Indice Estratto

Edizione: 2010, IV rist. 2021
Pagine: 448
Collana: Biblioteca Storica Laterza
ISBN carta: 9788842092872
ISBN digitale: 9788858116807
Argomenti: Storia antica

L'Impero romano

Santo Mazzarino

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«L'Impero romano, lungi dall'essere la roccaforte della conservazione, è piuttosto l'immagine della disgregazione di un mondo, la storia della classicità che si disfa e muore: il fatto sociologico più rilevante nella storia della nostra cultura.» In quest'opera, Santo Mazzarino affronta i grandi temi della civiltà occidentale, dal saecolum Augustum alla fondazione degli Stati romano-barbarici nel V secolo d.C., in una sintesi che salda la storia dell'Impero alla storia della Chiesa cristiana. Il racconto della cultura romana, dell'economia, della religione e la storia politica e militare si intrecciano in questa organica e brillante narrazione dell'apogeo e della lunga crisi del mondo romano. Questo strardinario classico della storia è firmato dal più autorevole dei suoi studiosi.

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Edizione: 2021
Pagine: 448
Collana: Biblioteca Storica Laterza
ISBN: 9788842092872

L'autore

Santo Mazzarino

Santo Mazzarino (1916-1987) è stato ordinario di Storia romana presso la facoltà di Lettere di Roma. Tra le sue opere: Stilicone; Dalla monarchia allo Stato repubblicano ; Fra Oriente e Occidente; Aspetti sociali del IV secolo; La fine del mondo antico; Antico, Tardo-antico ed era costantiniana (2 volumi).

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¹ Nonostante guerre sarmatiche, britanniche ecc.

² Questa formula prepara salvis dominis nostris del basso impero, e tuttavia può già trovarsi, in nuce, nell’epoca augustea (§ 12).

³ WO ii, 273 può risalire al 185 come al 216. Del resto, l’annona è già in Pl., Pan. Tr. 20.

⁴ Si pensi a tasse del secondo o dei primi due secoli: per es. la coemptio di frumento, la fornitura di fieno ecc. Il merito di avere «scoperto» l’annona è del Van Berchem.

⁵ Citerò un esempio tipico: le multe contro chi si opponga a manomissioni nel tempio di Apollo Lairbeno sono sempre rimaste uguali dai tempi di Marco a quelli di Severo Alessandro (sempre 1500 denarii).

⁶ Rara nel mondo ellenistico: per es., Demetrio «l’Etolico».

⁷ Ulpiano è parens dell’imperatore (C. I. iv, 65, 4: da aggiungere alla documentazione su parens principum nell’importante lavoro di Straub, «La nouv. Clio», 1952, p. 96).

⁸ Un documento di questa tendenza di Severo Alessandro è forse pervenuto a noi, in un papiro, che però da qualche studioso è attribuito a Giuliano l’Apostata: esso attesta remissione di aurumcoronarium.

⁹ Che sembra rimontare, per altro, a Marco e Commodo.

¹⁰ Così leggo, per lo meno quanto al senso, nel passo corrotto e tanto discusso θρψαι εναι Μαρκας: dove propongo θρεπτν εναι Μαρκας, scil. Κλλιστον.

