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Editori Laterza

Aggiornamento
giugno 2008

Introduzione

1. Le ricerche bibliografiche

2. Information retrieval:
strumenti e strategie

3. Opac e biblioteca virtuale

4. Biblioteche e Opac
nel mondo

5. Biblioteche e Opac
in Italia

6. Biblioteche
e Opac europei

7. Le biblioteche
e gli Opac statunitensi

8. Opac specializzati,
archivi e musei

9. Oltre i cataloghi: i testi

10. Banche dati: archivi
e host computer in Internet

11. Metarisorse generali
e informazioni per bibliotecari

Principali acronimi utilizzati

Bibliografia

Parte prima – Concetti e strumenti

3. Opac e biblioteca virtuale

[Introduzione]
Gli Opac tra Telnet e Web: un'evoluzione ormai completa
Opac: progetto e funzioni
La biblioteca virtuale: gli Opac e Xanadu
Modelli teorici di biblioteca virtuale
Da memex ai Plao: la biblioteca sulla scrivania
Diligent: un progetto europeo di biblioteca digitale in grid
Catalogare le risorse Internet
Metadati
Nuovi modelli di indicizzazione
Il Web semantico
Citare le risorse Internet
Caratteristiche dell'informazione in Internet
La valutazione delle risorse in Internet, l'accessibilità e l'usabilità


 

Secondo Laverna Saunders, curatrice tra l'altro di tre influenti raccolte di saggi (The virtual library, Meckler, 1993; The evolving virtual library, Information today, 1996; The evolving virtual library II, Information today, 1999) in gran parte valide e interessanti ancora oggi, la biblioteca virtuale nasce dall'unione del catalogo elettronico e della Rete, definizione non molto diversa da quella fornita da Carla Basili e Corrado Pettenati nel loro La biblioteca virtuale (Editrice Bibliografica, 1994); se si accetta questa definizione, tuttavia, anche gli Opac disponibili in Rete sono delle biblioteche virtuali, e anche prima della diffusione di Gopher e Www gli Opac avrebbero potuto fregiarsi della definizione di «virtual library». In fondo, qualsiasi piccola biblioteca che disponga di un catalogo elettronico consultabile da almeno un terminale situato al di fuori del proprio edificio acquisisce un'aura di virtualità.

D'altra parte, qualsiasi biblioteca resterà almeno in parte materiale fino a quando non riuscirà a smaterializzare completamente anche tutti i documenti posseduti, rendendoli disponibili in forma digitale. Questa osservazione è complicata dal fatto che oggi gran parte delle biblioteche includono nelle loro collezioni documenti digitali su supporto portatile, ad esempio su Cd-Rom, e permettono ai loro utenti locali l'accesso alle risorse informative disponibili in Rete. Se si prende in considerazione la diffusione che è in atto per gli e-book e per la stampa on demand di testi digitali, stabilire un confine netto tra virtual library e Opac è impossibile, soprattutto quando l'Opac è raggiungibile e interrogabile all'interno di pagine Web che contengono informazioni generali sulla biblioteca, costituendo nel complesso quello che viene definito webspace o website della biblioteca stessa.

Con la diffusione del Web il termine Opac è stato sempre più spesso sostituito da espressioni come virtual library, meta library, global library e via dicendo, e la scelta di una di queste rispetto alle altre avviene spesso in modo abbastanza casuale, non legata a precisi requisiti. La North Carolina University, ad esempio, aveva su Gopher un'interessante Library without walls, mentre alcuni semplici cataloghi di risorse Internet che hanno poco a che fare con una vera biblioteca sono sempre stati chiamati Virtual library. La definizione, molto ampia, di «punto di accesso unico al maggior numero possibile di risorse informative elettroniche» potrebbe comprendere anche pagine Web costituite da raccolte di link verso ulteriori pagine e risorse raggiungibili via Internet, raccolte di indirizzi che sono spesso chiamate virtual library, virtual reference desk o virtual reference room, rendendo ancora più vago il termine «biblioteca virtuale».

Se non esiste un confine preciso, esiste però un'evoluzione in atto. Le definizioni hanno un'importanza relativa; si possono invece individuare dei percorsi, degli avvicinamenti alla virtualità.

