Capitolo IV.

Le luci della città

Areare, aprire le città al vento e alla luce fu uno degli imperativi del XVIII secolo176: di fatto le città, oltre che sporche e maleodoranti, erano buie. Le case, infittitesi, si facevano ombra l’una con l’altra; nel crescere in altezza si erano spesso dotate di piani aggettanti sulla strada, arrivando a fare della pubblica via una sorta di tunnel oscuro, sebbene almeno dal Cinquecento si fosse cominciato ad allargare le strade per rendere possibile il passaggio delle carrozze e mettere in pratica nuove concezioni architettoniche e urbanistiche che cercavano di imporre all’incoerenza del tessuto urbano medievale sistemazioni rettilinee che valorizzavano le vedute dei punti di fuga177. Il secolo dei Lumi sarebbe stato allora anche un secolo di apertura alla luce intesa in senso tutt’altro che metaforico. E lo stesso può dirsi della lotta alle tenebre: nella capitale francese le lanterne pubbliche erano 2736 nel 1697, 6400 nel 1740, almeno 7000 nel 1766 (nel 1817 sarebbe arrivata anche l’illuminazione a gas, a Londra introdotta nel 1813)178. Anche il vetraio Ménétra contribuì a questa trasformazione: spesso nel suo Journal ricorda di aver tagliato vetri per farne lanterne volte a migliorare l’illuminazione cittadina179.

Per secoli la profusione di luce era stata giustificata solo dalla volontà di solennizzare il culto divino o di festeggiare qualche evento straordinario. Non a caso le «luminarie» erano spesso un elemento importante delle manifestazioni collettive di gioia. Pur a livello di trasposizione letteraria, la storia del prete che usa l’olio destinato alle lampade sacre per farsi una bella frittura di pesce, raccontata nel Baldus da Teofilo Folengo, illustra bene una società in cui avere luce implica scelte di consumo dai costi non trascurabili, fuori della portata di molti. Ma con lo sviluppo dell’illuminazione delle strade la notte rischiarata appariva un fatto un po’ meno eccezionale.

La luce si democratizzava un po’, cominciava ad acquisire i tratti di un bene pubblico e a dismettere il suo tradizionale carattere di bene di lusso che solo i ricchi si potevano permettere di avere in abbondanza, tanto che l’illuminazione copiosa rappresentava un tipo di consumo vistoso180.

Le fonti di luce non aumentarono tuttavia solo nelle strade, ma anche all’interno delle case. Quantomeno nella capitale francese, nel corso del Settecento anche i ceti medio-bassi si dotarono di uno stock non indifferente di lanterne, candelabri ecc.: in media c’erano cinque mezzi di illuminazione in ogni appartamento, tanto di ceto elevato quanto di ceto basso. Rappresentati per il 63% da candelabri, essi mostrano una tendenza all’aumento dopo il 1750-60181. Le luci della città si contrappongono alle tenebre che dominano ancora il mondo rurale.

Rispetto ai ceti alti, che dotarono i loro palazzi di ampie vetrate (davvero impressionanti nelle case olandesi), minore fu invece probabilmente il successo dei poveri nel catturare la luce del giorno. Dal 1720-30, tuttavia, almeno in una città come Parigi, i nuovi stabili furono dotati di finestre più numerose e/o più ampie, rese più luminose dalla sostituzione della carta e della tela oleata con il vetro, o dei vetri di piccole dimensioni con pannelli più grandi e trasparenti182. Ma avere finestre con i vetri piuttosto che finestre con carta oleata, impannate o semplici scuri di legno riduceva gli spifferi e permetteva di tenere accese le candele con minori difficoltà. Facilitava, insomma, anche l’illuminazione notturna183.

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