¹¹ I due passi, capitali per la nostra indagine, sono Dig. ii, 13, 4; C. I. iv, 25, 3. – Com’è noto, il più importante monumento per la storia dei banchieri nel nostro periodo è l’Arco degli argentarii (letteratura infra, xxix). La sua interpretazione è strettamente connessa con la grossa questione relativa alla 1. 6 dell’epigrafe di esso (ILS, 426): argentari et negotiantes boari huius loci qui invehent devoti numini eorum (scil. di Severo, Caracalla e Iulia Domna), dove loci qui invehent è sostituito al semplice loci. Per le spiegazioni che se ne sono date cfr. Madaule, «Mél. Éc. Rome», 1924, pp. 116-121; Haynes-Hirst, 7; e ultimamente le fini osservazioni di Pallottino, pp. 36-38. Io propongo la seguente spiegazione: quando Caracalla istituì il foro suario, i boarii si impegnarono a una praestatio di caro porcina (di fatti, alle praestationes corporative di caroporcina i boarii erano obbligati durante il basso impero [che è l’unica epoca per cui abbiamo sufficiente documentazione di queste cose: Nov. Val. 36, del 29 giu. 452, in cui i boarii forniscono caroporcina per 950 solidi, dunque 228000 libbre, insieme coi pecuarii]). In conseguenza, i boarii fornitori del foro suario istituito da Caracalla (ultimamente Muth, «Mus. Helv.», 1945, p. 227) precisarono che l’arco era espressione non già di puri e semplici boarii come all’epoca di Settimio Severo, ma di boarii che importavano per es. carne lucana di porco ecc. Nella interpretazione che qui propongo, la correzione (che dovette essere sentita come necessaria e importante) è il più antico documento dell’istituzione del foro suario, accanto al passo di Filostrato ricordato supra, § 50.

¹²Dig. xiv, 3, 19. Basta questo testo per correggere la comune opinione (per es. Laum, RE, Supplb. iv, 1924, 76), secondo cui a Roma, a differenza che in Atene, le operazioni di mutuo delle banche sarebbero state assai rare. La banca di Callisto impiegava il capitale offerto dai piccoli risparmii dei Cristiani in imprese di credito: naturalmente, il saggio dell’interesse per questi mutui era superiore al saggio dell’interesse che la sua banca doveva pagare a coloro che leaffidavano i propri risparmi in deposito. L’importanza dei deposita dei piccoli risparmiatori cristiani nella vita della comunità cristiana si esprime addirittura negli impegni cultuali dei cristiani all’epoca di Plinio il Giovane (cfr. ne depositum appellatiabnegarent della famosa lettera di Plinio a Traiano, antichissimo documento del culto cristiano); di qui l’importanza di banche, che quasi chiameremmo «banche cristiane» (cfr. infra) per lacustodia dei deposita. – L’Apocalisse di Pietro, che vadatata ai primi decennii del ii secolo, è il testo cristiano che espressamente condanna coloro i quali, ricchi, non hanno pietà di orfani e vedove, e coloro i quali prestano e domandano «interessi degli interessi»; prestito a «interesse degli interessi» e danno recato a orfani e vedove sono uniti in un solo peccato da Sib. ii, 269-270. Da questi testi emerge la necessità di banche, per così dire, cristiane, al duplice fine di fornire mutui a vedove e orfani, e di riceverne i deposita. (L’Apocalisse di Pietro – una specie di Divina Commedia con Paradiso e Inferno – è un testo canonico, sebbene di canonicità discussa, – per la Chiesa romana dell’epoca di Marco Aurelio [Canone Muratori, ll. 71-73]; esso era dunque anteriore al Poimén di Hermas, che lo stesso Canone Muratori considera – cfr. infra, § 59 – un testo recenziore, e per questa recenziorità non canonico; di qui la mia datazione dell’Apocalisse di Pietro ai primi decenni del secolo secondo). – Sulla storia dell’interesse, è sempre fondamentale il vecchio Billeter.

