Indice Estratto

Edizione: 2004, V rist. 2010
Pagine: 278
Collana: Manuali Laterza [198]
ISBN carta: 9788842073833
ISBN digitale: 9788858118795
Argomenti: Storia del libro e delle biblioteche

La biblioteca

Scenari, culture, pratiche di servizio

Giovanni Solimine

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La rivoluzione digitale sta trasformando radicalmente i modi della produzione e le dinamiche dell'organizzazione e della circolazione del sapere. Uno studio completo sulla biblioteca contemporanea che è anche un manuale di biblioteconomia.

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Edizione: 2010
Pagine: 278
Collana: Manuali Laterza
ISBN: 9788842073833

L'autore

Giovanni Solimine

Giovanni Solimine insegna presso l’Università di Roma La Sapienza, dove dirige il Dipartimento di Lettere e Culture moderne. È presidente della Fondazione Bellonci - Premio Strega e presidente onorario del Forum del libro.

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¹ Jean-François Lyotard, La condizione postmoderna. Rapporto sul sapere (1979), Milano, Feltrinelli, 19813.

² Fabio Ciotti, Gino Roncaglia, Il mondo digitale: introduzione ai nuovi media, Roma-Bari, Laterza, 2000, p. 318.

³ Cfr. Programme des Nation Unies pour le Développement, Rapport mondial sur le développement humain, Genève, Onu, 1999.

⁴ Quando non indicato diversamente, le fonti di questo e degli altri dati sulla diffusione di Internet, aggiornati a fine 2003, sono <http://cyberatlas.internet.com/> e <http://www.glreach.com/globstats/>.

⁵ La stima, riportata nelle fonti sopra citate, è stata effettuata da Nielsen-Netratings, agenzia leader per questo genere di rilevazioni.

⁶ Fonte: Eurobarometro.

⁷ Armand Mattelart, Storia della società dell’informazione (2001), Torino, Einaudi, 2002, pp. 132-38.

⁸ Kofi A. Annan, We the peoples: the role of the United Nations in the 21stcentury. Millennium report of the Secretary-General of the United Nations, New York, United Nations. Department of Public Information, 2000, p. 32.

⁹ Cfr. Michael Gorman, I nostri valori. La biblioteconomia nel XXI secolo (2000), Udine, Forum, 2002.

¹⁰ Valga per tutte la ‘classica’ definizione di Lucien Febvre che, riferendosi al libro a stampa, ne parla come «di uno degli strumenti più potenti di cui abbia disposto la civiltà occidentale per raccogliere il pensiero sparso dei suoi rappresentanti e conferire tutta la forza possibile alla meditazione individuale dei ricercatori, trasmettendola anche ad altri». Cito dalla Prefazione a Lucien Febvre, Henri-Jean Martin, La nascita del libro (1958), Roma-Bari, Laterza, 1977, vol. I, p. 7.

¹¹ Guglielmo Cavallo, Roger Chartier, Introduzione, in Storia della lettura nel mondo occidentale, a cura di Guglielmo Cavallo e Roger Chartier, Roma-Bari, Laterza, 1995, p. xi.

¹² Cfr. Guglielmo Cavallo, Cultura scritta e conservazione del sapere: dalla Grecia antica all’occidente medievale, in La memoria del sapere. Forme di conservazione e strutture organizzative dall’antichità a oggi, a cura di Pietro Rossi, Roma-Bari, Laterza, 1988, pp. 29-67.

¹³ Cfr. Colin Henderson Roberts, The Codex, in «Proceedings of the British Academy», XL, 1954, pp. 169-204.

¹⁴ Cfr. Eric G. Turner, I libri nell’Atene del V e IV secolo a. C., in Libri, editori e pubblico nel mondo antico. Guida storica e critica, a cura di Guglielmo Cavallo, Roma-Bari, Laterza, 1975, pp. 3-24. L’intervento di Turner non piacque a Piero Innocenti, che lo criticò abbastanza duramente recensendo la raccolta curata da Cavallo in «Bollettino d’informazioni Aib», XVI, 1976, 1, pp. 80-90; la recensione è stata in seguito profondamente rielaborata e ristampata col titolo Memoria sociale, libri, istituzioni nell’antichità greco-latina, in Id., II bosco e gli alberi. Storie di libri, storie di biblioteche, storie di idee, Firenze, Giunta Regionale Toscana-La Nuova Italia, 1984, vol. II, pp. 178-90.

