Le origini della televisione
Lo scenario è a 10 chilometri da Manhattan, dove si stende una grande area chiamata
Flushing Meadows, che un tempo era una palude infestata dalle zanzare. È il 30 aprile
del 1939: di lì a pochi mesi Hitler invaderà la Polonia e in Europa sarà l’inizio
della seconda guerra mondiale. Ma anche qui sta per compiersi un evento di portata
epocale. Si apre, tra grandi cerimonie, l’Esposizione Universale di New York. Il titolo
è impegnativo: Costruire il mondo di domani. L’obiettivo delle grandi corporations americane che hanno prenotato uno “spazio”,
qui nel Queens, è stupire il mondo con qualcosa di straordinario. C’è la General Electric,
colosso dell’elettricità, che presenta Elektro, una specie di robot attaccato alla
presa della corrente che riesce a fare molte cose divertenti, persino fumare una sigaretta;
la General Motors, regina delle automobili, presenta un’animazione delle autostrade
del futuro, fiumi di macchine che, comandate a distanza, corrono velocemente lungo
i grandi spazi del continente americano; c’è la Borden, che si spinge ancora oltre
con Rotolactor, un bizzarro dispositivo a valvole in grado di lavare, asciugare e
mungere ben 150 mucche.
C’erano mezzo milione di persone, quel giorno, all’inaugurazione della grande Fiera.
Alcune a bocca aperta, altre un po’ perplesse. E ce n’erano poi alcune migliaia sparse
nell’area metropolitana di quella che sarebbe diventata la Grande Mela, alle quali
era stato concesso il privilegio di partecipare in prima persona all’evento. La Rca,
la società che possedeva la catena radiofonica Nbc, aveva scelto la Fiera del 1939
per presentare l’ultima meraviglia delle meraviglie, una “cosa” chiamata tv. Una telecamera
primordiale, montata su una struttura ingombrante quanto una gru, era stata installata
su una piattaforma a poco meno di 20 metri dal palco degli speaker. Alle 12.30 si
era accesa per inquadrare il sindaco di New York, il mitico Fiorello La Guardia, che,
curiosissimo, era sceso dal palco per avvicinarsi a quello strano trabiccolo. Subito
dopo, il presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt veniva inquadrato
mentre pronunciava il discorso di inaugurazione.
C’erano soltanto 200 televisori accesi quel giorno nell’area metropolitana di New
York, per la gran parte posseduti da dirigenti della Nbc o da eccentrici miliardari.
Ma c’erano anche parecchi monitor nel grande atrio del quartier generale della Rca
a Manhattan, in alcune vetrine di grandi magazzini e negli stand dell’Esposizione
riservati alle società. Tutti coloro che videro le prime inquadrature di La Guardia
e Roosevelt rimasero impressionati dalla nitidezza delle immagini. David Sarnoff,
gran capo della Rca, rilasciò subito un’entusiasta dichiarazione ai giornalisti, non
esitando a definire rivoluzionaria quella fresca invenzione e annunciando che, dal
giorno dopo, la Rca avrebbe messo in vendita gli apparecchi necessari perché tutti
godessero di un simile prodigio della tecnica.
Sono passati più di 60 anni da quel giorno. Di Elektro, il robot che fuma sigarette,
non c’è traccia, le autostrade continuano ad essere solcate da automobili guidate
da esseri umani, e nessuna fattoria si è dotata di quel dispositivo ideato per lavare
e mungere le mucche. Quanto alla tv, come sappiamo, è andata diversamente. Le parole
di Sarnoff non erano esagerate: ha cambiato il mondo in cui viviamo.
1.1. Un’invenzione “plurale” e internazionale
La tv non venne inventata nella primavera del 1939, né dai tecnici della statunitense
Rca. In realtà decine e decine di scienziati, tecnici, accademici e inventori da salotto
sparsi in mezzo mondo avevano contribuito nel cinquantennio precedente a far sì che
allo spettacolo di Flushing Meadows potesse arridere il successo. La storia delle
origini della tv è la storia di un progetto collettivo, sviluppatosi in parte in modo
involontario, come capita spesso per le grandi scoperte o le grandi svolte dell’umanità.