¹³Rationes è, come abbiamo visto, il termine tecnico usato da Ulpiano; corrispondente a λγους in Ippolito. – Naturalmente, le oscillazioni del saggio di interesse colpivano la moneta divisionale, non già la moneta d’oro o (tanto meno) i lingotti di oro e di argento. Ma Callisto aveva fatto prestiti monetarii in moneta divisionale, la moneta dei piccoli risparmiatori. Si noti che la ricchezza in pecuniae è sempre distinta dal possesso dei lingotti: per es. nel de aleatoribus (età di Commodo?, cfr. infra) l’enumerazione delle ricchezze (p. 103, 21-22 H) consiste in aurumargentum pecunias fundos villas. Questa distinzione delle pecuniae da aurum e argentum è un tratto caratteristico, che noi moderni difficilmente intendiamo: così, per esempio, il Riese, nella sua edizione della Historia Apollonii regis Tyrii, ha erroneamente espunto, a p. 55, 3 et pecunias, laddove, viceversa, il testo genuino dedit aurum argentum et pecunias nec non et vestes pretiosissimas vaconservato senza alcun dubbio. L’errore del Rieseè significativo; così come è anche significativo che la tradizione più tarda della HistoriaApollonii, redatta quando la moneta divisionale (pecuniae)era ormai del tutto caduta, abbia dedit aurum multum et argentum multum et vestes pretiosissimas. Così, la tradizione duplice della HistoriaApollonii ci fa assistere al passaggio dall’economia del iii secolo, fondata su oro e argento e moneta divisionale, all’economia alto-medioevale (attraverso quella del basso impero), in cui contano solo i valori reali in oro ed argento. Aggiungo altri testi significativi: nel derebus bellicis (epoca di Costanzo ii) troviamo aurumargentumque et lapidumpretiosorum magna vis, e poi aeriserogatio; nel sermo 127 di Agostino troviamo aurum vel argentum vel pecuniamvel fructus aliquos qui in tua possessione nascerentur; nella Notitiadignitatum (Or. 13, 31; Occ. 11, 97) le pecuniae (corrispondenti alla aeris erogatio del de rebus bellicis) sono pure distinte dall’oro e dall’argento monetati o massicci.

¹⁴ Che Callisto abbia confessato, è evidente dall’esito dell’accusa; del resto, se Callisto avesse negato la sua fede, Ippolito ce lo avrebbe sicuramente detto. Confessor è, nella terminologia dell’epoca imperiale, colui che confessa la sua fede in Cristo; la prima attestazione di questa terminologia si può trovare nel famoso qui fatebantur (scil. se esse Christianos) di Tacito. In senso lato, il concetto di martyr (che normalmente va distinto dal semplice confessor) puòcomprendere il confessor torturato e condannato.

¹⁵ S’intende, in accordo con le tendenze più avanzate del pensiero pagano, per cui già in epoca neroniana (Petronio) et servihomines sunt (cfr.anche Iuv. vi, 222). Il cristianesimo del basso impero, in conformità di quella che noi chiamiamo «prospettiva charismatica», ha tuttavia evitato un livellamento del tutto rivoluzionario e antisociale.

¹⁶ Cfr. soprattutto le importanti conclusioni del De Robertis, Il diritto associativo romano (1938); ivi altra letteratura.

¹⁷ Secondo la interpretazione che qui propongo, la funzione della ekklesia inquanto didaskaleion della secta cristiana spiegherebbe la possibilità di riunione dei Cristiani sul piano culturale: sebbene il didaskaleion abbia come obietto la catechesi, in realtà la connessione di rhema e kerygma (Paul., Rom. 10, 8; cfr. oraElert, Abendmahl u. Kirchengemeinschaft, 1954, p. 62) finisce col determinare, nell’ambiente umanistico dell’impero, la unificazione progressiva della lettura (di profeti e apostoli; di qui, l’avvio alla fissazione del canone, cfr. infra) con il culto eucaristico (il processo di unificazione si può seguire dal tempo di Plinio il Giovane all’epoca di Giustino; cfr. Cullmann, Il culto nella Chiesa primitiva, 1948,p. 28; fondamentali, per la storia del culto cristiano, le Origines del Duchesne e ora la Liturgiegeschichte del Klauser). In conclusione, l’impero doveva vedere nelle riunioni cristiane dei didaskaleia regolari, salvo ad ammettere le denunce private per il crimine di cristianesimo o (nel dogma di Settimio Severo) di proselitismo cristiano.