¹⁵ Si veda l’Introduzione di Guglielmo Cavallo a Libri, editori e pubblico cit., pp. x-xxiv. Tesi analoga sostiene Walter J. Ong, il quale parla del ritorno ad una «oralità secondaria» nell’èra dell’elettronica: cfr. Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola (1982), Bologna, il Mulino, 1986, pp. 190-93. Per contestualizzare l’affermazione di Ong va sottolineato che essa è antecedente alla rinnovata attenzione nei confronti del testo scritto che possiamo collegare al boom della posta elettronica e, in una certa misura, anche alla diffusione di massa di Internet.

¹⁶ Per una formulazione di questa ipotesi, anche con riferimento al mondo antico, si legga Harold A. Innis, Impero e comunicazioni (1950), a cura di Andrea Miconi, Roma, Meltemi, 2001.

¹⁷ La storia ci insegna, invece, che «con l’introduzione di nuovi media i vecchi non sono stati abbandonati, ma sono coesistiti e hanno interagito con i nuovi arrivati. I manoscritti sono rimasti importanti nell’età della stampa, come i libri e la radio nell’età della televisione. I media vanno visti come un sistema, un sistema in perenne mutamento, nel quale i diversi elementi giocano un ruolo maggiore o minore»: Asa Briggs, Peter Burke, Storia sociale dei media. Da Gutenberg a Internet (2000), Bologna, il Mulino, 2002, p. 12. Il corsivo è nostro.

¹⁸ Ciotti, Roncaglia, Il mondo digitale cit., pp. 338-39.

¹⁹ Per un punto sul fenomeno e sul suo possibile impatto sul servizio bibliotecario, cfr. Gino Roncaglia, Libri elettronici: problemi e prospettive, in «Bollettino Aib», XLI, 2001, 4, pp. 409-41; Marco Calvo, Fabio Ciotti, Gino Roncaglia, Marco A. Zela, Internet 2004. Manuale per l’uso della rete, Roma-Bari, Laterza, 2003, pp. 424-55, disponibile anche in rete all’indirizzo <http://www.laterza.it/internet/>, e il dossier Il libro elettronico e l’editoria digitale umanistica <http://www.italianisticaonline.it/e-book/dossier.htm> di Luigi M. Reale, che costituisce sicuramente la risorsa italiana sugli e-book più aggiornata e affidabile.

²⁰ Briggs, Burke, Storia sociale dei media cit., p. 383: «La rapida crescita della Rete oscura la maggior parte degli altri aspetti della storia dei media e rende difficile vederne l’importanza in una prospettiva di lungo periodo».

²¹ Le diverse implicazioni del fenomeno sono illustrate molto chiaramente in Ciotti, Roncaglia, Il mondo digitale cit., pp. 315-49, cui si rimanda per un approfondimento di alcuni concetti che qui vengono solo accennati.

²² Interessante il rapporto fra testo e immagine: mentre nell’età classica le due forme di comunicazione non interagivano e nella tarda antichità i rispettivi ruoli si separano e la parola scritta prevale nettamente, nel Medioevo la relazione fra pictura e scriptura cambia notevolmente e all’immagine viene attribuita una dignità pari a quella della parola, forse perché il rapporto non è più fra testo letto e testo iconico, ma fra testo ascoltato e testo iconico. Cfr. Guglielmo Cavallo, Testo e immagine, una frontiera ambigua, in Testo e immagine nell’alto medioevo. 15-21 aprile 1993 (41. Settimane di studio del centro italiano di studi sull’alto medioevo), 2 voll., Spoleto, Centro italiano di studi sull’alto medioevo, 1994, pp. 31-62.

²³ Briggs, Burke, Storia sociale dei media cit., p. 149.

