Indice Estratto

Edizione: 2017, IV rist. 2025
Pagine: 238
Collana: Sagittari Laterza [205]
ISBN carta: 9788858129234
ISBN digitale: 9788858130810
Argomenti: Diritto: teoria e storia

L'invenzione del diritto

Paolo Grossi

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Il diritto non piove dall’alto sulle teste dei cittadini. Al contrario, è qualcosa che si trova nelle radici di una civiltà, nel profondo della sua storia, nell’identità di una coscienza collettiva. Deve essere identificato negli strati profondi della società, laddove allignano i valori fondamentali.
La riflessione originale di un grande Maestro sul ruolo cruciale del diritto per la convivenza umana.

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Edizione: 2025
Pagine: 238
Collana: Sagittari Laterza
ISBN: 9788858129234

L'autore

Paolo Grossi

Paolo Grossi (1933-2022), giurista e storico del diritto, ha insegnato Storia del diritto italiano all’Università di Firenze e all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli. È stato giudice della Corte costituzionale, nella quale ha ricoperto anche il ruolo di presidente, socio nazionale dell’Accademia dei Lincei e accademico della Crusca. Tra le sue pubblicazioni, per Giuffrè: Scienza giuridica italiana. Un profilo storico 1860/1950; Mitologie giuridiche della modernità; La cultura del civilista italiano. Un profilo storico; Società, diritto, Stato. Un recupero per il diritto; Nobiltà del diritto. Profili di giuristi. Per Laterza è autore di: L’ordine giuridico medievale; Prima lezione di diritto; L’Europa del diritto; Introduzione al Novecento giuridico; Ritorno al diritto; L’invenzione del diritto; Oltre la legalità.

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su Il Foglio (03-02-2018) Allegato

L'invenzione del diritto
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su Il Mattino (17-04-2018) Allegato

L'invenzione del diritto
Grossi e la missione del diritto impegnato a ri-trovare la norma
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1 Precedentemente, c’era stato soltanto il mio ‘corso’ maceratese su Le situazioni reali nell’esperienza giuridica medievale, redatto in progressione fra gli anni 1964 e 1968 (quando apparve in veste tipografica per i tipi della Cedam), ma il suo sguardo sintetico era ristretto al campo parziale – sia pure rilevantissimo – di un settore del diritto privato.

2 Egli ha lasciato questo mondo il 1º agosto del 2005.

3 G. Capograssi, Saggio sullo Stato, ora in Opere, Giuffrè, Milano 1959, vol. I, p. 5. Di Capograssi non è da dimenticare il preveggente saggio pressoché contemporaneo (1922) su La nuova democrazia diretta (ora in G.C., Opere, cit., vol. I).

4 Ciò per più motivi: la vicinanza, in seno alla Facoltà giuridica fiorentina, di costituzionalisti culturalmente assai provveduti come Paolo Barile, Enzo Cheli, Mario Galizia, e il cómpito di seguire diversi allievi, chi con lo sguardo mirato ai problemi fondamentali di un ordinamento (come Pietro Costa), chi con una schietta vocazione gius-pubblicistica (come Maurizio Fioravanti, Luca Mannori, Bernardo Sordi), contribuirono non poco ad ampliare il mio campo di osservazione originariamente privatistico. Poi, l’esperienza personale di ricerca, durata numerosi anni, che avrebbe portato nel 2000 alla pubblicazione presso l’editore Giuffrè di Scienza giuridica italiana. Un profilo storico 1860-1950.

5La legalità costituzionale nella storia delle legalità moderna e pos-moderna, in Lo Stato costituzionale. La dimensione nazionale e la prospettiva internazionale. Scritti in onore di Enzo Cheli, Il Mulino, Bologna 2010, p. 45.