¹⁸H. A., Vita Alex. Sev., 49, 6, su cui Geffcken, «Hermes», 1920, p. 285. Ultimamente Momigliano, «Journ. of the Warbourg a. Courtauld Inst.» 1954, p. 40. Il più importante testo cristiano relativo alla Roma di età severiana è nei versi 7-9 della famosa iscrizione di Abercio, su cui Abel, «Byz.», 1926, p. 311; Grégoire, «Byz.», 1933, p. 89; Calder, «Journ. Rom. St.», 1939, 1; Strathmann-Klauser, «Reall. f. Ant. u. Chr.», 1, 1950, p. 12. Non c’è alcun dubbio che questa iscrizione sia cristiana; essa è di epoca vicina al 216. I versi relativi a Roma si trovano nel seguente contesto: «costui (il Maestro del gregge puro) – il quale mi mandò a Roma a βασιλειαναθρσαι e a vedere la regina vestita d’oro e calzata d’oro; lì vidi un popolo che ha λαμπρν σφραγεδαν. E io vidi la piana di Siria e tutte le città e Nisibi, passato l’Eufrate. Dappertutto ebbi com[pagni] portando (conme) Paolo su[l carro?]» (ciò significa che nella capsa di Abercio come nel 180 in quella dei martiri scillitani, ci sono libriet epistulae Pauli viri iusti). «La fede mi precedeva dovunque e dovunque mi dava come nutrimento l’Ichthys» ecc. Qui c’è la descrizione di viaggi autentici, di autentiche città viste. E anche la descrizione di Roma deve riferirsi ad autentiche «cose viste». Cadono dunque le comuni spiegazioni esoteriche od allegoriche. Così come avverte di aver visto Nisibi al di là dell’Eufrate, allo stesso modo Abercio vuol avvertire il suo lettore che egli ha potuto osservare il Palatium (leggo dunque βασλει ναθρσαι) ed ha visto l’imperatrice, la quale ha quelle vestes auratae che appunto caratterizzano i gynaecea imperiali (pel basso impero, C. Th. x, 21), ed infine che ha visto il populus di Roma con quella toga candida (λαμπρν) che è la sua caratteristica (σφραγεδαν). La mia interpretazione (per βασλεια = reggia, cfr. Lc. 7, 25; per λαμπρν = bianca, cfr. Lc. 23, 11 ecc.) riduce l’epitafio di Abercio nei termini normali di un’evocazione di esperienze missionarie (anche il viaggio a Roma è, a suo modo, un’esperienza missionaria) raccontate come le Praxeis raccontavano i viaggi di Paolo. Abercio non si rivolgeva a noi dotti, ma ai lettori del suo tempo, i quali sapevano che Roma era la città del popolo in bianca toga (anche stavolta, il basso impero ci aiuta, facendoci notare l’importanza dello habitus quo uti oportet intra urbem sinanche nell’epoca delle brache barbariche, C. Th., xiv, 10; naturalmente, nell’epoca commodiano-severiana l’incomoda toga bianca era lo habitus per eccellenza imposto dalle ordinanze imperiali). Conclusione: questi cristiani di Oriente, quando erano sinceramente antimontanisti (come nel caso di Abercio), esaltavano, o per lo meno rispettavano altamente, la città di Roma, anche nella sua manifestazione urbana più tipica, la toga («l’abito veramente degno dei padroni del mondo»: Carcopino, La vita quotidiana, trad. it. 1947, p. 244);come l’antimontanista Gaio contrapponeva a Montano i tropaia di Roma. Ippolito, l’antipapa di Roma, non avrà avuto altrettanto amore per l’anticristica (§ 59) padrona del mondo. Altra conclusione: Abercio è riuscito a vedere, forse a visitare, un’imperatrice dei Severi: Iulia Domna? Iulia Mamea, ammiratrice di Origene?

¹⁹ Tert., Adv. Marc. iv, 4; De praescr. haeret. 30.