²⁴ Theodor H. Nelson in Literary machines 90.1: il progetto Xanadu (1990), Padova, Muzzio, 1992 intende per ipertesto una scrittura non sequenziale, che si fruisce al meglio davanti a uno schermo interattivo, un testo che si dirama attraverso infiniti legami e che consente al lettore di scegliere tra differenti cammini. George P. Landow in L’ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria (1994), a cura di Paolo Ferri, Milano, Bruno Mondadori, 1998 usa indifferentemente i termini ‘ipertesto’ e ‘ipermedia’, che estende la nozione di ‘testo’ a immagini, suoni, animazioni e altri generi di dati. Affascinante la testualità aperta e sempre incompiuta descritta in Roland Barthes, S/Z (1970), Torino, Einaudi, 1970, p. 11: «In questo testo ideale, le reti sono multiple e giocano fra loro senza che nessuna possa ricoprire le altre; questo testo è una galassia di significati, non una struttura di significati; non ha inizio: è reversibile; vi si accede da più entrate di cui nessuna può essere decretata con certezza la principale; i codici che mobilita si profilano a perdita d’occhio, sono indecidibili».

²⁵ Cfr. Claude Lévi-Strauss, Mitologica: il crudo e il cotto (1964), Milano, il Saggiatore, 1966.

²⁶ Peter Burke, Storia sociale della conoscenza. Da Gutenberg a Diderot (2000), Bologna, il Mulino, 2002, p. 23.

²⁷ Sugli scenari postindustriali cfr. Mattelart, Storia della società dell’informazione cit., pp. 69-89.

²⁸ Illuminanti sono i saggi contenuti in Le biblioteche nel mondo antico e medievale, a cura di Guglielmo Cavallo, Roma-Bari, Laterza, 19892 e in Storia della lettura cit.; la ricca bibliografia che correda i due volumi supplisce alle difficoltà di documentare con continuità l’evoluzione morfologica della biblioteca, in particolare per il periodo medievale. Molto stimolante anche la lettura del saggio di Armando Petrucci, Le biblioteche antiche, in Letteratura italiana, a cura di Alberto Asor Rosa, vol. II, Produzione e consumo, Torino, Einaudi, 1983, pp. 527-54. Mi sia consentito di rinviare anche ad un mio lavoro, in cui ho sviluppato questi temi e dal quale qui riprendo alcune parti: Struttura dello spazio e tipologia dei servizi: analisi storica e prospettive della lettura e della consultazione in biblioteca, in «Il Bibliotecario», n.s. XV, 1998, 2, pp. 41-91.

²⁹ L’espressione – lo ricorda Cavallo in nota – è di Giorgio Pasquali, sub voce ‘Biblioteca’, in Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, vol. VI, Roma, Bestetti & Tumminelli - Milano, Rizzoli, 1930, p. 944.

³⁰ Cavallo, Introduzione, in Le biblioteche nel mondo antico e medievale cit., p. ix.

³¹ Ivi, pp. x-xi. Per le biblioteche ellenistiche cfr. Cavallo, Chartier, Introduzione, in Storia della lettura cit., p. xvi. Sul periodo ellenistico si veda anche, nello stesso volume, il saggio di Luciano Canfora, Le biblioteche ellenistiche, pp. 3-28; è d’obbligo anche il riferimento al notissimo lavoro che quest’ultimo autore ha dedicato alla biblioteca di Alessandria: Luciano Canfora, La biblioteca scomparsa, Palermo, Sellerio, 1986.

³² Cfr. Mario Rosa, I depositi del sapere: biblioteche, accademie, archivi, in La memoria del sapere cit., pp. 164-209.

³³ Cavallo, Introduzione, in Le biblioteche nel mondo antico e medievale cit., p. xxii: «fino al secolo XIII la biblioteca monastica non è uno spazio destinato alla lettura e alla consultazione; ed anzi, oltre alla vera e propria biblioteca di conservazione, v’era una reading collection di testi che circolava nei luoghi del monastero deputati alla lettura liturgica, devozionale, didattica (chiesa, cella, refettorio, chiostro, scuola)».

³⁴ L’evoluzione del rapporto fra queste due funzioni è stata efficacemente illustrata in Guglielmo Cavallo, Dallo «scriptorium» senza biblioteca alla biblioteca senza «scriptorium», in Dall’eremo al cenobio. La civiltà monastica in Italia dalle origini all’età di Dante, Prefazione di Giovanni Pugliese Carratelli, Milano, Libri Scheiwiller, 1987, pp. 330-422.