6 Ecco le prime tracce consistenti: Epicedio per l’assolutismo giuridico (dietro gli «atti» di un convegno milanese e alla ricerca di segni) (1988) e Ancora sull’assolutismo giuridico (ossia: della ricchezza e della libertà dello storico del diritto) (1998), ora in Assolutismo giuridico e diritto privato, Giuffrè, Milano 1998, volume nel quale si esàminano puntualmente precise manifestazioni assolutistiche e anti-assolutistiche. Con il sintagma assolutismo giuridico, decisamente fortunato, io ho inteso marcare un atteggiamento scopertissimo dell’età borghese, età di acceso liberalismo economico ma di altrettanto accesa volontà di controllare la produzione del diritto costringèndola in un assolutistico monopolio del potere politico (cui si congiungeva – in Italia fino al 1913 – una democrazia di facciata, una pseudo-democrazia, giacché l’esercizio del voto politico continuava ad essere riservato unicamente ai possessori di un certo censo).

7 Una funzione de-mitizzatrice aveva un libretto che, ai miei occhi, dava consistenza a quel ruolo critico che io ho sempre rivendicato per lo storico del diritto: Mitologie giuridiche della modernità, che, apparso in prima edizione nel 2001 presso Giuffrè, ha avuto nel 2005 e nel 2007 altre due edizioni con accrescimenti del suo contenuto. Al centro del libretto sta il saggio Oltre le mitologie giuridiche della modernità,redazione scritta di un discorso tenuto nel 2000 ad Amalfi con lo stesso titolo e nel quale, per la prima volta e volutamente, alzavo la voce in una pubblica riunione solenne con uno scopo apertamente critico. Nella Introduzione alla prima edizione (risalente al 2001) io mi ponevo alcuni pungenti interrogativi che mi permetto di riportare qui di seguito: «Qual è il vero vólto del popolo sovrano sbandierato e millantato nelle carte rivoluzionarie? Quale democrazia è capace di realizzare uno Stato che resta rigidamente mono-classista (in Italia fino a Novecento avanzato)? Costituisce un filtro fedele della volontà popolare il partito politico e fino a qual punto la democrazia partitocratica è espressione del popolo sovrano? È appagante da un punto di vista sostanzialmente giustiziale la garanzia offerta da legalità, certezza del diritto, divisione dei poteri? Ci si può contentare della legge come giustizia quando la legge è ridotta a comando autorevole ma passibile di ogni contenuto, e pertanto vuoto? Perché la infallibilità e, conseguentemente, la irresponsabilità giuridica per i detentori del potere politico, a fronte di pesanti responsabilità per i detentori del potere amministrativo e, oggi, anche del potere giudiziario?» (cfr. p. 7 della terza edizione del 2007). Lo sguardo era puntato soprattutto sull’oggetto più venerabile e più venerato della mitologia giuridica moderna, ossia sulla legge in quanto tale e sugli elogii incondizionati che le erano rivolti. Quasi che essa serbasse un prodigioso carattere taumaturgico. Vogliamo un esempio? Éccolo, tra i molti: «la legge non può ordinare che ciò che è giusto e utile alla società; non può impedire che ciò che le è nocivo» (Acte Constitutionnel del 1793, art. 4). La drastica apoditticità della conclusione esime da ogni commento. Si può e si deve, invece, rammentare (ricordo che deve servire da mònito anche per l’odierno giurista) che consisteva in un atto legislativo tecnicamente perfetto l’insieme di norme che, nel 1938, inserivano nel nostro ordinamento positivo l’infamia di una aberrante discriminazione razziale.

8 È il vero filo conduttore dello sguardo sintetico dello sviluppo del diritto in Italia da me realizzato nel volume del 2000 Scienza giuridica italiana, cit. Tappe puntuali sono state successivamente: Il diritto tra potere e ordinamento, Editoriale Scientifica, Napoli 2005; Santi Romano: un messaggio da ripensare nella odierna crisi delle fonti (2006), ora in Società, diritto, Stato. Un recupero per il diritto, Giuffrè, Milano 2006; «Lo Stato moderno e la sua crisi» (a cento anni dalla prolusione pisana di Santi Romano) (2010), ora in Introduzione al Novecento giuridico, Laterza, Roma-Bari 2012; Ordine/compattezza/complessità. La funzione inventiva del giurista, ieri ed oggi (2011), ora in Introduzione al Novecento giuridico, cit. Potrà apparire esagerato l’aggettivo ‘rivoluzionario’ attribuito alla visione ordinamentale di Santi Romano, ma non lo è affatto perché rappresenta una vera rivoluzione metodologica l’approccio nuovo con cui Romano vuol guardare al diritto, cioè non più dall’alto in basso (visione potestativa) bensì dal basso in alto (visione ordinamentale), cogliendo la genesi del diritto nell’auto-ordinarsi della società.