²⁰ Settemiladuecento sesterzi all’anno sono piccolissima cosa in confronto coi 200.000 sesterzi annui di un procurator ducenarius o coi 100.000 di un centenarius o 60.000 di un sexagenarius. E tuttavia, questi 7.200 sesterzii sono addirittura il salarium di un vescovo di Roma, e per giunta di un vescovo pagato bene (appunto per questo la fonte di Eusebio riferisce il particolare del salario). Essi equivalgono a sei volte la paga semplice (dunque, senza donativi) di un legionario. Questi dati sono indicativi delle classi di redditi nell’epoca di Commodo: la distanza enorme fra il salario dei procuratori e quello di un vescovo di Roma chiarisce (in termini del metodo traslativo di Ragnar Frish) l’altissimo valore numerico della elasticità dell’utilità finale del denaro nell’epoca che studiamo, e la funzione «democratica» dell’economia ecclesiastica di rinunce in questo periodo.

²¹ Per intendere l’importanza di questo punto, si pensi alla lettera di Plinio: ne depositum appellati abnegarent; cfr. supra n. 12, § 58.

²² Questi concetti sono dominanti nel de aleatoribus pseudociprianeo. L’impressione generale è che questo testo sia proprio dell’epoca di Commodo, o vicino a questa (diversamente, per es., Lamer, RE, s.v. Lusoria tabula; Ludwig, Die Primatw. Mt., 16,18-19, 1952, p. 36); nel canone del suo autore rientrano Doctrinae apostolorum, in una redazione a noi non pervenuta. Lo scritto (importante per l’affermazione dello apostolatusducatus et vicariaDomini sedes nella chiesa romana) è opera di un vescovo di Roma, il quale dunque – a differenza dal Canone Muratori, che non ne fa neanche cenno – considerava canoniche tali Doctrinae apostolorum. Ma anche questa constatazione non ci consente una datazione sicura dell’importante scritto. Vanno notati i moltissimi volgarismi e l’assenza di ogni cenno alle persecuzioni: questa assenza parlerebbe forse per l’epoca di Commodo.

²³ Tert., Apol. 39, 7.

²⁴ Un testo fondamentale sul pagamento di presbiteri (ed eventualmente lettori) nel iii secolo è una lettera del vescovo di Cartagine, Cipriano (ep. 39, 5), dove appunto si distinguono sportulae e divisiones mensurnae. Altri passi di Cipriano importanti per lo studio dell’economia ecclesiastica: ep. 1, 1 (il clero deve ricevere le decime, ad imitazione della levitica tribus; si notil’espressione sportulantes fratres); ep. 34, 4 (divisio mensurna); ep. 41, 2 (stipendia); cfr. de lapsis 6; de habitu virginum, specialmente 8-11; e soprattutto il de opere et eleemosynis. – Ladistinzione fra stipendio e sportule, com’è evidente nell’economia ecclesiastica di epoca ciprianea, così doveva essere importante nell’economia burocratica imperiale del terzo secolo (nonostante la proibizione di Costantino – C. Th. i 16, 7 –, l’aggiunta delle sportule allo stipendio è normale all’epoca di Giuliano – cfr. i miei Aspetti sociali, pp. 403-404; 165-167 – e poi per tutto il basso impero). Così, il parallelismo di economia statale ed economia ecclesiastica ci consente di cogliere un fenomeno tipico di questa congiuntura inflazionistica di epoca imperiale: la moltiplicazione delle «voci» dell’onorario. Poiché lo stipendium non basta più, si aggiungono i guadagni occasionali (noi moderni diremmo: i casuali) o sportulae, fondati sulle contribuzioni personali di coloro che presentano petizioni ecc. (nel caso dell’economia statale) o chiedono charismi ecc. (nel caso dell’economia ecclesiastica). In entrambi i casi, agisce l’eterna legge che la spesa regola l’entrata, e non viceversa.

²⁵ È una tipica conseguenza di deficienze statali: precisamente dello scioglimento della legio III Augusta, scioglimento che andò dal 238 al 253 (C viii, 2634), ed a cui non fu di compenso la presenza di una vexillatio «maura» (C viii, 2716) al posto della legio.