³⁵ Per citare solo un titolo fra i tanti studi che affrontano questi temi, si veda Paolo Rossi, «Clavis universalis». Arti mnenomiche e logica combinatoria da Lullo e Leibniz, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960. Per una rassegna delle applicazioni delle classificazioni del sapere all’universo bibliografico cfr. Alfredo Serrai, Le classificazioni. Idee e materiali per una teoria e per una storia, Firenze, Olschki, 1977.

³⁶ Molto suggestiva la descrizione del salone monumentale della Biblioteca Casanatense che possiamo leggere in Vincenzo De Gregorio, La Biblioteca Casanatense di Roma, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1993, pp. 89-90.

³⁷ Cfr. Leopoldo Della Santa, Della costruzione e del regolamento di una pubblica universale biblioteca, Firenze, Presso Gaspero Ricci da S. Trinita, 1816. Sulla fortuna dell’opera e sulle polemiche relative alla sua attribuzione, rinvio al mio Saggio introduttivo premesso alla ristampa anastatica pubblicata nel 1996 per l’editore Vecchiarelli.

³⁸ Shiyali Ramamrita Ranganathan, Reference service, Bombay-London, Asia Publishing House, 19612, p. 53. Cito dalla traduzione fornita da Diego Maltese e Alberto Petrucciani in «Bollettino Aib», XXXII, 1992, 4, p. 375.

³⁹ Aurelio Aghemo, Informare in biblioteca, Milano, Editrice Bibliografica, 1992, pp. 11-13. Sul servizio di reference si veda anche l’ottimo contributo di Lorenzo Ferro, Il servizio di informazioni ai lettori: problemi e strumenti, in La biblioteca pubblica: manuale ad uso del bibliotecario, nuova ed. ampliata e aggiornata a cura di Giovanni V. Moscati, Milano, Unicopli, 19994 [ma 2000], pp. 121-56.

⁴⁰ Così Cavallo, Chartier, Introduzione, in Storia della lettura cit., p. xxxviii, nel presentare i saggi di Jean-François Gilmont, Riforma protestante e lettura, ivi, pp. 243-75 e di Dominique Julia, Letture e Controriforma, ivi, pp. 277-316. Per le posizioni della sociologia storica rispetto al protestantesimo cfr. Peter Karstedt, Studi di sociologia della biblioteca (1965), Firenze, Giunta regionale toscana - La Nuova Italia, 1980, pp. 13-14.

⁴¹ «Non si risparmino energie e investimenti per creare buone librerie e biblioteche, soprattutto nelle grandi città che se lo possono permettere. Se infatti si vuole che l’evangelo e tutte le scienze durino nel tempo, bisogna redigerli e fissarli in libri e scritture». Cito da Martin Luther, Ai borgomastri e ai consiglieri di tutte le città tedesche perché istituiscano e mantengano scuole cristiane, a cura di Maria Cristina Laurenzi, Torino, Claudiana, 1990, p. 60 (la lettera, unita a Una predica sul dovere di tenere i figli a scuola del 1530, forma il vol. IV dell’edizione delle Opere scelte, pubblicate sotto la direzione di Paolo Ricca).

⁴² Cfr. Luigi Balsamo, La bibliografia. Storia di una tradizione, Firenze, Sansoni, 1984, p. 50.

⁴³ Cfr. Paolo Traniello, La biblioteca pubblica. Storia di un istituto nell’Europa contemporanea, Bologna, il Mulino, 1997, pp. 236-57. L’A. contrappone anche questa concezione della biblioteca pubblica come servizio sociale e locale a quella che si era affermata in Francia dopo la Rivoluzione e che ritroveremo anche in Italia dopo l’unificazione nazionale, quando si costituirono biblioteche locali quasi esclusivamente sulla base del materiale confiscato alle istituzioni religiose, ponendo così l’accento più che altro su un ingente patrimonio culturale che diveniva di proprietà pubblica e accessibile a tutti, invece che sull’istituzione di un servizio di effettivo interesse per la collettività. Da qui anche il prevalere di un atteggiamento conservativo e una poco amichevole organizzazione degli spazi e del materiale librario.