9 Cfr. Le molte vite del giacobinismo giuridico (ovvero: la «Carta di Nizza», il progetto di «Costituzione europea» e le insoddisfazioni di uno storico del diritto), in Mitologie giuridiche della modernità, cit., pp. 127 sgg. Motivate espressioni della mia non apologetica valutazione delle ‘carte dei diritti’ possono leggersi in La legalità costituzionale nella storia della legalità moderna e pos-moderna, in Lo Stato costituzionale. La dimensione nazionale e la prospettiva internazionale. Scritti in onore di Enzo Cheli, cit. e La Costituzione italiana quale espressione di un tempo giuridico pos-moderno, in«Rivista trimestrale di diritto pubblico», LXIII (2013).

10 Cfr. Il diritto tra norma e applicazione (il ruolo del giurista nell’attuale società italiana) (2002) e La formazione del giurista e l’esigenza di un odierno ripensamento epistemologico (2003), ora in Società, diritto, Stato, cit. Il problema delle fonti, in un paese di civil law come il nostro, è messo in piena evidenza in tre pagine introduttive a tre volumi dei«Quaderni fiorentini»: 26 (1997), Pagina introduttiva (ossia: delle miserie del legislatore italiano); 27 (1998), Pagina introduttiva (a sessant’anni dalle leggi razziali italiane del 1938); 29 (2000), Pagina introduttiva (ancora sulle fonti del diritto), tutte e tre ripubblicate in Società, diritto, Stato, cit., nonché nella lezione dottorale napoletana del 2007 Un impegno per il giurista di oggi: ripensare le fonti del diritto, Università Suor Orsola Benincasa, Napoli 2008 (oggi, anche nella raccolta antologica Paolo Grossi, a cura di G. Alpa, Laterza, Roma-Bari 2011 («Maestri del diritto», 3).

11 Cfr. i saggi raccolti nel volume Introduzione al Novecento giuridico, cit., e soprattutto il primo di essi, Novecento giuridico: un secolo pos-moderno (2010).

12La Costituzione italiana quale espressione di un tempo giuridico pos-moderno, cit.

13 Cfr. più sotto, alla nota 17, la citazione precisa.

14 Tenuta il 29 settembre 2008 nell’Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Siena, in seno al convegno Diritti e democrazia pluralista e pubblicata con il titolo La legalità costituzionale nella storia della legalità moderna e pos-moderna, negli Scritti in onore di Enzo Cheli citati alla nota 5.

15La legalità costituzionale nella storia del diritto moderno, in «Atti della Accademia Nazionale dei Lincei», CDVI (2009), Rendiconti delle adunanze solenni (Adunanza dell’11 giugno 2009), vol. X, fasc. 9, Accademia Nazionale dei Lincei, Roma 2010.

16La Costituzione italiana quale espressione di un tempo giuridico pos-moderno, già citata alla nota 9.

17 Il titolo suona infatti L’invenzione dell’ordine costituzionale: a proposito del ruolo della Corte. Sarà pubblicata negli ‘Atti’ congressuali. Ha avuto una anticipata pubblicazione in «Giustizia civile», 2016, 2, pp. 237 sgg.

18L’invenzione della Costituzione: l’esperienza italiana, in «Diritto pubblico», a. 2016, 3.

19Il giudice civile. Un interprete?, in «Rivista trimestrale di diritto e procedura civile», LXX (2016) (nonché nella futura pubblicazione degli ‘Atti’ congressuali a cura del Consiglio Superiore della Magistratura).