²⁶ Schwartz, Über die pseudoapostolische Kirchenordnung, 1910; Connolly, The so Called Egyptian Church Order, 1916;ultimamente Botte, Hipp., La trad. ap., 1946;«Rech. Théol. anc. et méd.», 1949, p. 177.

²⁷ Se è nel vero l’interpretazione da noi proposta supra, § 22. – Oltre alla letteratura già data nella Parte seconda, sitengano presenti le due monografie principali sull’Anticristo: la vecchia del Bousset (1895) e la recente del Rigaux (1932); (del 1932 anche Güntermann, Die Eschatologie des hl. Paulus).

²⁸ Cfr. § 29.

²⁹ Fra le interpretazioni sinora proposte, la migliore è indubbiamente quella del Piganiol, «Mélanges Glotz», 1932, p. 723, il quale identifica la bestia dalla terra con Balbillo. Ma le due corna simili ad agnello sembrano indicare un personaggio di origine giudaica: e così intendeva Ippolito. Per questa ragione io propongo un’identificazione con Agrippa ii: infatti, la bestia dalla terra «ha una ferita della spada e visse» (ς χει τν πληγν τ.μ.κ.., 1314, deve intendersi della bestia dalla terra, come mostra il pronome relativo maschile, parallelo al maschile λγων che pur si riferisce alla bestia dalla terra), così come Agrippa ii, il quale, com’è noto, fu ferito. È naturale che l’intransigente e fanatico giudeocristianesimo vedesse in Agrippa ii, il fondatore di Neroniade, un vero e proprio Anticristo; egli era, insieme con la sorella Berenice, il personaggio più influente nella Roma dei Flavii; ed in questa epoca, in cui tutti si piccavano di profezie (anche il «profetico» Flavio Giuseppe, amico di Agrippa ii) e di magia, egli poteva forse essere accusato di pratiche magico-cultuali a favore degli imperatori suoi amici. – Letteratura sull’Apocalisse di Giovanni, ultimamente in Rissi, Zeit u. Gesch. in der Offenbarung des Joh. (1952).

³⁰ Giudeocristiana, anche con il suo concetto gioannitico del Logos: un’ulteriore prova, se ce ne fosse bisogno, che il concetto del Logos (come ha mostrato Dürr) ha origine giudeocristiana, e non ellenocristiana.

³¹ Le ragioni della fissazione del canone sono un eterno cavallo di battaglia della polemica confessionale. Dal punto di vista storico, esse non possono intendersi all’infuori della finis attesa e temuta. La mia datazione del Canone Muratoriano è dovuta a nuperrime di l. 74; in fine temporum di l. 80 esclude l’attribuzione di esso a Ippolito, sostenuto a torto da Zahn, Forsch. x (1929), p. 58; Ippolito scrive in greco (e non già nel latino volgare del Canone Muratoriano), e pone la finis temporum nel 500 d.C.; senza dire, poi, che la grande attività di Ippolito si svolge ben più tardi del Canone Muratoriano, e che il suo canone non coincide punto col Canone Muratoriano (infatti, Ippolito cita 1 e 2 Petr.,e 1 Ioh.). Last but not least: l’elenco degli scritti di Ippolito nella statua del Laterano non contiene l’indicazione di un canone, e ιδα ες πσας τς γραφς significa «carmi a (proposito di) tutte le scritture», né più né meno. – Vale forse la pena di tradurre, per maggiore chiarezza, le ll. 73-80 del Canone Muratoriano: «il Pastore lo scrisse recentissimamente, ai nostri tempi, in Roma, Hermas, mentre suo fratello il vescovo Pio sedeva sulla cathedra della chiesa della città di Roma: è dunque opportuno leggerlo, ma non può esser pubblicato alla comunità nella chiesa» [come scritto canonico] «(perché non si colloca) tra i profeti, essendo completo il numero di questi, né tra gli apostoli, (essendo stato scritto) alla fine dei tempi»; questa traduzione è l’unica possibile. – Il culto domenicale descritto da Giustino (Apol. i, 67) consiste, per ciò che riguarda la lettura biblica, in un’assemblea in cui si leggono «memorie degli Apostoli» o «scritti dei profeti»; si noti, anche qui, la distinzione, che rispondeva ad una distinzione di epoche. – Al solito, la differenza tra la concezione pagana del tempo, e quella cristiana, si coglie benissimo nell’interpretazione del concetto di εαγγλιον: cfr. supra, § 19; gli «evangelii» pagani tendono a convertirsi in singoli εαγγλματα (questo termine nella lettera di Settimio Severo e Caracalla a Nicopoli dell’Istro; cfr. l’elenco di testi in Robert, «Bull. Corr. Hell.», 1936, p. 187) festivi, laddove l’«evangelio» cristiano è annunzio del Regno di Dio e dunque della finis temporum. Si ricordino le osservazioni sul FerialeDuranum a § 19. – (È ora apparso un libro del Quacquarelli su La concezione cristiana della storia nei Padri prima di Agostino.)