⁴⁴ Rosa, I depositi del sapere cit., cfr. in particolare pp. 169-71. Si ricordi anche che la censura protestante era meno efficace di quella cattolica «non perché i protestanti fossero più tolleranti, ma perché erano più divisi, frammentati in chiese diverse, come la luterana e la calvinista, con strutture amministrative differenti»: cfr. Briggs, Burke, Storia sociale dei media cit., p. 66.

⁴⁵ Cfr. Luigi Balsamo, Il canone bibliografico di Konrad Gesner e il concetto di biblioteca pubblica nel Cinquecento, in Studi di biblioteconomia e storia del libro in onore di Francesco Barberi, Roma, Aib, 1976, pp. 77-95; Balsamo, La bibliografia cit., pp. 28-54; Alfredo Serrai, Storia della bibliografia, 11 voll., Roma, Bulzoni, 1988-2001 (si vedano in particolare il vol. II, 1991, pp. 209-571, per Gesner, e il vol. IV, 1993, pp. 711-60, per Possevino; per i motivi di dissenso di Serrai da alcuni giudizi espressi da Balsamo si vedano le pp. 715-16 e 759 del vol. IV).

⁴⁶ Mentre le biblioteche dell’area tedesca subivano un certo declino a partire dalla metà del Cinquecento per trovare un nuovo impulso solo nell’epoca tardo-barocca, e la Ginevra calvinista si andava anch’essa chiudendosi nella sua ortodossia, fu proprio la Zurigo di Zwingli ad esprimere il maggiore dinamismo. Cfr. Rosa, I depositi del sapere cit., p. 170.

⁴⁷ Balsamo, La bibliografia cit., p. 53. Per una più complessiva collocazione del trattato di Naudé nella storia della bibliografia e della biblioteconomia, si vedano anche le pp. 51-54 e l’articolo di Maria Cochetti, Gabriel Naudé, Mercurius philosophorum, in «Il Bibliotecario», 1989, 22, pp. 61-104. Un puntuale commento dell’Advis è in Serrai, Storia della bibliografia cit., vol. V, 1993, pp. 295-331.

⁴⁸ Cito dalla edizione italiana Avvertenze per la costituzione di una biblioteca, Introduzione, traduzione e note di Vittoria Lacchini, Bologna, Clueb, 1992, p. 18. Per l’edizione originale cfr. Gabriel Naudé, Advis pour dresser une bibliothèque, Paris, Targa, 1627.

⁴⁹ Vittoria Lacchini, Introduzione a Avvertenze per la costituzione di una biblioteca cit., pp. xxix-xl.

⁵⁰ Briggs, Burke, Storia sociale dei media cit., p. 82.

⁵¹ Reinhard Wittmann, Una ‘rivoluzione della lettura’ alla fine del XVIII secolo?, in Storia della lettura cit., pp. 337-69.

⁵² Martyn Lyons, I nuovi lettori del XIX secolo: donne, fanciulli, operai, in Storia della lettura cit., pp. 371-410.

⁵³ Il riferimento è a Donald F. McKenzie, Bibliography and the sociology of texts, London, The British Library, 1986, p. 4 (ora disponibile in traduzione italiana: Bibliografia e sociologia dei testi, Milano, Sylvestre Bonnard, 1999).

⁵⁴ Roger Chartier, L’ordine dei libri (1992), Milano, il Saggiatore, 1994, pp. 103-105. Sull’evoluzione formale del libro, si veda anche James J. O’Donnell, Avatars of the word: from papyrus to cyberspace, Cambridge (Mass.)-London, Harvard University Press, 1998.

⁵⁵ Cavallo, Chartier, Introduzione, in Storia della lettura cit., p. xxxiv.

⁵⁶ Ivi, pp. xxxiv-xxxv.

⁵⁷ Jean-Paul Sartre, Che cos’è la letteratura?, Milano, il Saggiatore, 1966, pp. 33-35: «L’oggetto letterario è [...] una strana trottola che esiste quando è in movimento. Per farla nascere occorre un atto concreto che si chiama lettura, e dura quanto la lettura può durare. Al di fuori di questo, rimangono solamente i segni neri sulla carta [...]. L’operazione dello scrivere implica quella di leggere come proprio correlativo dialettico, e questi due atti distinti comportano due agenti distinti. Solo lo sforzo congiunto dell’autore e del lettore farà nascere quell’oggetto concreto e immaginario che è l’opera dello spirito. [...] La lettura, quindi, sarebbe una sintesi della percezione e della creazione».