20 Nel convegno celebrativo dei dieci anni del dottorato in Giurisprudenza dell’Università di Padova, promosso dal coordinatore del dottorato, professor Roberto Kostoris, e avente a tema Percorsi giuridici della post-modernità, io fui chiamato a tenere la relazione introduttiva: Verso il domani. La difficile strada della transizione (ora in Percorsi giuridici della post-modernità, Il Mulino, Bologna 2017).

21 Il che è avvenuto precisamente il 2 dicembre 2016.

22Percorsi nel giuridico pos-moderno, Editoriale Scientifica, Napoli 2017 («Lezioni Magistrali», n. 75).

23 E che è tuttora inedita.

24 Credo che sia utile per il lettore – anche se ciò risulta da quanto abbiamo sinora esposto – elencare, qui di seguito, tutti i contributi che formano il volume, tutti ospitati per la prima volta all’interno di una raccolta. I luoghi delle pubblicazioni originarie sono sparsamente segnalati nelle pagine di questa premessa introduttiva: La legalità costituzionale nella storia della legalità moderna e pos-moderna (2008); La legalità costituzionale nella storia del diritto moderno (2009); La Costituzione italiana quale espressione di un tempo giuridico pos-moderno (2013); L’invenzione dell’ordine costituzionale: a proposito del ruolo della Corte (2016); L’invenzione della Costituzione: l’esperienza italiana (2016); Il giudice civile. Un interprete? (2016); Percorsi nel giuridico pos-moderno (2016); Giudici e legislatori (2016); L’invenzione del diritto: a proposito della funzione dei giudici (2017).

25 Il riferimento è a Giuseppe Ugo Rescigno, all’interno del Dibattito su ‘Giudici e legislatori’, in «Diritto pubblico», a. 2016, 2, p. 494.

26 A dimostrazione della veridicità di quanto scrivo oggi in questo testo del 2017, mi permetto di trascrivere quanto affermavo nella ‘nota introduttiva’ al mio già citato libretto Mitologie giuridiche della modernità, nel paragrafo 2 da me intitolato «Comprensione storiografica e strumenti comparativi» (p. 9): «La comparazione è un momento forte, che tende a esaltare le differenze, le opposizioni; lo storico che la usa corre il rischio di sembrar proporre nei due opposti il bene e il male, e la sua pagina può essere scambiata per manichea. Almeno in mano nostra, la comparazione vuole solo acuire la criticità dello sguardo. Le pagine che seguono hanno una valenza esclusivamente critica: vogliono liberare da luoghi comuni taluni punti nodali del nostro passato prossimo esercitando su di essi una comprensione autenticamente storiografica, comprensione mediante comparazione. Il che, nel caso nostro, in oggetti enfiati e deformati da una propaganda bisecolare, può voler dire ridurre a proporzioni più modeste creature ritenute come gigantesche nella comune coscienza. Ma si badi. Ridurre qui non vuol dire valutazione negativa fatta con spirito manicheo, qui ridurre vuol dire ricondurre il fenomeno nelle sue reali misure storiche». E aggiungevo, di seguito: «Un simile avvertimento mi viene spontaneo alla penna, pensando alla valutazione tendenziosa cui fu sottoposto qualche anno fa un mio volume di sintesi sulla esperienza giuridica medievale maliziosamente e arbitrariamente còlto come apologia medievistica da un recensore che faceva della prevenzione il suo occhiale preferito».

27 Cfr. Modelli storici e progetti attuali nella formazione di un futuro diritto europeo, in «Rivista di diritto civile», XLII (1996), parte prima, nonché Unità giuridica europea: un medioevo prossimo futuro?, in «Quaderni fiorentini», 31 (2002) e in «Studi Medievali», XLIV (2003). Il riferimento biblico, menzionato in questi due scritti, è Qoèlet (Ecclesiastes), 3, 1, che, nella traduzione latina di san Girolamo, porta: «Omnia tempus habent».

28 A. Carrino, Il suicidio dell’Europa. Sovranità, Stati nazionali e ‘grandi spazi’, Stem, Modena 2016 (la prima citazione è a p. 130, la seconda a p. 116, nota 24).