Ed è una storia poco conosciuta, forse proprio perché non è legata a un singolo evento
o a un personaggio di grande spicco.
La tv vide la luce al termine di quel mezzo secolo straordinario per la storia dell’umanità
che ci ha regalato tra l’altro la fotografia, il cinema, la radio, il telefono. La
sua invenzione non ha rappresentato una svolta così straordinaria rispetto alle precedenti
dal punto di vista tecnologico: ne è stata una perfetta sintesi. Non è un caso che
ipotesi e fantasie si siano sviluppate prima dell’invenzione della radio, sulla base
invece delle meraviglie viste al cinematografo. O che qualcuno, non potendo ancora
immaginare le possibilità offerte dalla trasmissione di un segnale elettromagnetico
via etere, abbia pensato prima che alla tv al videotelefono, cioè a una tecnologia
che si è sviluppata solo in tempi più recenti. L’invenzione della tv, dunque, è molto
controversa e circa la sua paternità non sono mancate accese polemiche. Se la sono
disputata gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, ma un ruolo decisivo hanno svolto alcuni
studiosi di origine russa.
Proprio perché legata allo sviluppo di tecnologie, l’evoluzione del mezzo televisivo
ha attraversato fasi alterne, con accelerazioni e stasi, complici gli eventi economici
e politici del secolo. In sintesi, si possono indicare quattro periodi fondamentali
nella fase pionieristica: quello compreso tra il 1870 e il 1890, nel quale si iniziò
a configurare la trasmissione di immagini a distanza come tecnologia a sé stante,
mentre procedeva lo sviluppo del cinema e del telefono; gli anni che vanno dal 1920
al 1935, durante i quali la sperimentazione conobbe un’accelerazione grazie alla crescita
collaterale della radiofonia; il periodo compreso tra il 1935 e la seconda guerra
mondiale, che vide la nascita dei primi servizi di diffusione pubblici e privati nel
mondo anglosassone; infine, dopo il conflitto, gli anni in cui decollò l’industria
televisiva vera e propria, con al centro il sistema produttivo, e si affermò lo show
business americano.
La nascita dell’idea di tv – per usare un’espressione platonica – si può collocare
approssimativamente attorno al 1870, cioè alcuni anni prima dello storico esperimento
di Marconi. Come si è accennato, in seguito all’invenzione e allo sviluppo della telefonia
e della telegrafia, apparve naturale pensare di abbinare la rappresentazione delle
immagini alla trasmissione della voce. Ma l’impulso decisivo a questa fase pre-pionieristica
venne in realtà dalle ricerche nel campo dell’elettricità, che avevano già consentito
la realizzazione di prodotti pronti per il consumo, come i generatori, la pila, il
parafulmine. L’ipotesi di una tele-visione (cioè di un “vedere a distanza”, come dice
l’etimologia della parola) stimolava anche la fantasia degli artisti. Nel 1879 una
rivista britannica pubblicò un disegno che mostrava una giovane coppia davanti a un
caminetto, intenta a guardare una partita di tennis su uno schermo. Tre anni dopo,
sempre per restare nel campo della pura immaginazione, il francese Albert Robida disegnò
una serie di immagini raffiguranti una famiglia in salotto impegnata a seguire le
fasi di una guerra lontana e, addirittura, a frequentare corsi universitari a distanza
o a fare shopping davanti a uno schermo. Robida scrisse anche un romanzo, dal titolo
Ventesimo secolo, nel quale il congegno immaginato veniva chiamato «telefonoscopio».
Quanto agli scienziati del tempo, essi sapevano benissimo qual era la strada da percorrere
per trasformare la fantasia in realtà. Pensiamo a una fotografia in bianco e nero
pubblicata su un giornale: ingrandendo l’immagine o usando una lente, la foto si scompone
in una serie di puntini neri. Se i puntini in una certa area sono molto fitti, quella
zona appare nera; se la concentrazione è inferiore avremo il grigio e infine, in assenza
di puntini, si vedrà soltanto il bianco. Ebbene, se qualsiasi immagine si può sminuzzare
in un certo numero di piccoli segnali elettrici, proprio come i puntini neri, trasmessi
e quindi ricostruiti da un ricevitore, allora il gioco è fatto. Sembra semplice, ma
ci sono voluti anni e anni per trasformare la teoria in un’apparecchiatura davvero
funzionante.
