Capitolo IV.

Contadini e cittadini

Nell’epoca che stiamo studiando, la maggior parte della popolazione viveva in campagna, anche se le città stavano crescendo. Comprendendo anche la Russia, la popolazione che abitava in centri con più di 5000 abitanti passò dal 10,3% del 1500 al 12% circa tra 1600 e 1800. Se si esclude la Russia, essa era più o meno l’11% nel XVI secolo, il 13% nel XVII e il 14% nel XVIII. L’Europa, infatti, non era omogenea: nel Cinquecento un tasso di urbanizzazione superiore al 30% si riscontrava nelle regioni intorno a Venezia, Siviglia, Gand e Anversa. All’epoca, nei Paesi Bassi poco meno di un terzo della popolazione viveva in città: nel corso del Seicento, il «secolo d’oro» olandese, il tasso di urbanizzazione avrebbe raggiunto livelli fino ad allora mai toccati. Nel 1675 sarebbe arrivato al 45%. All’estremo opposto, nella Russia europea, il tasso di urbanizzazione era (a seconda delle stime) da sei a otto volte inferiore a quello dei Paesi Bassi e, nel corso dell’Età moderna, mostrò una tendenza al calo, dal momento che la popo­lazione rurale crebbe più rapidamente di quella cittadina1.

Dunque, pur con significative differenze tra una zona e l’altra e tra un periodo e l’altro, nei secoli XVI-XVIII la maggioranza della popolazione europea vive in campagna. La popolazione rurale, però, non è tutta uguale, al contrario. Una prima grande differenza, nel periodo che stiamo studiando, riguarda l’Europa occidentale e quella orientale. Nell’Europa occidentale, infatti, prosegue il processo di scomparsa della dipendenza servile dei contadini iniziato già in epoca medievale: divengono sempre meno numerosi i contadini privi di libertà personale vincolati alle terre del padrone, sempre più i servizi ad esso dovuti si trasformano in pagamenti in denaro. Opposto è il processo che caratterizza l’Europa orientale, dove tra Cinque e Seicento il numero dei contadini liberi diminuisce sensibilmente (in Russia il servaggio sarà abolito nel 1861)2.

Ma non è questa l’unica distinzione che attraversa il mondo rurale: non solo in città, ma anche in campagna, esistono differenze di posizione sociale. Tra i contadini spesso sono legate al tipo di rapporto che essi hanno con la terra. Ci sono contadini proprietari, affittuari di un podere, servi agricoli, semplici braccianti e, soprattutto nell’Est europeo, servi della gleba. E nei singoli contesti la struttura sociale può essere più o meno omogenea o, al contrario, gerarchizzata. Complessivamente la tendenza che caratterizza l’Età moderna è verso la differenziazione dei contadini, tra i quali, in molte zone, cresce il numero di coloro che non sono insediati stabilmente sulle terre che coltivano3.

Questi proletari delle campagne che spesso non riescono a lavorare in modo continuativo sono particolarmente propensi ad integrare i miseri proventi delle attività agricole con lavori di tessitura per conto di mercanti-imprenditori che forniscono loro la materia prima. Ad attività di tessitura svolte per il mercato, oltre che per l’autoconsumo, si dedicano comunque anche contadini che hanno della terra, se essa è scarsa o più semplicemente se ne hanno il tempo grazie al fatto di praticare coltivazioni che lasciano lunghi periodi in cui il lavoro nei campi è relativamente poco impegnativo. Per definire queste attività non agricole rivolte a mercati interregionali e internazionali è stato coniato il termine di «protoindustria». Esse rappresentano infatti l’avvio del processo di industrializzazione, anche se non sempre le zone in cui sono fortemente sviluppate si trasformano davvero in zone industrializzate. Talvolta, infatti, per motivi su cui qui non ci possiamo soffermare, ad un rigoglioso sviluppo protoindustriale fa seguito un processo di deindustrializzazione4.

Anche laddove le attività protoindustriali non sono presenti o sono limitate, non è raro comunque che i contadini diversifichino le loro attività: in molte zone di montagna, per esempio, l’emigrazione stagionale serve a integrare con i più vari mestieri i proventi del lavoro agricolo, talvolta da essa deriva la quota più importante del reddito5. Nei villaggi, infine, ci sono persone che non sono contadini, o che non fanno dell’agricoltura la fonte principale della loro sopravvivenza: mugnai, fabbri, altri artigiani, il prete, e via discorrendo. Anche in campagna, insomma, lavorare i campi non è l’unica attività praticata6.

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