Indice Estratto

Edizione: 1998, III rist. 2005
Pagine: 326
Collana: Biblioteca Universale Laterza [485]
Serie: Scrittori italiani
ISBN carta: 9788842055570
ISBN digitale: 9788858124390
Argomenti: Letteratura: testi, storia e teoria, Biografie, autobiografie

Petrarca

Vinicio Pacca

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I maggiori scrittori della letteratura italiana in trattazioni nuove e originali, sistematicamente articolate per una esauriente conoscenza dell'autore e delle opere.

Estratto

Edizione: 2005
Pagine: 326
Collana: Biblioteca Universale Laterza
ISBN: 9788842055570

L'autore

Vinicio Pacca

Vinicio Pacca (Cagliari, 1965), oltre ad aver pubblicato alcuni contributi in riviste specializzate, ha curato l'edizione dei Trionfi di Petrarca per Mondadori (1996).

Scopri l'autore

¹Sen. XVI 1, pp. 1049-50.

² Nolhac 1907 I, pp. 260-68 mette in dubbio che si trattasse davvero di quest’opera; ed è ragionevole che il giovanissimo Petrarca si sia potuto confondere in proposito, tanto più che fino al 1343 (Nolhac 1907 I, pp. 243-46) o anche dopo (Bosco 1942, pp. 182-86) egli credette di possedere un altro perduto dialogo ciceroniano, l’Hortensius.

³ Vedi Convenevole da Prato, Regia carmina. Introduzione, testo critico, traduzione e commento di Cesare Grassi. Saggi di Marco Ciatti e Aldo Petri, 2 voll., Gruppo bibliofili pratesi, Prato 1982, a cui si rimanda anche per il problema attributivo.

⁴ Tale è almeno la versione dei fatti data da Petrarca (Fam. IV 4 e 5; Coll. laur. 6, 2; Post. 27-28).

⁵ Vedi Santagata 1996, pp. xiii-xix, che sviluppa le osservazioni di Carlo Dionisotti, Chierici e laici, in Geografia e storia della letteratura italiana, Einaudi, Torino 1967, pp. 59-61.

⁶ Lo Parco 1932, pp. 108-10; Francesco Bruni, L’«ars dictandi» e la letteratura scolastica, in Storia della civiltà letteraria italiana, diretta da Giorgio Bàrberi Squarotti, vol. I/1, Dalle origini al Trecento, Utet, Torino 1990, pp. 170-71.

⁷ Sull’apprendistato bolognese di Petrarca vedi le precisazioni di Santagata 19851, pp. 117-18.

⁸ Lo si può leggere, insieme alla presunta risposta, in Solerti 1909, pp. 98-99.

⁹ Per quanto segue vedi Billanovich 1981, pp. 57-96.

¹⁰ Billanovich 19852; vedi anche Feo 1988, pp. 53-60.

¹¹ Billanovich 19851.

¹² Nolhac 1907 II, pp. 259-68.

¹³ Ivi, pp. 287-92; Rizzi 1934, pp. 357-65; Baron 1985, pp. 24-26; Fenzi 1992, pp. 20-23. Non sono d’accordo con tale spiegazione Martinelli 1987, pp. 421-22 (che compie un errore cronologico rilevato da Rico 1996, p. 172, n. 10) e Ponte 1990, pp. 20-24 (secondo il quale si tratterebbe del ricordo di attacchi di scabbia).

¹⁴ L’anno della lettera è stato fissato da Foresti 19182, pp. 109-10; in precedenza la si datava al 1348 (Fracassetti 1863-67 II, pp. 496-97).

¹⁵ Ma con Stefano si trattò inizialmente di contatti indiretti, perché Petrarca lo conobbe solo nel 1331 (Fam. V 3, 6), e del resto egli risulta aver trascorso questi anni nel Lazio.

¹⁶ I dati seguenti sono raccolti e ordinati da Wilkins 1953.

¹⁷ Ma un documento papale sembra mettere in dubbio questa versione dei fatti, fornita da Petrarca (Billanovich 1996, p. 250).

¹⁸ Sade 1764-67 III, pieces justificatives, pp. 49-50.