29 Per rifarmi ad alcune mie recentissime testimonianze, cfr. Novecento giuridico. Un secolo pos-moderno (2010), cit., p. 28, dove si parla di «realtà benefica e insostituibile dello Stato»; Universalismo e particolarismo nel diritto (2010), ora in Introduzione al Novecento giuridico, cit., p. 91, dove si afferma che «nella civiltà novecentesca socialmente economicamente tecnicamente complicata lo Stato non può non conservare un suo ruolo rilevante».

30 Ed è il filo conduttore del mio recentissimo libriccino Ritorno al diritto, Laterza, Roma-Bari 2015.

1 Io l’ho sostenuto da tempo e non per apologia del mio mestiere di storico del diritto. Si vedano, in particolare, Il punto e la linea (l’impatto degli studi storici nella formazione del giurista) (1996), ora in Società, diritto, Stato. Un recupero per il diritto, Giuffrè, Milano 2006; Storia del diritto e diritto positivo nella formazione del giurista di oggi, in «Rivista di storia del diritto italiano», LXX (1997); La storia del diritto nella formazione del giurista di oggi, in Per una riflessione sulla didattica del diritto con particolare riferimento al diritto pubblico, a cura di V. Cerulli Irelli e O. Roselli, Angeli, Milano 2000.

2 È l’intuizione elementare che sorregge il mio volume L’ordine giuridico medievale, Laterza, Roma-Bari 2008⁴.

3Summa Theologica, Prima Secundae, q. 90, art. 4.

4 È notabile che san Tommaso riconduca a un’attività razionale ordinativa anche il comando, lo imperium. Si veda Summa Theologica, Prima Secundae, q. 17, art. 1.

5 Ho esaminato questo grave problema storico-giuridico in Modernità politica e ordine giuridico (1998), ora in Società, diritto, Stato, cit.

6 Jean Bodin, Les six livres de la République, Scientia, Aalen 1977 (rist. anast), liv. I, chap. VIII, pp. 132-133.

7Essais,liv. III, chap. XIII.

8 Ho segnato questo itinerario in Il diritto tra potere e ordinamento (2005), ora in Società, diritto, Stato, cit.

9 Mi sia consentito di rinviare ad alcune mie recenti riflessioni: Un recupero per il diritto: oltre il soggettivismo moderno, ora in Società, diritto, Stato, cit.

10Ho ritenuto di doverle ‘commemorare’, perché resti salda in ogni giurista la memoria di quella nefandezza legale: Pagina introduttiva (a sessant’anni dalle leggi razziali italiane del 1938), in «Quaderni fiorentini», 27 (1998).

11 P. Calamandrei, La certezza del diritto e le responsabilità della dottrina (1942), ora in Opere giuridiche, vol. I, Morano, Napoli 1985.

12 Se ne accorse lo stesso Calamandrei alla fine della sua vita, in quei primi anni Cinquanta quando egli, portatore di un fervido credo post-illuministico, nello sfascio di un disastroso dopoguerra, cominciò a confrontarsi con le erosive visioni cattolica e marxista. È di questi giorni (settembre 2008) la pubblicazione, a cura della nipote Silvia, del testo inedito di una conferenza fiorentina del gennaio 1940, nella quale però il giurista appare ancora sostanzialmente immerso nel suo inveterato legalismo (cfr. P. Calamandrei, Fede nel diritto, Laterza, Roma-Bari 2008). Calamandrei non aveva ritenuto di pubblicarla, e si sarebbe fatto probabilmente bene a rispettare questa implicita volontà dell’autore, tanto più che, a far data dal suo primo ‘corso’ costituzionalistico dopo la Liberazione, il suo atteggiamento si fa complesso, e i dubbii cominciano a prevalere sulle vecchie convinzioni ormai insostenibili (cfr. P. Grossi, Stile fiorentino. Gli studi giuridici nella Firenze italiana 1859/1950, Giuffrè, Milano 1986, pp. 160 sgg.).