Una biblioteca non informatizzata, con cataloghi solo cartacei, è molto utile ed importante, ma completamente materiale, sebbene possa conservare anche dei documenti digitali. Una biblioteca informatizzata, con cataloghi digitali accessibili in Rete, può apparire materiale solo per la consultazione dei documenti che conserva, e già nel 1994 negli Stati Uniti alcuni bibliotecari avevano ipotizzato di mandare al macero i loro cataloghi cartacei, malgrado le proteste di chi li ritiene documenti di rilevante interesse storico. Se è possibile trasmettere agli utenti remoti, via Internet o con stampa on demand, anche il testo completo dei documenti posseduti dalla biblioteca, allora la virtualità è servita. E si può andare oltre. Realizzazioni con architettura distribuita e opportune interfacce tendono a far scomparire l'immagine della biblioteca come singola entità.

Con molti motori in grado di eseguire una stessa ricerca su più cataloghi, l'utente conserva la possibilità di sapere quale biblioteca sta consultando, ma può anche decidere che in prima battuta questa informazione non gli interessi, e ignorarla. Usando i cellulari e le reti wireless, inoltre, si può consultare un catalogo anche stando all'aperto. La fornitura a distanza, via Internet, di documenti digitalizzati è già in corso e si sta rapidamente espandendo.

In questi anni quello che era un semplice accesso on line ad un catalogo, un Opac, si è quindi trasformato in qualcosa di ancora non ben definito, nell'accesso non solo a un catalogo ma ad una biblioteca, che alcuni chiamano «virtuale», altri preferiscono definire «immateriale» o «senza pareti», e che possiede nelle varie definizioni delle caratteristiche molto diverse, ma con alcune linee di fondo comuni. L'elemento più importante di questa trasformazione è Internet, e la Rete stessa, come si vedrà, continua ad avere problematiche di catalogazione delle proprie risorse tali da farla apparire come un'enorme biblioteca virtuale, ancora da catalogare completamente.

Theodor Holm Nelson, che ha coniato il termine «docuverso» per indicare l'universo dei documenti disponibili, è forse la persona che più si è avvicinata all'eterna utopia di raccogliere e rendere disponibili per tutti in un unico spazio, come nella mitica Biblioteca di Alessandria, la totalità dei documenti esistenti.

Del progetto Xanadu, ideato da Nelson negli anni Sessanta e ampiamente documentato su <http://www.xanadu.com>, è stata annunciata più volte l’imminente realizzazione, ma tutto è sempre stato rimandato a un futuro che appare oggi ancora remoto e improbabile; lo Xanadu di Nelson avrebbe dovuto sostituire completamente ogni altro genere di pubblicazione e archiviazione, ospitando su una rete capillare di calcolatori tutti i documenti testuali e multimediali esistenti, anche i più effimeri e personali, con un meccanismo di protezione che avrebbe impedito la loro lettura senza il consenso esplicito dell’autore.

Da qualsiasi documento compreso in Xanadu, secondo Nelson, si sarebbe potuti passare a qualsiasi altro, seguendo diversi tipi di associazioni logiche in una sorta di ipertesto planetario (è stato proprio Nelson a coniare questo termine negli anni Sessanta) molto più onnicomprensivo ed efficiente del World Wide Web, di cui Nelson è stato un precursore.

La scrittura stessa dei documenti, sempre secondo Nelson, sarebbe avvenuta direttamente su Xanadu, e il sistema avrebbe conservato ogni successiva versione del testo e avrebbe permesso di citare qualsiasi altro documento presente sulla rete semplicemente aprendo, a pagamento e nel rispetto del diritto dell'autore, una finestra su di esso. Oggi, dopo le vicende di Napster, il problema dei sistemi in grado di garantire il Digital right management (Drm) e di difendere il diritto d'autore è ancora in buona parte da risolvere.

La virtualizzazione della biblioteca, in definitiva, è un processo a più livelli, privo di soluzioni di continuità. La biblioteca virtuale è sempre esistita, se si pensa che ogni catalogo o bibliografia, in quanto collezione immateriale di libri fisicamente dislocati altrove, non è reale.