Il problema principale era quello di trovare un mezzo capace di convertire in segnali
elettrici le variazioni di luminosità delle immagini che si volevano diffondere. I
ricercatori, inoltre, erano in grado di risolvere il problema della trasmissione di
immagini fisse, ma per quelle in movimento le cose apparivano notevolmente più complicate.
Un passo importante fu la scoperta, nel 1873, da parte di Joseph May, delle capacità
fotoelettriche del selenio: esposto alla luce, questo elemento chimico consentiva
di trasformare l’energia luminosa in energia elettrica. I ricercatori di fine Ottocento
giunsero ben presto a immaginare che, aggregando migliaia di cellule di selenio organizzate
come l’interno dell’occhio umano nel punto di formazione dell’immagine di un obiettivo
e collegandole una ad una ad altrettante lampadine, si poteva ricostruire un’immagine.
Sfortunatamente, per inviare un’immagine di qualità almeno accettabile ci sarebbe
stato bisogno di 250.000 piccole lampadine collegate con 250.000 sottilissimi fili.
Bisognava escogitare un metodo più semplice: occorreva esplorare l’immagine in modo
sequenziale, elemento per elemento, invece che tutta in una volta, nel suo insieme.
Ciò si poteva realizzare con una tecnica chiamata scanning (“scansione”), che è tuttora alla base del funzionamento della tv. Per migliorare
la trasmissione occorreva esplorare per punti e linee l’immagine, e ciò si poteva
effettuare mediante due specchi rotanti, uno sul piano verticale e l’altro sul piano
orizzontale.
Nel 1880 una nuova tecnologia rivoluzionaria, la lampada elettrica a incandescenza
inventata da Edison, spianò la strada, finché nel 1884 Paul Gottlieb Nipkow, un ricercatore
tedesco di origine russa, giunse a una soluzione fondamentale per la nascita della
tv. Realizzò un disco rotante con fori equidistanti in una figura a forma di spirale:
mentre il disco girava, una porzione sempre diversa di una data immagine appariva
dai fori; qualche metro più in là, un altro disco collegato con una cinghia si muoveva
in sincronia con il primo, regolando la quantità di luce che filtrava e veniva a cadere
su uno schermo di selenio fotosensibile. Il segnale trasmesso agiva, all’arrivo, sull’accensione
di un tubo al neon posto dietro al secondo disco, in modo che la luce modulata in
intensità fosse vista solo attraverso la successione dei fori, dando vita così all’immagine.
Considerato a buon diritto uno dei padri della tv, Nipkow brevettò tale dispositivo,
ma non riuscì mai a costruire un modello che funzionasse davvero. In realtà aveva
già raggiunto un traguardo importante. Il disco di Nipkow, con opportune modifiche,
rappresentò l’elemento chiave della tv “meccanica” (o, per meglio dire, elettromeccanica),
che fu alla base dei prototipi sviluppati fino alla metà degli anni Trenta, data in
cui il mezzo televisivo divenne totalmente elettronico.
Altri ricercatori proseguirono sulla strada di Nipkow. A San Pietroburgo un professore
di fisica, Boris Rosing, studiò un metodo alternativo al disco di Nipkow. Utilizzando
un nuovo dispositivo, il tubo a raggi catodici (o tubo di Braun), egli riuscì a riprodurre
una scena elettronicamente, utilizzando un flusso di elettroni fatti scorrere sullo
schermo fotosensibile sotto la guida di magneti. Anche Rosing brevettò la sua invenzione,
che chiamò «occhio elettrico» (1907). Quattro anni dopo riuscì effettivamente, con
questo sistema, a inviare un’immagine grezza. Sfortunatamente il suo lavoro venne
interrotto dallo scoppio del primo conflitto mondiale e poi della rivoluzione russa
(il geniale professore fu arrestato ed esiliato). Il tubo di Braun, comunque, sarebbe
rimasto la base per lo sviluppo dei moderni tubi da ripresa e cinescopi.