13 Un disegno sommario ne abbiamo dato, da ultimo, in una recente sintesi: L’Europa del diritto, Laterza, Roma-Bari 2008³.

14 P. Grossi, Mitologie giuridiche della modernità, Giuffrè, Milano 2007³.

15 Faccio mia una espressione felice dello storico Fernand Braudel.

16 È la diagnosi, acuta e storicamente esatta, che il giovane Santi Romano compie nel famoso discorso inaugurale pisano del 1909, intitolato senza reticenze Lo Stato moderno e la sua crisi (ora in Lo Stato moderno e la sua crisi. Saggi di diritto costituzionale, Giuffrè, Milano 1969).

17 Un esempio – che diviene allarmante per essere ancora formalmente intatto – è rappresentato dalle ‘Disposizioni preliminari’ al Codice Civile italiano del 1942.

18 Esemplari almeno gli articoli 2, 4, 5, 29, 42, 45, 46.

19 G. Dossetti, La ricerca costituente 1945-1952, a cura di A. Melloni, Il Mulino, Bologna 1994, p. 105.

20 Ivi, p. 103.

21 Ivi, p. 101.

22 Ivi, p. 102.

24 La relazione lapiriana convalida, infatti, pienamente quanto si è or ora detto. Si ponga mente a questo passo concernente i primi articoli della redigenda Carta: «Questi due articoli imposterebbero così organicamente tutta la prima parte della Costituzione: questa prima parte, infatti – con la determinazione progressiva che in essa viene fatta dei diritti essenziali della persona e di quelli delle comunità, verrebbe a costituire uno specchio fedele della reale struttura della società. La quale non conosce soltanto singole unità personali; essa conosce altresì quelle comunità naturali – comunità familiare, comunità religiosa, comunità di lavoro, comunità locali, comunità nazionale – delle quali le singole persone sono necessariamente membri e nelle quali sono organicamente e progressivamente integrate» (G. La Pira, La casa comune. Una costituzione per l’uomo, a cura di U. De Siervo, Cultura, Firenze 1979, p. 152). Nella ‘Discussione’ La Pira insisterà sul fine della Costituzione individuato nella «tutela dei diritti originari ed imprescrittibili della persona e delle comunità naturali» (ivi, p. 181). Nell’intervento sul progetto di Costituzione tenuto nella seduta dell’11 marzo 1947, sottolineando l’esigenza di una Costituzione duratura e domandandosi il perché del crollo di altre Carte costituzionali europee, La Pira precisa: «Ora perché questo crollo? Perché c’è sproporzione fra la reale natura umana, la reale struttura del corpo sociale e la volta giuridica. C’è sproporzione e una Costituzione è in crisi perché ha errate le fondamenta e i muri maestri» (ivi, p. 239). Quel che si può trarre da queste citazioni è che in esse ci si sforza di riportare l’analisi dell’Assemblea Costituente a una lettura di quella realtà anteriore rappresentata dal popolo italiano con il suo patrimonio di valori diffusi.

25 Cfr. più sopra, p. 14.

1 La civiltà moderna percepisce con lucidità la funzione preziosa del diritto – di tutto il diritto – quale cemento unitivo della compattezza dello Stato, tende a controllarlo e a strumentalizzarlo. Il risultato è quella accuratissima costruzione giuridica cui si accenna nel testo.

2 Il riferimento è a L’autonomia privata e le autorità indipendenti, a cura di G. Gitti, Il Mulino, Bologna 2006, p. 7. Ho rilevato questo atteggiamento in uno scritto recentissimo: P. Grossi, Il diritto civile tra le rigidità di ieri e le mobilità di oggi, in Scienza giuridica privatistica e fonti del diritto – «Quaderni di diritto privato europeo-Atti», 1 – Incontro di studio, Bari, 4 dicembre 2007, a cura di M. Lobuono, Cacucci, Bari 2009, p. 43.

3 Turbolenti, perché segnati dalle insofferenze del quarto ‘stato’, che si traducono in lotte sociali scoperte e violente, anche se minimizzate o addirittura ignorate dalla pseudo-democrazia ferreamente mono-classe.