³² «Bull. Com.», 1941, p. 191, nr. 29; cfr. Barbieri, L’albo senatorio, p. 397, nr. 2277.

³³ Seè nel vero l’integrazione da me proposta: infra, xxix.

³⁴ Su questo punto, l’importante monografia di Donini; e inoltre Cecchelli, Monum. crist.-er di Roma, pp. 35 sgg.; altra letteratura infra, xxxv; cfr. giàil vecchio Neumann.

³⁵Comm. Dan. IV, 9. Questo passo – il più importante testo di autore del iii secolo sull’impero romano – va considerato alla luce di quello che H. Fuchs chiama Der geistige Widerstand gegen Rom. Ippolito stesso sottolinea, a principio del passo, l’importanza della sua breve digressione. Il punto più importante è κ πντων τν θνν (quegli θνη che nel 500 si ribellarono, secondo Ippolito) συλλγουσα τος γενναιοττους καταρτζει ες πλεμον Ρωμαους τοτους ποκαλοσα. Vale la pena di sottolineare che proprio un atteggiamento spirituale di questo genere («i valorosi – chiamati romani», anche se non lo sono) spiega l’evoluzione semantica di Ρωμαος a indicare «soldato» in genere (specie in siriaco, dove putacaso rho¯ma¯je¯ possono indicare addirittura i soldati del re persiano: cfr. ora Schaeder presso Altheim, Niedergang, ii, 1952, p. 511). La pratica dei diplomi militari (supra, xxvi; cfr. quello di Massimino che citerò innanzi a § 60), continuatasi del resto pur dopo la constitutio di Caracalla, può aver contribuito ad un’evoluzione semantica Romanus = miles.

³⁶ Eus., h. e. vi, 7.

³⁷ Eus., h. e. vi, 19, 15.

³⁸ La mia ricostruzione si fonda altresì sul presupposto che l’elenco delle opere di Ippolito nella statua del Laterano deve essere un elenco cronologico: la mancanza dei Philosophumena, dell’Anticristo del Commentario a Daniele (che è posteriore all’Anticristo), si spiega solo se la statua fu eretta prima che si pubblicassero i Philosophumena (diversamente Bovini, «Bull. Com.», 1940, p. 109); non si può spiegare altrimenti. Per la connessione di libri ed eikón in questo periodo, cfr. sempre la statua di Nestore, con l’indicazione che i suoi libri si trovano nella biblioteca del tempio (infra, xxix). – Per lo Iosepos diNautin (infra, xxxv), basterà osservare quanto già accennammo. Iosepos è «cristianizzazione», «traduzione biblica», del nome Hippolytos; per l’identificazione della statua i vecchi argomenti del Bunsen son sempre validi.

³⁹ Deduco questo particolare, al solito, dal dealeatoribus.

⁴⁰ Delehaye, Et. sur le Lég. rom., 1936, p. 194.

⁴¹ Hipp., Comm. Dan. iv, 18.

⁴² Ios., Ant. Iud. xviii, 3, 4.