⁵⁸ Paul Ricoeur, Tempo e racconto, vol. III, Il tempo raccontato (1985), Milano, Jaca Book, 1988, p. 252: «[Si potrebbe] credere che la lettura si aggiunge al testo come un complemento che può anche mancare. [...] Le nostre precedenti analisi dovrebbero bastare a dissipare questa illusione: senza lettore che lo accompagna non c’è affatto atto configurante operante nel testo, e senza lettore che se l’appropri, non c’è affatto mondo dispiegato dinanzi al testo».

⁵⁹ Jürgen Habermas, Storia e critica dell’opinione pubblica (1962), Bari, Laterza, 1971.

⁶⁰ Così Armand Mattelart in La comunicazione globale (1996), Roma, Editori Riuniti, 20032, p. 68: «per decollare, un paese deve disporre di almeno dieci copie di giornali, cinque apparecchi radio, due televisori, due posti al cinema ogni cento abitanti. Vettori di ‘comportamento moderno’, i media sono visti come fattore di innovazione. [...] Questo credo assoluto in un progresso esponenziale e nella virtù modernizzatrice dei media non fa altro che aggiornare le vecchie concezioni etnocentriche delle teorie diffusioniste del XIX secolo. Il ‘primitivo’ è diventato il ‘sottosviluppato’, e non gli rimane che imitare i modelli dei suoi fratelli maggiori».

⁶¹ Volendo ricordare solo qualcuno degli svariati punti di vista con cui il fenomeno è stato analizzato e definito, possiamo citare, dal versante politico: Norberto Bobbio, Eguaglianza e libertà, Torino, Einaudi, 1995; Fulvio Attinà, Il sistema politico globale. Introduzione alle relazioni internazionali, Roma-Bari, Laterza, 20022; Franco Antonio Cusimano, La crisi contemporanea e l’uomo planetario, Padova, Cedam, 1993; Giuseppe Guarino, Il governo del mondo globale, Firenze, Le Monnier, 2000; Danilo Zolo, Cosmopolis. La prospettiva del governo mondiale, Milano, Feltrinelli, 20022; Michael Hardt, Antonio Negri, Impero. Il nuovo ordine della globalizzazione, Milano, Rizzoli, 2002; Mary Kaldor, Le nuove guerre. La violenza organizzata nell’età globale (1999), Roma, Carocci, 2001; Ian Clark, Globalizzazione e frammentazione. Le relazioni internazionali nel 20° secolo (1997), Bologna, il Mulino, 2001; sotto il profilo etico-sociale: Lo sguardo dell’altro. Per una governance della globalizzazione, a cura di Paolo Annunziato, Antonio Calabrò, Lucio Caracciolo, Bologna, il Mulino, 2001; Zygmunt Bauman, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone (1998), Roma-Bari, Laterza, 20025; Ulrich Beck, Che cos’è la globalizzazione: rischi e prospettive della società planetaria (1997), Roma, Carocci, 1999; Luciano Gallino, Globalizzazione e disuguaglianze, Roma-Bari, Laterza, 20013; Ignazio Musu, Esigenze di etica della finanza in un contesto di globalizzazione, in Economia, democrazia, istituzioni in una società in trasformazione. Per una rilettura della Dottrina Sociale della Chiesa, a cura di Stefano Zamagni, Bologna, il Mulino, 1997, pp. 81-118; Giuseppe Scidà, Globalizzazione e culture. Lo sviluppo sociale fra omogeneità e diversità, Milano, Jaca Book, 1990; Pasquale Lillo, Globalizzazione del diritto e fenomeno religioso. Saggi di riflessione, Torino, Giappichelli, 2002, in particolare pp. 161-201.

⁶²Dichiarazione Ifla su biblioteche e sviluppo sostenibile, in «Aib Notizie», XV, 2003, 1, p. 2.

⁶³ Burke, Storia sociale della conoscenza cit., p. 9.

⁶⁴ Cfr. anche Stefano Rodotà, Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Roma-Bari, Laterza, 1997.

⁶⁵ Burke, Storia sociale della conoscenza cit., p. 26.