4 Per un lettore professionalmente giurista parecchie delle annotazioni, che accompagneranno il testo della lectio,appariranno superflue. Esse sono state redatte pensando a un lettore fornito anche di altissima cultura ma sfornito di cultura giuridica, nel tentativo di permettergli una migliore comprensione.

5 Vale la pena di avvertire che la storia giuridica europea è fatta, almeno durante l’età moderna e fino a ieri, da due storie che corrono autonome e parallele: quella dell’Europa continentale e quella del regno d’Inghilterra. È – questa – una realtà, giuridicamente e non solo geograficamente insulare, dove si continua a vivere per tutta l’età moderna secondo una visione del diritto che è quella medievale, persistendo infatti l’affidamento dello sviluppo del diritto a un ceto di esperti – nel caso inglese, a un complesso e conchiuso ceto giudiziale – più che al potere politico, non proponendosi dunque di là dalla Manica il nesso strettissimo, quasi la vincolazione necessaria, fra potere politico e produzione del diritto che invece si afferma sempre più sul continente.

6È questa l’idea forte che sorregge la mia ricostruzione del diritto medievale (cfr. P. Grossi, L’ordine giuridico medievale, Laterza, Roma-Bari 2008⁴).

7 Ho chiarito l’orientamento descritto sommariamente in queste righe in uno scritto che ìntegra opportunamente la sintesi ricordata alla nota 6: P. Grossi, Un diritto senza Stato. La nozione di autonomia come fondamento della costituzione giuridica medievale (1996), ora in Assolutismo giuridico e diritto privato, Giuffrè, Milano 1998 (in lingua tedesca sta in Staat, Politik, Verwaltung in Europa. Gedächtnisschrift für Roman Schnur, Duncker und Humblot, Berlin 1997).

8 Sintagma questo – assolutismo giuridico – che credetti opportuno di coniare alcuni anni fa, che ha riscosso generale adesione per la puntualizzazione efficace che offre ma anche qualche rilievo critico. Guardàndovi con l’occhio disteso dal tempo, io continuo a ritenerlo ben espressivo di una svolta di grosso rilievo nella storia del diritto. Chi volesse saperne di più potrebbe leggere i saggi raccolti in Assolutismo giuridico e diritto privato, cit., e soprattutto il saggio introduttorio: Ancora sull’assolutismo giuridico (ossia: della ricchezza e della libertà dello storico del diritto).

9 Tommaso D’Aquino, Summa Theologica, Prima Secundae, q. 90, artt. 3 e 4.

10 Il riferimento è soprattutto al seguente, recentissimo e ricchissimo, volume: C. Vasoli, Armonia e giustizia. Studi sulle idee filosofiche di Jean Bodin, Olschki, Firenze 2008.

11 «commandement du souverain usant de sa puissance» è la sua definizione di loy (J. Bodin, Les six livres de la République, liv. I, ch. VIII, De la souveraineté). Bodin non manca di sottolineare la clausola di stile, con la quale – per tutto l’antico regime – si chiudono le ordonnances regie: «car tel est nostre plaisir», significando eloquentemente che, nella psicologia assolutistica del potere politico moderno, volere e piacere tendono a identificarsi (ibid.). Il re di Francia, per tutto l’antico regime, un limite – però – l’aveva, e cioè nella piattaforma consuetudinaria composta di usi immemorabili che veniva a formare quasi la costituzione materiale, non scritta ma fondativa, del Regno.

12 Montaigne, Essais, liv. III, ch. XIII.

13 Volutamente, segno costituzionalismo e non costituzionalismo moderno, per fare intendere che non si condividono affatto gli immotivati anticipazionismi di chi vorrebbe sorprendere un costituzionalismo antico e uno medievale, con il risultato negativo di riunire in un solo fascio realtà profondamente diverse, di fare del costituzionalismo un vago e imprecisato basamento comune e, soprattutto, di togliere la sua inconfondibile tipicità al movimento che si sviluppa nei secoli XVII e XVIII.

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