⁴³ Nonostante l’aspro conflitto tra Giudei e Cristiani, ancora in questo periodo qualche cristiano sentiva l’attrazione della religione-madre, e si convertiva (anche per sfuggire alle persecuzioni) al giudaismo. – L’insistenza di Cassio Dione su Apollonio di Tiana va confrontata con la presenza di Apollonio e di Cristo a un tempo nel larario di Severo Alessandro secondo la H. A. 29, 2 (infra, App. ii).

⁴⁴ Qualcuno ha pensato (Lagrange) che essa fosse già nel canone di Ippolito.

¹ Cfr. supra, § 59. Naturalmente, Ippolito intendeva la sua definizione per tutto l’impero, in genere; ma essa vale, in realtà, per il tempo di ferro in cui egli scriveva. Non possiamo pretendere che il vescovo «rigorista» della comunità di Roma giudicasse obiettivamente le ragioni per cui l’impero romano era divenuto un organismo per eccellenza militare; ma è significativo che egli intuisse il carattere essenzialmente guerresco di tutto l’organismo imperiale in questa epoca di ferro – anche se una tale intuizione si concludeva, per lui, in un’aspra ed ingiusta condanna.

² La presente ricostruzione e interpretazione di Massimino si fonda soprattutto, oltre che su Erodiano, Hist. Aug., ecc., sul Protreptico di Origene: da questo deduco, tra l’altro, i particolari sulle richieste di Massimino nella persecuzione ai Cristiani (lo Helios di Orig., Protr., 7 è il Sol invictus [con destra levata in alto] della monetazione di Massimino).

³ In ultima analisi, la politica economica di Massimino si fonda, dunque, sul contrasto fra circolazione aurea e circolazione divisionale: cfr. supra, § 58, n. 13. La «politica avversa all’aureus» è sempre in funzione delle pecuniae con cui si pagano i soldati.

⁴ Alludo soprattutto a Hohl, «Klio», 1942, p. 266 (cfr. ultimamente l’edizione e commentario di Hohl, Maximini duo Iuli Capitolini, 1949, pp. 5-6); Ensslin, «Rh. Mus.»,90, 1941, 1.Mentre il Hohl crede Micca e Hababa una semplicededuzione da μιξοβαρβρων, viceversa Ensslin concede ad Altheim che Micca e Hababa sianoautentici nomi barbari. Come si è visto nel testo, io ritengo che i due punti di vista non si escludano: la H. A. ha «giuocato» con μιξοβαρβρων,tirandone fuori due autentici nomi barbarici, precisamente il gotico Micca e l’alano Hababa. Forse (ma dico questo con ogni riserva) può aver contribuito al «giuoco» della H. A. il concetto della identità Getae-Gothi,che era un dato comune nell’epoca stiliconiana (cfr. ultimamente A. Lippold, Rom u. die Barbaren in d. Beurteilung des Orosius,diss. Erlangen, 1952, p. 126, n. 268).

⁵ Molti studi escludono (così, ultimamente, anche Bersanetti, Studi sull’imp. Massimino,18, 4) che Paolina sia stata consacrata dopo la morte di Massimino: ma la moderazione ispirata dalla moglie a Massimino nel 238 è una circostanza a cui le classi dirigenti diedero enorme rilievo, ed è la sola che può spiegare la consacrazione della donna, che era ancor viva (come dimostra, appunto, il suo consiglio di moderazione in Gordianorum actibus)all’epoca della rivolta.

⁶ È merito del Bersanetti, op. cit., p. 9, aver criticato la dottrina di un mancato riconoscimento di Massimino da parte del senato nel 235: nulla di più assurdo, come basterebbe a mostrare la comunicazione delle vittorie germaniche al senato, ecc.

⁷ Su questo punto, non dubiterei della notizia su oratoreTitiano in Maximini duo 27, 5 della H. A.

L'Impero romano

L'autore

Santo Mazzarino

Un monito scelto dalla famiglia Laterza come esortazione alla tenacia e ad una costante crescita.

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