Per una di quelle straordinarie coincidenze che accompagnano le grandi scoperte dell’umanità,
negli stessi anni un inventore scozzese, Alan Archibald Campbell-Swinton, era riuscito
per conto proprio a costruire un dispositivo molto simile a quello di Rosing.
1.2. I “padri”
Alla fine della prima guerra mondiale, dunque, i princìpi teorici che sono alla base
del funzionamento della tv erano stati di fatto già acquisiti e si erano anche effettuate
alcune dimostrazioni pratiche con qualche successo. La parola cominciava a circolare
negli ambienti accademici, anche se in alternanza con altre possibili denominazioni.
Nel frattempo, la prosecuzione degli studi sulla radio assicurava il supporto necessario
per la trasmissione delle immagini. Infine, con l’invenzione del triodo, progenitore
dei tubi elettronici, iniziò la tecnica di generazione, amplificazione e modificazione
della forma d’onda dei segnali.
I dieci anni di gran lunga più importanti per lo sviluppo della tv furono gli anni
Venti, nei quali i progressi andarono di pari passo con la crescita della radiofonia.
Ed è una storia quasi tutta americana. Si ricordano alcune delle tappe principali:
l’ideazione di una tecnologia tv a scansione meccanica, pratica ma di vita breve;
poi, lo spostamento delle sperimentazioni dai laboratori dei singoli inventori a quelli
di grandi compagnie come Rca e General Electric; infine, la conquista del futuro business
da parte dell’industria radiofonica. Negli Stati Uniti, in effetti, né il mondo hollywoodiano
dello spettacolo né l’amministrazione federale di Washington colsero l’importanza
della novità. Fu così che il sistema televisivo si sviluppò a immagine e somiglianza
di quello radiofonico.
In questa fase evolutiva, comunque, si incontrano alcuni tra i “padri della tv”. Negli
Stati Uniti Charles Francis Jenkins, un inventore geniale che aveva già ideato un
proiettore di immagini in movimento e aveva trovato il modo di spostare il motore
dell’automobile da sotto i sedili alla parte anteriore, iniziò a occuparsi di quella
che chiamava «radiovisione». Nel 1925, utilizzando un nuovo sistema a scansione, riuscì
a trasmettere un segnale a distanza di 10 chilometri.
In Gran Bretagna, nel gennaio del 1926, lo scozzese John Logie Baird presentò al pubblico
nella vetrina di un negozio un aggeggio da lui battezzato «televisore» (fu il primo
a usare il termine). Utilizzando il disco di Nipkow, riuscì a mandare in onda tre
spettacoli al giorno per tre settimane e il risultato fu così incoraggiante che Baird
trovò subito un finanziatore interessato ad arricchirsi vendendo quegli apparecchi.
Baird aveva realizzato un’evoluzione del famoso disco grazie all’utilizzo di tubi
elettronici che consentivano un’adeguata amplificazione dei deboli segnali emessi
dalla cellula fotoelettrica. Il suo televisore rudimentale trasmetteva una minuscola
immagine analizzata su 28 righe in ragione di 12,5 volte al secondo.
Fu grazie a Baird che la Gran Bretagna, insieme agli Stati Uniti, conquistò la leadership
della nuova tecnologia. Nel 1929 un trasmettitore a Daventry realizzò trasmissioni
con un’immagine scandita su 30 righe. Ricerche sulla scia di quelle di Baird vennero
compiute in altri paesi europei, tra cui l’Italia con Banfi e Castellani.
In America, Jenkins pensò subito a come trasformare in business le sue invenzioni
e diede vita a una società per la costruzione sia di trasmettitori sia di apparecchi
di ricezione tv. Nel 1929, la Frc (Federal Radio Commission) aveva già concesso il
nulla osta a 18 stazioni. L’audience di queste emittenti sperimentali, naturalmente,
non era né ampia né di buon livello, essendo composta in prevalenza da ingegneri elettrici
e da eccentrici ricconi in grado di pagarsi ricevitori prototipo.