⁶⁶ Guido Martinotti, Informazione e sapere, Milano, Anabasi, 1992, pp. 129-66; il saggio era già apparso in La memoria del sapere cit., pp. 359-89.

⁶⁷ Un altro approccio è quello adottato da Carla Basili in Tre volti dell’informazione: nella cultura, nella scienza, nell’economia, in «Nuovi Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari» dell’Università degli studi di Roma ‘La Sapienza’, XV, 2001, pp. 205-23, secondo la quale è possibile individuare tre sfere di impiego dell’informazione.

⁶⁸ Cfr. Pietro Rossi, Specializzazione del sapere e comunità scientifica, in La memoria del sapere cit., pp. 315-57: «Due sono le caratteristiche del sapere scientifico – già profeticamente sottolineate da Bacone – che ne determinano non soltanto lo sviluppo, ma la struttura stessa: da un lato il suo carattere cumulativo, dall’altro il suo carattere cooperativo [...]. Se nel mondo antico l’ambito di produzione e di comunicazione del sapere è rappresentato soprattutto dalla ‘scuola’ filosofica, nel mondo moderno esso coincide – o tende a coincidere – con la comunità scientifica: una comunità comprendente essenzialmente tutti gli studiosi che si riconoscono e impiegano il metodo, o i metodi, della ricerca scientifica e che sottostanno alle regole di controllo e di trasmissione dei suoi risultati che la comunità stessa si è storicamente data» (pp. 346-48).

⁶⁹ Manuel Castells, Galassia Internet (2001), Milano, Feltrinelli, 2002, pp. 126-130. Sullo stesso argomento, interessante il volume di Guglielmo Trentin, Apprendimento in rete e condivisione delle conoscenze. Ruolo, dinamiche e tecnologie delle comunità professionali on line, Milano, Franco Angeli, 2004.

⁷⁰ Cfr. <http://www.grid.org>.

⁷¹ Pierre Lévy, L’intelligenza collettiva. Per un’antropologia del cyberspazio (1994), Milano, Feltrinelli, 20022, p. 34.

⁷² Loredana Sciolla, Sociologia dei processi culturali, Bologna, il Mulino, 2002, p. 241.

⁷³ In Rossi, Specializzazione del sapere cit., pp. 349-51, vengono passati in rassegna i canali di comunicazione formale utilizzati dagli studiosi a partire dal Sei-Settecento.

⁷⁴ Cfr. Calvo, Ciotti, Roncaglia, Zela, Internet 2004 cit.: sui portali, pp. 356-82; sui weblog, pp. 269-96.

⁷⁵ Il dibattito biblioteconomico italiano ha manifestato di recente una notevole attenzione per questo tema: si vedano almeno Eugenio Pelizzari, Crisi dei periodici e modelli emergenti nella comunicazione scientifica, in «Biblioteche oggi», XX, 2002, 9, pp. 46-56; Luca Guerra, Paradigmi emergenti della «scholarly communication», in «Bollettino Aib», XLII, 2002, 4, pp. 413-39; Sandra Di Majo, La crisi della comunicazione scientifica: soluzioni a confronto, ivi, pp. 441-50.

⁷⁶ Tra i fenomeni che negli ultimi anni hanno segnato il passaggio da un modello organizzativo basato sull’autosufficienza a uno più collaborativo, va segnalata in primo luogo la crescita dei consorzi. Su questo tema si legga il bel contributo di Tommaso Giordano, Consorzi per la condivisione di risorse informative elettroniche: nuovi scenari e nuovi modelli, in «Biblioteche oggi», XIX, 2001, 7, pp. 16-26. Molto interessanti anche alcune nuove forme di editoria scientifica, per le quali si legga Anna Maria Tammaro, Nuove prospettive per la comunicazione scientifica: l’esperienza della Firenze University Press, ivi, 4, pp. 22-34. Notevole l’attività nel campo degli open archives, vale a dire degli archivi elettronici basati sulla strategia del self-archiving, per i quali si rimanda ad Antonella De Robbio, Open archive: per una comunicazione scientifica ‘free online’, in «Bibliotime», V, 2002, 2, <http://www.spbo.unibo.it/bibliotime/num-v-2/derobbio.htm>.

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