Capitolo IV.

Adottare o adattare?

Ma le innovazioni che investono la campagna hanno origine nelle città e da esse si irradiano come un’onda che lambisce orizzonti sempre più lontani? La questione è complessa e i dati disponibili per cercare di fornire una risposta ancora piuttosto scarsi. Quelli forse più completi, relativi all’Inghilterra, ci mostrano in effetti che gli interni urbani, e quelli londinesi in particolare, sono mediamente più ricchi di tavoli, pentolame, terraglie, piatti di peltro, porcellane, tazzine, teiere, argenti, posate, tovaglie, tende, libri, orologi, occhiali e quadri rispetto alle abitazioni rurali.

Le differenze, tuttavia, non sono dappertutto ugualmente pronunciate: in certe zone inglesi l’integrazione appare maggiore, in altre minore. Dobbiamo dunque concluderne che le città non sono necessariamente isole di forte consumo circondate da campagne sempre e solo impregnate di valori «tradizionali» e fortemente refrattarie ai cambiamenti120.

Senza dubbio il fatto che le differenze tra città e campagna non siano dappertutto le stesse è influenzato, oltre che da altri fattori, dai modi in cui sono organizzate la produzione e la distribuzione dei singoli beni. Prendiamo il caso della porcellana, che aveva cominciato ad arrivare in Europa in quantità non proprio irrilevanti nel Quattrocento121. Se tra Sei e Settecento era praticamente sconosciuta nei villaggi e più diffusa a Londra che nelle altre città era probabilmente perché era ancora tutta importata dalla Cina e penetrava in Inghilterra a partire dalle vendite all’asta fatte dalla East India Company proprio nella capitale, dove veniva acquistata dai cosiddetti chinamen, che poi la distribuivano al dettaglio o la rivendevano ad altri commercianti londinesi o, in minor misura, di qualche altra grande città122.

La porcellana rappresenta forse un caso estremo che ci mostra come non tutti i centri urbani fossero ugualmente inseriti nelle reti di distribuzione. Complessivamente, comunque, in città trovare certi beni era spesso più facile, dato che negozi e punti di vendita vi erano di solito concentrati. Ma era più facile anche imparare a conoscere le novità, ad apprezzarle e a desiderarle, sia per la presenza dei punti di vendita, sia per la concentrazione della popolazione e la struttura sociale spesso più articolata.

Rispetto alla diffusione di determinati stili di vita la composizione sociale gioca in effetti, ovviamente, un ruolo importante. Ma la questione non è solo di verificare dove sono concentrate le maggiori ricchezze, perché non sempre i più ricchi sono più innovativi, come dimostra il caso inglese. La gentry infatti, pur collocandosi in una posizione sociale nettamente superiore rispetto ai grossi mercanti, ai professionisti e al clero, e pur avendo in media patrimoni di valore maggiore rispetto ad essi, aveva più raramente tanto libri quanto porcellane. E, seppur di poco, si faceva «battere» anche per quel che riguarda il possesso di quadri e tovaglie123. In Inghilterra, dunque, i borghesi non scimmiottavano i nobili, almeno per quel che riguarda i beni appena indicati. E la diffusione di tali beni di consumo non scendeva, per così dire, lungo i gradini della scala sociale. I diversi gruppi sociali avevano stili di vita almeno in parte diversi, e questo, probabilmente, rendeva certe novità più attraenti per gli uni piuttosto che per gli altri. Così gli oggetti e le novità che ciascuno acquistava o trascurava in base ai propri gusti, oltre che in base al proprio borsellino, contribuivano a definire e ridefinire le identità di gruppo124. A questo proposito si è suggerito che tra la fine del Cinque e quella del Settecento le élites europee furono travagliate da una crescente preoccupazione, per non dire da un’ossessione, per gli oggetti125. Lo stesso vincolo del borsellino non era uguale per tutti. Per quanto le nobiltà europee fossero una diversa dall’altra, chi ad esse apparteneva era infatti generalmente tenuto a mantenere uno stile di vita che implicava tutta una serie di spese di consumo vistoso, se non voleva perdere il suo status: palazzi, carrozze, livree, cavalli, cani, gioielli e via discorrendo. Entro certi limiti erano tali spese, non le entrate, la variabile indipendente. I nobili per essere tali dovevano insomma spendere, e spendere per garantirsi un certo tipo di beni e consumi, anche a rischio di indebitarsi gravemente126. Esistevano addirittura istituzioni deputate ad aiutare in segreto i nobili impoveriti a mantenere un certo decoro. Se poi le spese nobiliari in consumi vistosi stimolassero l’economia oppure la deprimessero è questione sulla quale, nel Settecento, molto si discusse127.

Le considerazioni sul ruolo dei consumi e degli oggetti posseduti nel definire le identità di gruppo ci riportano più direttamente al problema del rapporto tra città e campagna. Lo stesso ambiente urbano, infatti, poteva rendere certi beni più appetibili in città che in campagna, come dimostra il caso delle tende per le finestre. Esse, infatti, sono uno dei beni per i quali le differenze tra ambiente rurale e urbano sono più accentuate: tra il 1675 e il 1725 ne è fornito il 43% delle case londinesi citate negli inventari, mentre in campagna sono presenti solo nel 6% delle abitazioni. Sono, inoltre, uno dei beni che nel mondo rurale si diffonde con maggior lentezza, visto che la percentuale di chi ne possiede aumenta, nel corso del cinquantennio che separa le due date, solo di due volte e mezza, laddove ad esempio quella dei possessori di orologi quadruplica, e quella dei proprietari di quadri aumenta cinque volte. Come non sospettare, allora, che sia la bassa densità di popolazione delle campagne a fare delle tende un bene poco interessante per gli abitanti dei villaggi e delle case sparse? E che l’affollamento della capitale le renda invece desiderabili agli occhi dei londinesi, il 62% dei quali ne è provvisto, nel 1725?128

L’adozione appare dunque, in questo caso, selettiva. Far propri oggetti nati in città poteva d’altra parte probabilmente implicare una loro più o meno ampia rifunzionalizzazione. I consumatori, nota un autore, «were adapters not mere adopters»: non si limitavano ad adottare certi beni. Li adattavano anche alle loro esigenze e sensibilità129. In quest’ottica non è forse scorretto ipotizzare che le differenti attività svolte in campagna e i diversi oggetti che venivano utilizzati nel praticarle potessero portare anche a trasformazioni relativamente indipendenti dall’influenza urbana. Ma se città e campagna avevano stili di vita differenti, quali erano esattamente le caratteristiche, le specificità, le trasformazioni delle città nel periodo qui analizzato? Per rispondere volgiamo ora lo sguardo più direttamente all’ambiente cittadino.

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