Un episodio curioso, in quegli anni, si svolse alla Nbc. Uno dei primi programmi sperimentali
diffusi da quello che sarebbe diventato un colosso della tv dei nostri giorni aveva
per protagonista il gatto Felix. La scelta non era casuale: per collocare sotto il
calore terribile dei riflettori un oggetto che non si fondesse, i tecnici della Nbc
avevano scelto un gatto di legno posto sul piatto di un fonografo (né un gatto vero
né un essere umano avrebbero potuto disporsi sotto l’occhio della telecamera di allora
senza finire arrosto). L’immagine di Felix era comunque in movimento e, nonostante
la primitiva scansione a sole 60 righe (gli standard attuali sono di 525 linee negli
Usa e 625 in Europa), la sagoma del felino risultava abbastanza riconoscibile.
Alla fine degli anni Venti la tv sembrava in ogni caso avviata negli Stati Uniti verso
un’ascesa folgorante. Ma così non fu. La tecnologia meccanica, a causa dei limiti
cui s’è fatto cenno sopra, presentava troppi inconvenienti. Trasmettere “ombre” di
un gatto rotante non poteva bastare, nonostante l’impegno profuso nel campo dell’elettronica
da diverse società, desiderose di accrescere il proprio raggio d’azione. Gli schermi
tv avevano le dimensioni di pochi centimetri quadrati, le immagini (tendenti al rosa
o all’arancione) erano molto disturbanti, e l’intera apparecchiatura necessaria era
grossolana e rumorosa. Dopo il 1929, con la Grande Depressione, divenne sempre più
difficile per le imprese trovare risorse da destinare a un’attività dal futuro così
incerto. Le autorità pubbliche ci credevano talmente poco che l’agenzia governativa
Frc non fece nulla per definire gli standard necessari alla nascente industria, né
per trovare alla tv uno spazio nell’etere attraverso l’attribuzione di frequenze nello
spettro elettromagnetico. Occorreva, insomma, un passo in avanti tecnologico, il salto
verso l’elettronica. E ancora una volta furono singoli inventori a compierlo.
I due personaggi che più hanno contribuito allo sviluppo della tv furono Vladimir
Kozmic Zvorykin (ancora un russo) e Philo Farnsworth. Il primo era stato allievo
di Boris Rosing a San Pietroburgo e, emigrato negli Stati Uniti dopo la prima guerra
mondiale, era stato assunto nei laboratori di ricerca della Westinghouse. Lì iniziò
il suo lavoro su quello che aveva chiamato l’«iconoscopio», cioè l’occhio di una telecamera
elettronica, progettato nel 1923. Nel 1929 convinse David Sarnoff della Rca che il
futuro della tv non poteva che essere nell’ambito della tecnologia elettronica. Venne
assunto e proseguì le sue ricerche nel campo dei ricevitori e delle apparecchiature
di ripresa. Nei primi anni Trenta, sotto la guida dei due sperimentatori russi, i
progressi tecnici nei laboratori Rca risultarono di tutto rilievo.
Più affascinante la storia di Philo Farnsworth. Cresciuto nell’Idaho, lontano dalle
grandi società della East Coast, mentre era al liceo il ragazzo stupì i suoi insegnanti
tracciando su una lavagna lo schema di funzionamento di un’apparecchiatura che era
già una vera e propria tv elettronica. Nel 1926 Farnsworth si trasferì a Salt Lake
City, nello Utah, e cercò di convincere investitori privati a finanziare le sue ricerche.
Il giovane inventore sviluppò ben presto l’image disector, che raggiungeva gli stessi risultati dell’iconoscopio di Zvorykin, in base però
a una progettazione diversa. La Depressione costrinse Farnsworth e i suoi soci a passare
più tempo a cercare fondi che a promuovere ulteriori esperimenti. Alla fine il progettatore
passò alla Philco, una produttrice di radioricevitori concorrente della Rca.
Negli anni Trenta la ricerca negli Stati Uniti continuò a ritmi accelerati. Zvorykin
perfezionò il suo dispositivo interamente elettronico, Nbc e Cbs inaugurarono le prime
emittenti sperimentali a New York con le sigle W2xbs (oggi Wnbc) e W2xab (oggi Wcbs).