¹⁹ Fracassetti 1863-67 II, pp. 369-71 data questa lettera al 1351, Foresti 19351, pp. 407-408 al 1347.

²⁰ Il De vita et moribus Domini Francisci Petracchi de Florentia (d’ora in poi Vit. Pet.) si cita dall’edizione a cura di Renata Fabbri, in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, vol. V/1, Mondadori, Milano 1992, pp. 898-911.

²¹ Boccaccio allude al detto proverbiale «Nisi caste, saltem caute».

²² I risultati si trovano esposti da ultimo in Billanovich 1981 e 1986.

²³ Billanovich 1953.

²⁴ Vedi Mariani 1959.

²⁵ Per questa sua funzione di intermediario fra Petrarca e Boccaccio vedi Billanovich 1947, pp. 62-66 e Di Stefano 1961-62.

²⁶ Santagata 1992, pp. 81-82.

²⁷ De Angelis 1985.

²⁸Averroès et l’Averroïsme (1852), in Oeuvres complètes, a cura di Henriette Psichari, vol. III, Calmann-Lévy, Paris 1949, pp. 252-53.

²⁹ Bosco 1961, pp. 118-27.

³⁰ Mann 1993, pp. 19, 25-26 e 98.

³¹ La lista è di lettura incerta e di interpretazione controversa; fra le conclusioni dei critici che se ne sono occupati (Sabbadini 1906; Nolhac 1907 II, pp. 293-96; Foresti 1922; Ullman 1923) si espongono qui quelle dell’ultimo. Per la cronologia si tenga comunque presente che nelle carte precedenti Petrarca scrisse due preghiere datate 1° giugno 1335 e 10 luglio 1338.

³² Nella lista è presente l’abbreviazione ex, che è stata intesa o come excerpta («raccolte») o come exempla («esempi»); ma il senso non cambia molto.

³³ Noferi 1946, p. 102.

³⁴ Lettera del 1343 a Barbato da Sulmona.

³⁵ Lettera del 1351 a Lapo da Castiglionchio.

³⁶ Su questo cultore di cose petrarchesche vedi Billanovich 19742, pp. 28-35; Fera 19842, pp. 105-89; Monti 1988.

³⁷ Mariotti 1950-51, pp. 116 e 120; Billanovich 19742, p. 28.

³⁸ Bernardi Perini 1970-71.

³⁹ Due tentativi di ricostruirne la trama sono effettuati da Mariotti 1950-51, pp. 127-30 e da Rico 1989, pp. 224-26.

⁴⁰ Mariotti 1950-51, pp. 117-27. Ruiz Arzalluz 1991, pp. 419-44 pensa invece che il frammento sia in prosa.

⁴¹ Feo 19871, pp. 42-46.

⁴² Billanovich 1981, pp. 131-44.

¹ L’aggettivo «Afre» allude a Settimio Severo, nato in Libia.

² Secondo un uso inaugurato da Vittorio Rossi nella sua edizione delle Familiares, le tre lettere greche designano altrettante redazioni successive delle opere di Petrarca.

³ Nelle successive redazioni la promessa si fa via via più sfumata: «quidem suo loco oportunius agetur» [«si parlerà certo in modo più opportuno a suo luogo»] (beta 32), «sub fratre agetur oportunius, ne ordinem historie prevertamus» [«si parlerà in modo più opportuno a proposito del fratello, per non scompigliare l’ordine della storia»] (alfa 10, 86).

⁴ Martellotti 1954, pp. 10-11. Invece per Goffis 1963, pp. 217-23 «in pyerio» significherebbe «sul monte Pierio (cioè il Parnaso, sacro alle Muse)», e quindi «nella letteratura latina»: non sarebbe, insomma, un riferimento all’Africa.

⁵ Fenzi 1975, p. 101, n. 2.

⁶ Per l’identificazione del destinatario di questo sonetto vedi Santagata 1988, pp. 33-55 e Crevatin 1993.

⁷ Viscardi 1922-23.

