziende produttive si trovino a corto
di fondi a causa di bonus inopportuni ai manager, dividendi eccessivi, riacquisto
di azioni, indebitamento superfluo, ricorso a paradisi fiscali e lobbismo politico.
Inoltre, le condizionalità dovrebbero essere utilizzate per scongiurare speculazioni
sui prezzi dei beni di prima necessità, in particolare i farmaci e i vaccini legati
al Covid.
Quando le condizionalità vengono applicate correttamente, consentono di allineare
i comportamenti delle aziende alle esigenze della collettività. Nel breve periodo,
questo significa preservare l’occupazione durante la crisi e mantenere la solvibilità
delle imprese, impedendo al tempo stesso che queste ultime facciano confluire i finanziamenti
pubblici nei mercati finanziari.
La Danimarca è intervenuta con decisione durante la crisi, autorizzando un ampio ricorso
alla cassa integrazione, purché le imprese si impegnassero a non licenziare i dipendenti
per ragioni economiche. Il governo danese sostiene inoltre la solvibilità delle imprese
finanziando i costi fissi, ma ha escluso da queste misure le aziende che hanno sede
nei paradisi fiscali, oltre a vietare per due anni ai grandi beneficiari di utilizzare
i fondi per pagare dividendi e per il riacquisto di azioni. Questa è la mentalità
giusta, ma si potrebbero porre condizioni ancora più rigorose.
Negli Stati Uniti, la Federal Reserve sta offrendo un sostegno significativo al settore
privato attraverso i prestiti del Main Street Lending Program e le iniziative di acquisto
di obbligazioni, ma non chiede alle aziende di anteporre i salari ai dividendi. Questo
approccio viene motivato come necessità di mantenere la «neutralità del mercato».
Tuttavia, un salvataggio non può mai essere neutrale, poiché il sostegno rischia di
legittimare pratiche finanziarizzate adottate in passato.
La crisi provocata dal Covid-19 offre ai governi un’opportunità irripetibile per ricostruire
relazioni simbiotiche positive con il settore privato. Poiché le imprese private cercano
sempre più spesso gli aiuti di Stato, è giunto il momento di garantire che il sostegno
dei governi alle imprese sia guidato da interessi pubblici e non privati. È questo
il momento di passare dalle parole ai fatti e plasmare un tipo di capitalismo migliore.