L’egoismo non è razionale: critica dell’ideologia di mercato

“L’illusione liberista”, di Andrea Boitani: un estratto

Secondo l’ideologia liberista il mercato lasciato a se stesso crea le migliori opportunità e il maggior benessere per tutti. È un’illusione di cui questo libro critica le premesse economiche ed esplora le conseguenze etiche, sociali e politiche. Qui un estratto dal nuovo libro di Andrea Boitani, L’illusione liberista.

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Caro Professore,

abbiamo letto il suo articolo sul Sole 24 Ore dedicato ai guasti dell’egoismo razionale dell’8 dicembre 2017 e ne siamo rimasti incuriositi e interessati. Uso il plurale perché le scrivo a nome di un gruppo di lettura e discussione, che si occupa di cultura economica e finanziaria. Ci piacerebbe molto se lei potesse venire un pomeriggio da noi per sviluppare quello che sul Sole ha accennato e rispondere alle nostre domande.

Le anticipo che non tutti sono d’accordo che l’egoismo razionale presenti dei seri problemi etici per l’economia e le altre scienze sociali. Alcuni di noi si dicono convinti che si tratti di una ipotesi pienamente fondata e che, anzi, aiuti a capire i comportamenti umani in generale e soprattutto quelli dei politici, che a tanti sembrano molto più interessati ai propri vantaggi privati che al bene comune. Certo, pochi dei nostri associati sono disposti a seguire gli economisti quando cercano di spiegare coi loro strumenti i comportamenti criminali o il matrimonio. Ma anche tra chi non è disposto mi sembra che l’opinione più diffusa sia che queste escursioni degli economisti in altri campi della conoscenza siano tutto sommato innocue provocazioni. Quindi, se accetterà il nostro invito (come mi auguro), deve aspettarsi un dibattito aperto e assai vivace.

Molto cordialmente,
Glauco Mentore

La prospettiva di discutere in piena libertà mi fece accettare subito l’invito del gruppo di Glauco Mentore. Cominciai a lavorare per irrobustire i miei argomenti, cercando più fili da aggiungere e annodare all’esile trama imbastita per il quotidiano. Dopo tre o quattro mesi mi presentai all’incontro (all’epoca gli incontri erano ancora “in presenza”) con un testo un po’ più ampio di quello apparso sul Sole 24 Ore. La discussione che venne fuori fu davvero interessante (almeno per me) e presi parecchi appunti. Grazie ai quali rielaborai quel canovaccio per pubblicarlo poi nella rivista Vita e Pensiero (2019) col titolo “Egoismo ed empatia nelle scienze sociali”. Su molti temi c’erano ancora esili ponti di corde sospesi sul vuoto. In questo capitolo voglio consolidare qualche passaggio e andare un po’ più in profondità. Spero che lo sforzo di astrazione che la lettura di queste pagine richiede qua e là sia compensato dalla soddisfazione di arrivare al nucleo più profondo e problematico dell’ideologia di mercato.

Bene chiarire subito cosa intendo per “egoismo razionale” e quale sia il mio punto di vista in proposito. Un comportamento egoista è motivato esclusivamente dall’interesse personale, sia che quell’interesse sia misurato in termini di profitto ricavato da un’attività produttiva, di rendimento derivante da un certo impiego finanziario, di soddisfazione (o utilità) per il consumo di un insieme di beni e servizi, ecc.

Il comportamento è poi razionale se il nostro soggetto egoista, tra le tante alternative possibili di consumo, produzione o impiego finanziario, sceglie sempre quella che rende massimo il suo tornaconto, ignorando le conseguenze delle sue scelte per il resto del mondo, salvo che le sue azioni non mettano in moto reazioni che possano in qualche modo danneggiarlo (o favorirlo). L’egoismo razionale è la materia di cui è fatto l’uomo economico, quel “mammifero sgradevole” che popola i modelli degli economisti e che questi usano per spiegare fatti e fenomeni dell’economia, e poi anche fatti e fenomeni sociali un tempo ritenuti molto al di fuori del campo di studi dell’economia.

In questo capitolo cerco di convincere i lettori della bontà di cinque idee che mi stanno a cuore:

1) l’egoismo razionale non è una visione del comportamento umano riconducibile al padre fondatore dell’economia, Adam Smith, come molti economisti hanno voluto far credere per darsi un pedigree rispettabile;

2) l’esistenza e il buon funzionamento del mercato non si basano tanto sull’egoismo quanto sulla fiducia, che a sua volta è figlia dell’empatia e della natura di “animale sociale” dell’essere umano;

3) ci sono moltissimi e seri dubbi che anche nelle scelte economiche più elementari gli umani di carne e ossa agiscano come uomini economici, e, quindi, ipotizzare che lo facciano condurrebbe le imprese e gli investitori a previsioni e a decisioni sbagliate (con conseguenti perdite di soldi), per non parlare degli errori di previsione in cui cadrebbero (e in cui sono veramente caduti) gli economisti;

4) l’imperialismo degli economisti, fondato sull’esportazione dell’uomo economico in altre scienze sociali e nella politica, ha fatto danni, conducendo sia a gravi errori di interpretazione e previsione, sia a un significativo degrado dello “spirito pubblico” nell’attività politica;

5) la congiunzione dell’egoismo razionale con la trasformazione di tutte o quasi le cose buone della vita in merci che si possono vendere e comprare rischia di guastarle, di stravolgerne e corroderne il senso e il valore.

Meglio, molto meglio, se il mercato rimanesse il principale luogo (certamente non l’unico) in cui si organizzano e coordinano le molteplici attività di produzione e allocazione dei beni e servizi materiali. Un luogo in cui non operano egoisti uomini economici ma esseri umani, mossi da motivazioni complesse, che hanno radici tanto nell’interesse personale, quanto nell’empatia, nella lealtà, nel desiderio (e forse bisogno) di cooperazione. Per fortuna alcuni economisti – con l’aiuto di psicologi sperimentali, di sociologi e di filosofi morali – si sono incamminati su questa strada con risultati promettenti. A presidiare il fortino dell’egoismo razionale e dell’ideologia di mercato sono però ancora in tanti.

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