⁸ Queste affermazioni sono ripetute alla lettera in Post. 11: «Historicis [...] delectatus sum; non minus tamen offensus eorum discordia, secutus in dubio quo me vel veri similitudo rerum vel scribentium traxit autoritas» [«lessi con diletto gli storici; e rimanendo tuttavia parimenti turbato dalla loro discordanza, nell’incertezza mi orientai dove poteva spingermi o la verosimiglianza dei fatti o l’autorità di determinati scrittori»].

⁹ Per le poche eccezioni vedi Aurigemma 1983, pp. 383-84.

¹⁰ Ivi, pp. 379-81.

¹¹ Ivi, pp. 374-78 e 386-87.

¹² Fenzi 1971, pp. 508-18 la fa risalire a poco dopo il 1342, alzando di qualche anno la datazione proposta da Martellotti 19642, pp. 325-31.

¹³ Ancora trent’anni dopo, Petrarca combatterà l’ideologia dell’Alexandreis usando le medesime parole di Livio citate nel De viris (Inv. mal. 15, pp. 94-96).

¹⁴ Amaturo 1971, pp. 86-87; Dotti 1978, p. 85.

¹⁵ Feo 1979, p. 87. Paratore 1976, pp. 61-62 e 76 ritiene che Petrarca abbia prima adottato e poi abbandonato il modello virgiliano.

¹⁶ Dopo il v. 215 manca infatti l’annunciato excursus di Omero sulla poesia classica, del quale la vista di Petrarca doveva essere il sigillo (Martellotti 19741, p. 405).

¹⁷ Secondo Billanovich 1943, p. lxxxvi, n. 2 in questo periodo sarebbe stato scritto il libro IX; per altra via Fera 1987, pp. 233-37 data i vv. 51-54 alla prima metà degli anni Quaranta, avvertendo però che la conclusione non può essere automaticamente estesa all’intero brano. Sul libro IX vedi oltre.

¹⁸ Oltre che nella citata epistola a Barbato, l’espressione si trova in due postille petrarchesche (Fera 19841, pp. 261-62 e 436-37); si avverta però che in queste ultime essa viene usata per designare un primo scartafaccio dell’intero poema, quello a cui Petrarca si riferisce spesso con il termine «vetus papirus» (Fera 19841, pp. 22-23, n. 3).

¹⁹ Carrara 1931.

²⁰ Velli 1965.

²¹ Fenzi 1992, pp. 27-29; ma già Fenzi 1971 rilevava che la profezia del padre di Scipione presuppone l’avvenuta stesura dei libri VII e VIII.

²² È ingiustificata la vecchia opinione, ripresa da Martellotti 1976, pp. 498-99, che il palazzo della Verità sia allegoricamente lo stesso poema.

²³ L’ipotesi, enunciata da Festa 1924, è corroborata da Bernardo 1962, pp. 127-50 e da Fenzi 1976 con attente analisi del retroterra culturale a cui Petrarca attinse per il suo edificio allegorico. Non è però condivisibile l’idea di Festa che il trasferimento da un libro all’altro sia stato causato da un incidentale scambio di carte: le lacune dell’Africa non sono dovute a una perdita materiale né tanto meno al rogo a cui Petrarca avrebbe destinato il poema (come vuole Carrara 1935, p. 43: su questa falsa notizia vedi oltre), ma a un’effettiva incompiutezza.

²⁴ Fenzi 1992, pp. 23-25. Ponte 1990, pp. 34-39, in accordo con la sua datazione del Secretum, alza il termine al 1344 circa; invece per Rico 1974, pp. 23-24, n. 57 l’allusione del Secretum riguarda un progetto non realizzato.

²⁵ Wilkins 19572, pp. 71-83.

²⁶ In due versi, poi espunti, della Epyst. II 3 (vedi Feo 1989, pp. 245-46).

²⁷ Quali quelle identificate da Martellotti 1941, pp. 15-22 sulla base di un confronto fra le redazioni beta e alfa della vita di Scipione.

²⁸ Qualcosa di simile si trova anche in Fam. VII 18, 7.

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Un monito scelto dalla famiglia Laterza come esortazione alla tenacia e ad una costante crescita.

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