Capitolo IV.

Villaggi e case sparse

I contadini «vivono isolati l’uno dall’altro, stando solo con i propri familiari e le proprie bestie; abitano in pessime capanne costruite con fango e legno e coperte di paglia. Mangiano una sorta di pane nero di segale, polenta di avena o zuppa di piselli e lenticchie. Bevono quasi esclusivamente acqua o latte. Il loro abbigliamento si riduce a qualche tunica di traliccio, un paio di scarponi allacciati e un cappello di feltro. Questa gente non riposa mai, lavora sempre da mattina a sera. Porta a vendere in città i prodotti dei campi e dell’allevamento; con il ricavato compra ciò di cui ha bisogno. [I contadini] ai signori debbono più volte all’anno prestare servizi: lavorano i loro campi, raccolgono i frutti, li ricoverano nei granai, tagliano legna, costruiscono case, scavano canali. Non c’è nulla che questa povera gente non sia obbligata a fare per loro; nulla che, se comandata, possa rifiutare di fare senza correre rischi». Così scriveva nel 1544 lo studioso tedesco Sebastian Münster nella sua Cosmographia universa a proposito dei contadini, sentenziando: «La loro vita è brutta e povera»7. I contadini di cui parlava erano ovviamente quelli che conosceva: e come si è già detto, non tutti erano nelle stesse condizioni, né la loro vita sarebbe rimasta immutata nei secoli successivi. Nelle pagine che seguono verificheremo se davvero tutti abitavano in capanne coperti solo da miseri cenci e mangiando pane di segale. Concentriamoci ora, invece, sul tipo di insediamento.

Vivono isolati, dice Münster. In realtà la maggioranza della popolazione abitava in villaggi attorniati dai campi. Nel corso dell’Età moderna vaste aree (ma non l’Italia meridionale e la Meseta spagnola) furono però in effetti caratterizzate dalla diffusione dell’insediamento sparso, in alcuni casi iniziata già nel periodo precedente. La trasformazione era legata alla riduzione delle minacce di aggressioni esterne che nel corso del Medioevo avevano favorito l’accentramento; al superamento o almeno all’indebolimento (in Europa occidentale) dei rapporti feudali in cui l’accesso alla terra avveniva in cambio di servizi prestati a livello comunitario; all’estensione dei terreni coltivati; al declino delle solidarietà di villaggio a causa della riduzione dei campi aperti e dei diritti comunitari; alla diffusione di forme di gestione incentrate su compatte unità poderali lavorate in affitto o a mezzadria8.

I villaggi, naturalmente, non erano tutti uguali. Alcuni avevano solo poche case, laddove in altri gli households potevano essere un centinaio o anche di più. In alcuni, in genere i più antichi, le abitazioni erano sparse senza alcun ordine e le strade erano date semplicemente dal ripetersi del transito lungo percorsi che però, una volta consolidati, condizionavano le possibilità di sviluppo di nuove case. Invece in altri, in genere più recenti, abitazioni e vie erano nate sulla base di un progetto ed erano dunque disposte in modo più ordinato: certi insediamenti, presenti anche in Gran Bretagna e in Europa occidentale ma caratteristici soprattutto della Germania orientale, della Polonia e della bassa valle del Danubio, erano formati da due sequenze di case lungo una strada, con i campi che si allungavano dietro le abitazioni, gli uni paralleli agli altri. In altri villaggi, particolarmente diffusi nell’area slava, le case erano costruite attorno ad uno spazio vuoto centrale dove gli animali potevano pascolare, dove spesso c’era uno stagno o un pozzo e all’interno o a lato del quale si trovavano la chiesa, talvolta il cimitero o altre strutture comuni. Lì poi venivano sistemate le bancarelle del mercato se nel villaggio se ne teneva uno. Nelle pianure ungheresi, nel Settecento, dopo la cacciata dei turchi, se ne svilupparono a pianta rettangolare o a forma di griglia. Insediamenti fortemente accentrati erano presenti nella fascia che va dal bacino parigino alle steppe russe e in varie zone dell’Europa mediterranea, mentre nelle aree meridionali soggette all’impero ottomano il cŠiflik era un territorio sottoposto ad un signore nell’ambito del quale l’insediamento era formato da baraccati che attorniavano una corte dominata dalla casa del bey (il proprietario turco della terra) o del suo intendente ed erano abitati dai cristiani che ne lavoravano i possedimenti (rayas)9.

Per quanto i villaggi potessero essere diversi gli uni dagli altri, la vita al loro interno aveva alcuni tratti comuni che la differenziavano da quella nelle case sparse, dove l’unità coresidente era più spesso rappresentata da una famiglia estesa o multipla. Mancavano, dunque, tanto gli aspri conflitti tra gruppi quanto il reciproco aiuto tipici della vita di villaggio, dove lavori come l’aratura, il raccolto, la costruzione di nuovi edifici erano attività collettive piuttosto che individuali o familiari10. Ciò spesso poteva costituire un limite: secondo alcuni autori nelle fattorie isolate l’aratro pesante era in genere usato più di rado, e spesso le costruzioni erano più semplici e meno decorate11. Ma, ovviamente, non mancano le eccezioni: nella Pianura Padana si svilupparono precocemente grandi aziende capitalistiche rappresentate da cascine isolate in cui abitavano salariati non legati da vincoli di parentela che lavoravano le terre padronali con metodi avanzati, mentre nell’Italia centrale l’architettura rurale per tutta l’Età moderna (ma in particolare nel Settecento) conobbe sviluppi e innovazioni grazie alla penetrazione di capitali urbani nelle campagne e all’impegno di architetti, assoldati dai proprietari terrieri di città, nella costruzione di dimore ben organizzate e funzionali in vista di uno sfruttamento più razionale dei poderi12.

Certo nelle case isolate il controllo comunitario e l’influenza delle gerarchie sociali potevano essere minori, ma, nel caso degli affittuari, poteva essere minore anche la capacità di contrattazione con il padrone della terra e, quindi, maggiore la dipendenza nei suoi confronti13. Per chi abitava lontano dal villaggio era anche più difficile raggiungere il mercato, la chiesa, e – dove c’era – la scuola. Le famiglie che abitavano in case sparse nella campagna dovevano insomma essere autosufficienti più di quelle che vivevano in un paese14.

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