A guidare l’industria del settore restava comunque David Sarnoff della Rca. Nel 1935,
all’assemblea degli azionisti della società, egli annunciò un piano da un milione
di dollari per portare la tv dai laboratori di ricerca al grande pubblico. Ma il passo
necessario ancora da compiere era quello di migliorare la qualità delle immagini.
Il sistema di Zvorykin aveva aumentato le righe di scansione da 120 a 240 (il gatto
Felix, ricordiamo, era a sole 60) e già nel 1937 le trasmissioni si effettuavano a
441 righe, cifra molto vicina agli standard attuali. In soli dieci anni, comunque,
la tv si era trasformata da un arcaico sistema di cinghie, specchi e fari in un sistema
elettronico con una singola parte meccanica in movimento.
Già all’inizio degli anni Trenta, come si è detto, le strategie per il controllo del
nuovo business erano ben avviate. Sul carro della tecnologia tv in America si erano
insediate grandi corporations come Westinghouse, Rca e Philco, mentre sul fronte del
broadcast tutto era in mano alle catene che già offrivano radiofonia. Nel 1937 ebbero
luogo i primi esperimenti di network, cioè di emittenti tv in catena. Collegate da
cavi presi in affitto dalla compagnia telefonica, due stazioni a New York e Filadelfia
iniziarono a dividersi la programmazione.
Nel frattempo anche la Gran Bretagna aveva avuto il suo giorno storico: il 2 novembre
1936 all’Alexandra Palace di Londra il ministro delle Poste e Telegrafi del governo
Baldwin inaugurava la prima trasmissione televisiva quotidiana della Bbc. Così il
Regno Unito conquistò la palma del primo paese al mondo con una programmazione regolare:
due ore, una al pomeriggio e una la sera, con i discorsi di circostanza e una canzone
di Adele Dixon. La prima emissione copriva solo la capitale e gli immediati dintorni.
Il debutto ufficiale della Bbc fu seguìto naturalmente da quelle poche centinaia di
londinesi che si erano potute permettere l’acquisto dell’unico tipo di televisore
allora in commercio: dieci pollici di schermo, costo pari a quello di un’utilitaria.
Ma già nel 1937 la cerimonia di incoronazione di Giorgio VI venne seguita, si stima,
da 10.000 spettatori. Senonché il 1° settembre 1939 una telefonata dal quartier generale
della Bbc ad Alexandra Palace ordinò di spegnere tutto: era scoppiata la guerra e
in onda c’era un allegro cartone animato di Topolino. La tv britannica si riaccenderà
solo il 7 giugno 1946, sempre con Mickey Mouse. Ma avrà accumulato, dal punto di vista
tecnologico, dieci anni di ritardo.
Negli Stati Uniti, intanto, dopo la storica presentazione di Flushing Meadows nel
1939, il gruppo Rca-Nbc avviò una programmazione regolare di dieci ore alla settimana,
che trasmetteva prevalentemente film ed eventi sportivi. Per stimolare le vendite
di televisori, unico modo per creare un’audience, Cbs e Rca si resero conto che occorreva
puntare sulla qualità tecnologica e presentarono alle autorità di Washington due progetti
concorrenti per l’introduzione della tv a colori. La Frc, divenuta nel frattempo Fcc
(Federal Communication Commission), si decise infine a stabilire gli standard tecnici
per la produzione di televisori, ma bocciò le richieste per il colore, definendole
premature. Al 1941 risale un altro passo avanti importante, con l’approvazione delle
licenze per tv commerciali a tempo pieno. Il 1° luglio dello stesso anno, la stazione
della Nbc a New York trasmise il primo spot pubblicitario della storia della tv mondiale.
Venne inquadrato per un minuto un orologio Bulova: la società versò nelle casse del
network 4 dollari. Alla fine del 1941 le licenze concesse negli Stati Uniti erano
salite a 32. Scoppiata la seconda guerra mondiale, le nuove stazioni tv furono pronte
a riprendere tempestivamente gli eventi. Nel giorno dell’attacco giapponese alla flotta
Usa a Pearl Harbor si sparse a New York la voce che aerei tedeschi erano in volo sull’Atlantico
con l’obiettivo di bombardare la città. Alla Cbs venne montata in tutta fretta una
telecamera su una finestra che dava sull’oceano per riprendere il nemico in arrivo;
a un certo punto lo staff del network pensò che i bombardieri tedeschi potessero utilizzare
il segnale tv come faro e smontò l’apparecchiatura. I nazisti, naturalmente, non arrivarono
mai.
La guerra ebbe un doppio effetto sul nascente business tv: la costruzione di molte
stazioni venne bloccata e quasi tutte quelle esistenti, tranne poche, abbandonarono
l’etere; ma, al tempo stesso, i migliori scienziati del paese si dedicarono alla ricerca
militare studiando soprattutto l’elettronica delle alte frequenze. Il loro lavoro
migliorò notevolmente la tecnologia del radar e, di riflesso, ebbe influssi positivi
sulla tv. Lo stesso stava avvenendo in Germania, dove venne impiantato un sistema
di controllo televisivo a distanza per seguire i lanci di prova dei razzi V2, destinati
a piovere sulla Gran Bretagna. A differenza degli Stati Uniti, dove l’affare era nelle
mani delle grandi corporations private, l’Europa si caratterizzò subito per l’impegno
dello Stato nel nuovo settore. Oltre che in Gran Bretagna e Germania, esperimenti
pubblici vennero condotti in Italia a partire dal 1930 e in Francia dal 1932. Nel
nostro paese le prime trasmissioni di carattere sperimentale si effettuarono nel 1939,
in un padiglione della Fiera di Milano: un quindicennio prima del varo ufficiale della
tv italiana.
Le conoscenze tecnologiche accumulate da molti paesi grazie all’economia di guerra
vennero subito applicate nell’industria televisiva, in forte sviluppo. Le linee di
produzione furono riconvertite per costruire apparecchi di ricezione a valvole e i
militari esperti nelle operazioni radar trovarono un nuovo posto di lavoro grazie
alla preparazione acquisita nel campo dell’elettronica.
Ora che tutto era pronto, restava però il problema di che cosa trasmettere. La scelta
cadde immediatamente su un paio di generi, tra cui prevalse la programmazione sportiva.
Nel 1947, negli Stati Uniti, il 60% delle trasmissioni erano di sport. Per ragioni
tecniche si partì con il pugilato e il wrestling, più facili da riprendere; poi si
passò al football e al baseball. Il livello qualitativo, però, restava modesto; il
pubblico era abituato alla ricchezza della programmazione radiofonica, ai suoi personaggi
più popolari. Il 1947, al di là della modesta audience, può essere comunque considerato
l’anno di nascita della tv in America. Il televisore standard per eccellenza era un
Rca, modello 630 TS, schermo di dieci pollici, 30 valvole. Più che a un moderno televisore,
assomigliava a una vecchia radio da tavolo con un piccolo schermo in mezzo. Bisognerà
aspettare il 1950 per vedere apparecchi dall’aspetto a noi familiare, rettangolari,
dalle dimensioni di almeno 20 pollici. L’anno di svolta fu però il 1948. Venne introdotta
la programmazione in network e alcuni popolari show radiofonici partorirono la propria
versione televisiva. Il più amato divenne Texaco Star Theater della Nbc, con Milton Berle, la prima star tv d’America. Fu il boom: nel 1948 la
Fcc ricevette richieste di autorizzazione a trasmettere da 300 stazioni, oltre alle
29 già funzionanti. In soli due anni, dal 1946, i televisori nelle case americane
passarono da 8000 a 172.000, in gran parte sulla costa orientale atlantica. Mentre
gli anni Quaranta volgevano al termine, le “potenze televisive” al mondo erano soltanto
quattro: Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e Francia. Nel 1953 la rivoluzione
si poteva considerare compiuta negli Stati Uniti, dove si contavano 328 stazioni televisive
che servivano un pubblico di 27 milioni di famiglie. In soli due anni, tra il 1954
e il 1956, ben 19 altri paesi europei avviarono ufficialmente servizi televisivi.
In Italia la data ufficiale di nascita del medium è il 3 gennaio del 1954.